Segnali di fumo: BL, navi e l’inquinamento portuale
Segnali di fumo
Negli ultimi mesi, nel dibattito politico e cittadino, la qualità dell’aria connessa alle emissioni inquinanti derivanti dalle attività portuali sembra essere uno degli argomenti più gettonati.
Cosa certamente positiva poiché mantenere alta l’attenzione su un argomento così importante è sicuramente giusto e doveroso (anche se ci potremmo chiedere come mai nel passato non ci fosse stata la medesima attenzione visto che non è certo un problema insorto da poco), ma è altrettanto vero però che per comprendere il fenomeno e soprattutto per tentare di incidere per trovare una soluzione serve un approccio tecnico e politico serio.
È indubbio che il Porto di Livorno sia un’attività produttiva impattante.
Ma la struttura portuale, data la sua estrema complessità con i numerosi attori che concorrono contemporaneamente (operatori portuali, concessionari e imprese, filiera logistica, armatori, società di servizi, ecc..), non può essere paragonata ad una qualsiasi altra attività produttiva a cui si possono dare semplici prescrizioni per una mitigazione degli impatti ambientali.
Inoltre non è neanche corretto non considerare il porto come un’unica entità, scollegando ad esempio il solo problema delle navi da crociera (che certamente incidono per un’alta percentuale) da tutto il resto.
A leggere le cronache locali e nazionali infatti, sembra che la panacea di tutti i mali sia la riconversione ad LNG dei motori navali e che l’elettrificazione delle banchine sia stata invece una sciagura. Di altro non si parla, come se per risolvere il problema si pretendesse di trovare un intervento magico che da solo, dall’oggi al domani, facesse diventare l’aria del porto aria fresca di montagna.
Un altro argomento molto in voga è il mancato rispetto delle normative, ma anche questo problema scollegato dal quadro complessivo non è assolutamente sufficiente, infatti per riportare un esempio che calza perfettamente: se si prendessero 100 auto nuove ed euro 5, quindi perfettamente in regola con le normative sugli scarichi, e le si tenessero accese contemporaneamente tutte insieme su un piazzale, come vi aspettate che sia l’aria che respira un “disgraziato” lì nel mezzo?
Ci sembra impossibile quindi che non si sia ancora capito che per ottenere dei risultati concreti le azioni da mettere in campo devono essere tante, differenziate, e simultanee con una volontà politica di affrontare il problema su angolazioni diverse, “costringendo” tutti i portatori di interesse nel porto e tutti gli enti competenti ad un dialogo.
Ogni intervento infatti, anche se piccolo, può concorrere al miglioramento della qualità dell’aria se inserito in un contesto ampio di programmazione dei provvedimenti in merito.
Quindi ben vengano progetti sull’utilizzo dei carburanti alternativi meno emissivi sia per quanto riguarda il rifornimento che la riconversione navale, il potenziamento dei monitoraggi mirati sia sull’aria che sui carburanti navali (magari cercando di effettuare in qualche modo controlli anche durante la sosta in rada e le movimentazioni in porto, non solo durante lo stazionamento all’ormeggio), sviluppare soluzioni ingegneristiche per captare i fumi dei camini e effettuare un abbattimento in loco, studiare soluzioni per la produzione energetica da fonti rinnovabili anche per alimentare gli impianti di elettrificazione delle banchine (riconvertendo così parte delle aree produttive energivore in produttrici di energia verde), offrire incentivi, come ad esempio sgravi di imposte portuali o estensione di concessioni, per chi investe autonomamente in adeguamenti infrastrutturali per la riduzione degli impatti ambientali e per far ottenere le certificazioni ambientali agli operatori e alle compagnie.
Solo quando riusciremo a mettere insieme tutte queste cose si potranno vedere dei benefici concreti, e questo cambio di approccio richiederà del tempo, ma certo è che se non si parte mai non si può pretendere di arrivare al traguardo.
Se invece si preferisce continuare a fare solo bei discorsi nei salottini buoni, noi non ci stiamo!
Gruppo Economia e Lavoro #BuongiornoLivorno