La pioggia prima che cada di J. Coe. “Non è mai troppo tardi per leggere un buon libro”
Livorno 7 settembre 2022 – “Non è mai troppo tardi per leggere un buon libro”
Rubrica di recensioni, a cura dello scrittore e traduttore Maurizio Grasso.
Non sono sempre necessariamente recensioni di libri appena usciti, ma di “buoni libri”.
Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere La pioggia prima che cada
La pioggia prima che cada è uno romanzo coinvolgente e al tempo stesso delicato, scritto magistralmente. Il libro di Jonathan Coe è un testo sulla memoria. Una memoria distante mezzo secolo, con intatta quella patina di contemplativa nostalgia che il tempo lascia depositare su reminiscenze lontane per quanto ancora vivide; proprio questo conferisce alla lettura un alone di romanzesca aspettazione. Già il titolo del romanzo è di per sé una suggestione; quell’odore particolare e inconfondibile che si avverte nell’aria subito prima che le gocce inizino a picchiettare sulla ghiaia e sul fogliame.
Una storia nella storia
La storia parte dal funerale della zia Rosamond osservato dal punto di vista della nipote Gill. Gill ha due figlie ormai adulte e un marito sempre in giro col quale vive un rapporto di “affettuoso distacco”. La memoria di Gill è però una falsa pista; è soltanto la cinta esterna del castello dove sono custoditi i ricordi al cuore della narrazione: quelli della zia Rosamond. Essendo una donna sola, designa suoi eredi Gill, suo fratello David e una sconosciuta ragazza cieca, Imogen. Gill ricorda di averla incontrato una sola volta vent’anni prima, quando era una bambina di soli sette anni. Bisogna dunque ritrovare Imogen, ma come? Le tante ricerche non danno frutto. Non resta che un ultimo passo finora evitato per non violare la volontà della morta. Ascoltare i nastri audio che aveva inciso e destinato a Imogen.
Inizia la storia nella storia. Come avviene ai figli di Maria ne I ponti di Madison County, quelli che sembravano i protagonisti retrocedono al rango di comprimari.
C’è un segreto, già le prime parole registrate dalla defunta lo fanno intendere: un segreto che riguarda Imogen e che soltanto Rosamond conosce. Così, Gill e le figlie Elizabeth e Catharine iniziano a sfogliare questo album di famiglia. Lo si può chiamare a buon diritto così, perché il ricordo registrato di Rosamond si snoda attraverso venti fotografie, scelte fra centinaia. La defunta le presenta in ordine cronologico. Le usa come un brogliaccio illustrato per ripescare i propri ricordi. Per istoriare la propria esistenza dall’infanzia alla sua fine e, con essa, riportare alla luce anche le radici di Imogen. Radici che la diretta interessata (cresciuta in una famiglia adottiva) non ha mai conosciuto. Potremmo paragonare questo memoriale ai movimenti di una lunga sonata costruita su altrettanti temi.
Raccontare immagini a una cieca: un modo alquanto originale di comunicare. Rosamond, questa è l’immagine che ne ha Gill, era una donna originale. Ha convissuto per vent’anni more uxorio con Ruth, quando l’omosessualità femminile era fatta segno di un severo stigma sociale. Poi gli ultimi anni, in solitudine, nella sua casa nello Shropshire. Donna originale ma soprattutto, come scopriranno le loro ascoltatrici postume, con una vita affettiva intensa, misconosciuta e insospettata.
L’autore riesce a far passare la storia di Rosamond attraverso queste foto in modo mirabile. Il percorso diritto e ineluttabile di un destino personale. L’inevitabilità di Imogen, la definirà la defunta. C’è qualcosa che si chiude, nella sua vita, come un cerchio perfetto. Sente di aver fatto quanto doveva e poteva e il solo cruccio è l’incertezza sull’arrivo a destinazione del lascito.
Il segreto di Imogen
Tutto si origina dal ricordo di sua cugina e sorella di sangue Beatrix (nonna di Imogen). Il racconto parte dal 1941 e arriva fino agli anni Ottanta. Il lettore ha modo di seguire, riflesso della vita di Rosamond, quella di Beatrix, quella di Thea (figlia di Beatrix) e infine di Imogen. Tre generazioni di donne. Beatrix farà scontare a sua figlia Thea l’anaffettività che ha subito da sua madre Ivy. Thea continuerà nell’inquietante tradizione di famiglia, trascurando la figlia Imogen. L’ha avuta negli anni Settanta da una specie di freak sbandato. Lei stessa ha provocato nella figlia la tragedia all’origine del danno irreparabile: la perdita della vista a soli tre anni.
Ecco il dramma che Rosamond si è tenuta dentro per anni. Il racconto registrato si fa straziante e più volte è interrotto dalla commozione.
Rosamond tenta, con la nuova compagna Ruth, di rimediare con Imogen a ciò che non aveva potuto fare con Thea: proteggerla dal proprio dolore. Ma quella dell’affido è una battaglia persa per una copia di lesbiche negli anni Ottanta in Inghilterra. Riuscirà soltanto a vederla di sfuggita qualche volta, senza poter mettere radici nel cuore della bambina. Ecco dunque il motivo di questo lascito. Restituire a Imogen la storia della sua famiglia, raccolta dal suo solo ininterrotto testimone. Restituirla nel solo modo a lei accessibile: una voce incisa su svariate cassette.
Un romanzo di donne
Tre donne ne ascoltano una quarta che parla a una quinta di una sesta e di una settima. Mi viene in mente un film che vidi da bambino e mi colpì. Un film dove tutti i personaggi visibili erano femminili e degli uomini si vedevano spalle, si udivano voci. Credo fosse Donne di George Cukor, con un cast stellare, Norma Shearer, Joan Crawford, Paulette Goddard, Joan Fontaine.
Non mancano lo humour, l’understatement inglesi tra le frecce nella faretra di Coe, come non mancano la grazia e il senso del dramma umano. Il modo in cui Coe racconta le donne è attento, rispettoso, oserei dire “femminile”, come di chi partecipi profondamente della loro sensibilità. Ne intuisce le tempeste interiori, dissimulate da sguardi malinconici. O, al contrario, descrive gli scatti d’ira immotivati, frutto di paure e paranoie, forse, senza un vero fondamento — piuttosto spettri che assediano la mente.
Il finale del romanzo è assolutamente inatteso: non si conclude con la fine dell’ascolto di Gill e delle sue figlie. C’è una coda, una carta che lascio coperta per chi non ha letto il libro.
Coe appartiene alla categoria di scrittori che forzano anche nei dialoghi di personaggi di bassa estrazione l’eloquenza e lo spessore culturale propri dell’autore. Non può rinunciare a dare al décor delle sue storie l’introspezione che lo abita. Pazienza se i suoi personaggi appariranno al lettore i sapienti affabulatori che non possono realmente essere stati. Rosamond parla a braccio nelle sue audiocassette, ma con la disinvolta, meditata eleganza di chi ha avuto il tempo di scrivere un epistolario. In fondo, è solo un espediente narrativo che il lettore accetta senza particolari riserve.
La pioggia prima che cada non è soltanto un libro permeato di leggera, delicata malinconia. È anche un testo arguto, straordinariamente ben scritto, che affronta temi ardui. Il complesso rapporto madre-figlia; il malinteso così comune anche tra persone che si amano; il pregiudizio sociale. Si sorbisce lentamente come un buon tè inglese, preso rigorosamente senza zucchero. Soltanto così se ne può apprezzare il retrogusto al tempo stesso dolce e amaro.