Libri, recensioni 20 Maggio 2025

Recensioni – Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere “Il silenzio”, l’ultimo romanzo di Don DeLillo

Recensioni - Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere "Il silenzio", l’ultimo romanzo di Don DeLilloLivorno 20 maggio 2025 Recensioni – Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere “Il silenzio”, l’ultimo romanzo di Don DeLillo

“Non è mai troppo tardi per leggere un buon libro”

Rubrica di recensioni, a cura dello scrittore e traduttore Maurizio Grasso.

Non sono sempre necessariamente recensioni di libri appena usciti, ma di “buoni libri”.

Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere Recensioni – Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere “Il silenzio”, l’ultimo romanzo di Don DeLillo

Il silenzio, l’ultimo romanzo di Don DeLillo, è un breve testo che si potrebbe definire nel contempo apocalittico e ontologico. L’autore lo scrive nel 2019 e lo ambienta in un futuro prossimo, nel 2022, il giorno del superbowl. Il testo racconta un blackout informatico universale e nello specifico la reazione di due gruppi di persone che avrebbero dovuto riunirsi per assistere insieme alla partita. In Underworld lo sport preso a pretesto era il baseball, qui il football americano.

DeLillo sembra credere che nella psicologia di massa del tifoso si rintani una sorta di catalizzatore di epifanie, che lo sport vissuto come emozione collettiva abbia il potere di far emergere qualcosa di occulto e di segreto dall’io. Qui però si va oltre, perché l’evento sportivo è presto sovrastato da un punto di assoluta discontinuità del tempo.

Ciascuno dei cinque personaggi principali della trama reagisce diversamente al “silenzio” di ogni dispositivo elettrico, dal frigorifero ai cellulari. Tre sono rimasti nel salotto dove stavano vedendo la partita. La coppia che doveva unirsi a loro è reduce da un atterraggio di emergenza ed è stata portata in un punto di medicazione perché l’uomo aveva riportato una ferita alla testa. Mentre attendono, colti da una sorta di raptus erotico da day after, si appartano in una toilette per consumare un concitato quanto fulmineo amplesso. Poi raggiungono a piedi gli altri tre.

Tutti sono immersi in uno strano incantesimo, sul genere La bella addormentata, con la differenza che continuano a vivere, a parlare. Eppure nessuno dei loro comportamenti appare razionale, conseguente con quanto sta loro accadendo. Sembra un film di Ingmar Bergman. Ciascuno parla e gli altri lo ascoltano, ma con un orecchio solo. Per esempio, Jim, il superstite del volo, fa un dettagliato resoconto di tutto quanto gli è accaduto durante e dopo il fortunoso atterraggio. Alla fine conclude perplesso: «La situazione contingente ci suggerisce che non c’è altro da dire se non quello che ci viene in mente, tanto alla fine nessuno di noi ne conserverà memoria».

DeLillo definisce questo stato “insonnia di massa di questo tempo inaudito”, facendoci con ciò capire che il blackout non è altro che una causa scatenante di processi dormienti. «E non è strano che certi sembrino aver accettato questa sospensione, questo guasto? Forse è qualcosa che hanno sempre desiderato a livello subliminale, subatomico».

Martin, il ricercatore di fisica nucleare, in quel periodo si sta dedicando a decifrare il manoscritto di Einstein sulla relatività ristretta, lasciandosi incantare dalla bellezza delle note autografe che tracciano i tanti ripensamenti dello scienziato. Si fa prendere da una sorta di delirio post-tecnologico, quasi fosse l’oracolo di un futuro fantascientifico, e gli altri quattro, due coppie non più così giovani, ascoltano tra l’assopito e l’assente nel buio della casa ancora senza energia elettrica. Diane, la padrona di casa nonché ex docente universitaria di Martin, si accorge che l’ex allievo parla un inglese con un accento straniero. Sì, è proprio quello ben riconoscibile di Albert Einstein che si può cogliere in alcune sue vecchie interviste.

Dove stiamo andando? sembra interrogarsi DeLillo attraverso le reazioni dei suoi personaggi. Le criptovalute, lo strapotere dei droni, il cambiamento climatico, le frontiere della bioingegneria che interviene sul DNA. Dove stiamo andando veramente?

La scienza non è mai stata tanto consapevole della propria potenza, eppure non sa ancora fin dove si spingerà nel suo inarrestabile cammino e soprattutto con quali conseguenze per la razza umana. Una tempesta solare potrebbe provocare il malfunzionamento di tutte le apparecchiature elettroniche del pianeta, la perdita temporanea o definitiva dei big data. Siamo nell’antropocene. Abbiamo reso fragile il nostro ambiente, ma la nostra nicchia di sicurezze materiali non è meno a rischio. Ecco il dilemma che ci pone l’opera di Don DeLillo.

In questa paura dell’ignoto imminente, lo scrittore americano si è rivelato un sensitivo di qualcosa che era nell’aria senza che nessuno lo sapesse: la pandemia di Covid-19, che è stata molto più che un blackout universale di sei ore. La realtà, come sempre, surclassa la fantasia. E la paura dell’ignoto, fin dall’epoca in cui i nostri antenati cavernicoli erano terrorizzati dalla folgore o temevano che il sole non sorgesse l’indomani, è destinata a non abbandonarci mai, perché il prezzo del cosiddetto progresso è il cambiamento.

Noi umani del XXI secolo non sopravvivremmo nell’età della pietra, ma i nostri bisnonni sarebbero del tutto disorientati dalla routine dei nostri giorni, e non vorrebbero viverci. Questa è la confusione in cui la contemporaneità, per DeLillo, ci getta con tutte le sue linee d’ombra.

Il silenzio è un piccolo, saggio libro che si legge in due ore e che fa pensare. Come tutti quelli del suo autore. Scusate se è poco.

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