Politica 18 Luglio 2022

Berti: “Non è possibile partecipare a un progetto che ha perso la bussola e va verso un declino irreversibile”

Onorevole Francesco Berti (M5S) 1 (1)Livorno 18 luglio 2022

Francesco Berti: lascio il Movimento 5 Stelle.

Per me, aderire al progetto del M5S fu la cosa più scontata del mondo. La falsa alternanza sinistra-destra, unita alla crisi economica del 2011, sull’onda lunga della crisi sistemica di Tangentopoli, aveva lasciato ben poche speranze alla generazione dei nati tra gli anni ’80 e ‘90. L’anno della fondazione del Movimento, il 2009, è stato l’anno in cui ho dato l’esame di maturità.

Ero uno dei giovani adulti italiani che volevano impegnarsi per il proprio paese, ma non si riconoscevano in nessuna forza politica.

Appartenere al 5 stelle è stata una questione non sono politica, ma anche di territorio.

Nel 2014 abbiamo vinto addirittura a Livorno, la mia città.

Da quel momento ho percepito che l’attivismo politico non poteva più essere solo “contro” qualcosa, ma un impegno per azioni positive per costruire soluzioni e dare risposte ai problemi reali delle persone.

E’ stata un’esperienza incredibile e unica nella vita intrecciare questioni politiche locali con l’onda che montava a livello nazionale, come nel caso della gestione delle partecipate locali ( e in mille altre occasioni. A livello nazionale, per me, e milioni di persone, il M5S incarnava l’adagio “libertà è partecipazione”.

Forma e sostanza. Un modo innovativo di intendere l’impegno per la comunità, incarnato in un programma (i 10 punti per uscire dal buio, la carta di Firenze, le cinque stelle) e delle pratiche online e offline (i meetup, Rousseau, Italia a 5 Stelle). Un sogno ad occhi aperti!

A un certo momento però occorre riconoscere che anche il più bello dei progetti ha esaurito la sua funzione propulsiva.

 

Accanirsi nella nostalgia dei bei tempi andati non può portare a niente, o addirittura può portare a conseguenze negative per il paese.

Il Movimento 5 Stelle non deve morire per il Governo, certo, ma le motivazione che ha dato per entrare nel Governo Draghi sono ancora tutte lì.

La governabilità non è da garantire perché fine a sé stessa, ma perché oggi come durante la pandemia COVID può rappresentare un punto saldo dove i cittadini si aggrappano in un momento di crisi sistematica globale (crisi economica, congiuntura internazionale, riaffacciarsi della pandemia e ora crisi politica?).

Essere al governo è costato caro al M5S da un punto di vista del consenso, ma sopratutto ha distrutto il morale dei gruppi locali che sentono un divario terribile con Roma.

Su questo punto, ho provato in tutti i modi ad essere presente nei territori e a colmare la distanza. L’impegno non finisce certo oggi. Oggi Lunedì 18 luglio sarò a Pisa per un incontro con il Prefetto sul tema della sicurezza locale; il 21 sarò a Livorno per l’inaugurazione delle Terme del Corallo e il pomeriggio a Rosignano per un servizio sulla Solvay con la stampa internazionale. A breve un importante membro del Governo visiterà l’isola penitenziaria di Gorgona. Il mio impegno per i territori è garantito a prescindere.

Sgombriamo il campo dai dubbi:

da un punto di vista strettamente elettorale, qualcuno direbbe da “poltronaro”, restare sarebbe stata la scelta più comoda. Aderire a qualsiasi scelta del partito, con la speranza di una ricandidatura in un Movimento che veleggia (ancora per quanto?) a doppia cifra.

Perché non farlo?

Perché il M5S di oggi non riesce a darsi una linea nella gestione del quotidiano, figuriamoci tra un anno, nella prossima legislatura o nel 2050. Non è per me possibile partecipare in un progetto che ha perso la bussola e si avvia verso un declino irreversibile.

 

Come siamo arrivati a questo punto?

Uno strappo enorme si è avuto, oltre al rinvio delle votazioni per il capo politico, in occasione degli Stati generali.

Un anno fa fui uno dei pochi a criticare l’ipocrisia di aver organizzato un anno gli Stati generali per poi rimangiarsi tutto in un meeting a Bibbona.

Queste mie dichiarazioni furono riprese da tutti i giornali nazionali (vedi google), ma la linea era tracciata. I limiti del Conte-Movimento sono sotto gli occhi di tutti.

Da partito leggero, digitale e post-ideologico il M5S è oggi un partito personale (confermato dai vice del M5S), iperburocratico ma sopratutto, dopo i teatrini di questi giorni, senza una collocazione nell’arco parlamentare in uno dei momenti più delicati della legislatura.

 

I grandi dirigenti del M5S, e per questo meritano una menzione particolare, sono riusciti nell’impresa impossibile di essere sia al governo che all’opposizione:

 

si mantengono i ministri e i sottosegretari nel Governo ma lo si fa traballare con dichiarazioni a mezzo e stampa, e ancor più incomprensibilmente si decide di astenersi su provvedimenti centrali (alla Camera) o addirittura -vediamo- alla fiducia (al Senato).

Tra i recenti sbandamenti del 5 stelle, ho avuto modo di viverne due, particolarmente gravi e poco noti nei risvolti più profondi agli stessi attivisti/e e consiglieri/e del Movimento.

1) L’irrisolvibile dualismo Grillo Conte

Martedì 28 giugno, poco più di due settimane fa, Grillo ha voluto incontrare i parlamentari a gruppi di 20. In questi incontri, Grillo ha sondato l’umore dei gruppi suggerendo di rimanere nel Governo. Per lui, una crisi in questo momento sarebbe incomprensibile, a maggior ragione per una questione locale come  crisi per l’inceneritore di Roma. A livello interno, Grillo ha sostenuto l’idea di mantenere la regola dei due mandati senza eccezioni, assieme ad un lavoro profondo sui valori e sui temi forti del M5S. Personalmente, l’ipotesi che Grillo “tornasse in campo” mi aveva convinto. Poi, il giorno dopo, scoppia il caos: il Fatto Quotidiano in prima pagina riporta la surreale vicenda De Masi – Grillo, con Draghi che avrebbe chiesto a Grillo di far fuori Conte. A mio avviso, questa faccenda è stata strumentalizzata non soltanto contro Draghi, ma in chiave di fomentare la lotta di Grillo e Conte, ovviamente a favore del secondo e facendo passare più o meno velatamente il fondatore come un complottista pro-governativo. La sfumatura di questa diatriba interna è stata confermata dal pesante post della vicepresidente Taverna, la quale vigliaccamente cancella tutto accusando il suo staff. Tutto questo come se a Madrid non si stesse decidendo lo storico allargamento NATO, una vicenda che meritava ben più attenzione dei deliri di De Masi. Ma poi…se la questione de Masi – Grillo fosse così seria, perché Conte non l’ha inserita nei 9 punti portati a Draghi?

2) La questione della permanenza nel Governo Draghi

La mia idea è che il M5S sarebbe dovuto rimanere nel governo. Le battaglie per cui entrammo sono tutte lì da difendere. Ma non è questo il punto: qualunque sia la sensibilità personale, la gestione di questa crisi, peraltro scatenata dallo stesso M5S, lascia scontenti tutti. Troppo morbida per chi vuole rompere, troppo spericolata per chi vuole rimanere. Dopo la vicenda de Masi – Grillo, il gruppo dirigente M5S ha deciso di far aumentare la tensione sul Decreto Aiuti, non votandolo in Commissione. Dopo l’incontro Conte-Draghi di giovedì 7, ove il Movimento aveva portato i 9 punti, sembrava che la questione della permanenza nel Governo fosse chiusa almeno per un paio di settimane. Sorprendentemente, la sera stessa, Conte cambia idea e dichiara che “non era in grado di garantire sostegno”. Ma si può cambiare idea su una questione così seria in un paio d’ore, senza neanche dare il tempo di rispondere nel merito?

Io credo che semplicemente tutto questo sia inaccettabile. Aumentare l’instabilità politica, mentre gli italiani e le italiane aspettano risposte, significa aggravare il malessere quotidiano che vivono le persone.

Già dalla prima crisi del Papeete, scrissi che l’Italia non ha bisogno di ulteriore instabilità governativa.

La decisione di voler terremotare il Governo, sia fuori che dentro le istituzioni, è una frattura che non sento di sposare. Per questi motivi, da oggi aderirò al progetto Insieme per il Futuro, per continuare un percorso che guarda all’Europa, alla risoluzione della crisi energetica senza pesare sulla classe media, al favorire gli investimenti e la creazione di posti di lavoro, alla riduzione del peso fiscale e alle riforme che il nostro paese ha cominciato a fare, ma che sono impossibili da portare a termine con l’instabilità politica che purtroppo flagella le nostre istituzioni da troppo tempo. 

Per chi vorrà, ci sarà un percorso ancora da scrivere.

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