Lettera di un nudista (e multe da 10.000 euro)
“Quando la parola depenalizzazione inganna pesantemente un amante del naturismo”.
Le riflessioni di un nostro lettore sulle multe ai nudisti fino a 10.000 euro
“Lo scorso 6 febbraio è entrata in vigore la depenalizzazione introdotta dal Decreto Legislativo 15 gennaio 2016 n. 8, in attuazione della Legge delega 28 aprile 2014 n. 67. La nuova normativa rischia di interessare da vicino i nudisti, perché modifica pesantemente la disciplina di cui all’art. 726 del codice penale (così come quella dell’art. 527, per il quale si possono fare considerazioni analoghe a quelle che seguono).
Ebbene, tale articolo, finalizzato a reprimere gli atti contrari alla pubblica decenza, era tradizionalmente invocato da chi intendeva condannare coloro che venivano sorpresi nudi su una spiaggia o altrove. In realtà, ormai da parecchi anni vari giudici, chiamati a pronunciarsi sull’applicazione del “vecchio” art. 726 del codice penale, erano giunti alla conclusione che questa norma non potesse più essere usata contro la pratica nudista.
Un paio d’anni fa, ad esempio, il Giudice di Pace di Ravenna, aveva osservato che «ad una sempre più rapida modificazione dei costumi, di cui è possibile prendere atto anche solo notando la dilagante esposizione (spesso con un esplicito richiamo erotico) del nudo – nelle rappresentazioni cinematografiche o televisive, nelle riviste e nei periodici a larga diffusione – si accompagna una generalizzata sensibilità nei confronti di fenomeni innovativi del costume sociale in senso liberale. Prevale, cioè, anche di fronte ad atteggiamenti non condivisi dall’uomo medio, il rispetto dell’altrui libertà e, dunque, la tolleranza anche verso forme di estrinsecazione della personalità inconcepibili fino a non molto tempo fa».
E da ciò il Giudice aveva tratto la conclusione «che il sentimento medio della collettività, che dimostra di tollerare ben altro genere di aggressioni alla sfera del decoro e del pudore ad opera dei mezzi di comunicazione, non sia affatto leso dalla pratica del nudismo», nudismo che pertanto risulta «inoffensivo, anche se svolto in un luogo pubblico quale è la spiaggia». Ampi brani di questa lucida sentenza sono stati a suo tempo riportati in questa pagina.
Ora il “nuovo” art. 726 del codice penale, come novellato dalla recente riforma, dispone che «Chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica decenza è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 10.000». Per le violazioni «è competente a ricevere il rapporto e ad irrogare le sanzioni amministrative il prefetto» (art. 7 del D.Lgs. 8/2016).
La fattispecie contemplata dall’art. 726, dunque, non è più un reato contravvenzionale, ma un “semplice” illecito amministrativo. Tutto bene, allora? Purtroppo non è così… semplice.
In primo luogo, salta immediatamente all’occhio lo spropositato aumento dell’ammontare minimo della sanzione. Il “vecchio” art. 726, infatti, prevedeva due sanzioni alternative: o l’arresto fino a un mese (peraltro convertibile in una pena pecuniaria, che teoricamente avrebbe potuto raggiungere cifre anche piuttosto elevate) o un’ammenda da euro 10 a euro 206. Adesso la sanzione amministrativa pecuniaria va da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 10.000. I numeri parlano da sé: la sanzione ha sì cambiato nome e natura, ma il suo minimo è stato nientepopodimeno che cinquecentuplicato! Anche senza voler essere maliziosi, la novità ha davvero tutta l’aria di voler fare facilmente cassa grazie alle sanzioni amministrative…
In secondo luogo, muta il procedimento, che ora diventa molto più sbrigativo. Non più un processo penale davanti al giudice di pace, ma un procedimento amministrativo incardinato presso la prefettura. È evidente che il primo – anche se potenzialmente idoneo a condurre a una condanna penale e quindi a conseguenze giuridicamente più “gravi” del secondo – offre però in cambio un maggiore spazio al diritto di difesa. Nel primo caso, infatti, la sanzione arriva solo a conclusione del processo, e sempre che prima il pubblico ministero non si convinca dell’innocenza dell’imputato e chieda al giudice, com’è spesso capitato anche di recente, l’archiviazione del procedimento; nel secondo caso, invece, prima arriva la sanzione e poi – solo se il malcapitato presenta ricorso al prefetto e/o impugna il provvedimento davanti al giudice di pace – si potrà discutere della sua difesa.
Cosa fare dunque di fronte a queste novità legislative?
A mio avviso, occorre considerare che la fattispecie punita dall’art. 726 non è cambiata. Quindi, se prima i giudici non ritenevano il nudismo come un “atto contrario alla pubblica decenza”, non vi è ragione per avere un’opinione diversa adesso che è mutata la sanzione posta a presidio della norma in questione. Anzi, direi che proprio l’enormità delle sanzioni può essere un argomento per sostenere che lo scopo della norma non è certo quello di punire chi si mette semplicemente nudo mentre prende il sole in spiaggia o fa una camminata in montagna. Sanzioni così elevate inducono a ritenere che il fine della norma è quello di castigare chi mette in atto comportamenti gravemente riprovevoli e davvero “contrari alla pubblica decenza”, come chi lascia in giro i propri rifiuti, chi deturpa le cose pubbliche, chi fa scempio delle bellezze artistiche e naturali, e così via.
Agli occhi di qualsiasi persona ragionevole appare evidente che non si può colpire con una sanzione di 5.000 euro un comportamento che nella maggior parte degli altri Paesi d’Europa è tranquillamente tollerato. No, se in un passato ormai sempre più lontano la nudità poteva essere giudicata “contraria alla pubblica decenza”, oggi – in un Paese che pretende di essere civile e liberale, quando sempre più si dimostrano i benefici della nudità all’aria aperta – non è più ammissibile!
E se coloro ai quali è demandato il potere di irrogare le sanzioni – refrattari ai più elementari argomenti di ragionevolezza e invece inclini ad assecondare i facili introiti delle stratosferiche sanzioni – applicassero il nuovo art. 726 anche alla pratica nudista? Ebbene, io credo che qui un ruolo molto importante potrà essere giocato dalle associazioni nudonaturiste.Qui si parrà la loro nobilitate, mi verrebbe da dire parafrasando il sommo poeta! Grazie alla forza del loro essere “gruppi di persone”, e facendo rete tra di loro, le associazioni hanno la possibilità, se lo vorranno, di:
aiutare fattivamente quei nudisti che avranno la sfortuna di venire sanzionati, non solo al fine di far annullare la sanzione nel singolo caso concreto, ma anche – e soprattutto – al fine di creare fin da subito dei “precedenti” che scoraggino ogni ulteriore tentativo delle forze dell’ordine di applicare il nuovo art. 726 alla pratica nudista;promuovere una convincente azione di sensibilizzazione presso i prefetti: poiché è a questi ultimi che la normativa attribuisce la competenza a ricevere i rapporti e irrogare le sanzioni, è chiaro che, se si riesce a far comprendere loro che il nudismo è una pratica benefica e inoffensiva, sarà stato fatto un decisivo passo in avanti;sostenere i ricorsi al giudice di pace avverso gli eventuali provvedimenti prefettizi negativi, in maniera tale che si confermi la giurisprudenza favorevole al nudismo e ciò costituisca, ove ve ne fosse bisogno, un ulteriore argomento di persuasione di prefetti e forze dell’ordine.
Insomma, la novità normativa, se da un lato presenta il rischio di un ritorno al passato suggerito dalla voglia di fare cassa con sanzioni esorbitanti, dall’altro offre l’opportunità di affermare definitivamente che lo stare semplicemente nudi in contesti adeguati non rientra fra gli “atti contrari alla pubblica decenza”. Sta a noi stessi nudisti contribuire a scongiurare il rischio e cogliere l’opportunità!”