Attualità 21 Giugno 2025

Economia G7 in declino, attacco all’Iran per indebolire l’emergente Brics?

Economia G7 in declino, attacco all'Iran per indebolire l'emergente Brics?20 giugno 2025 Economia G7 in declino, attacco all’Iran per indebolire l’emergente Brics?

Geopolitica: ecco cosa potrebbe celarsi dietro un attacco israeliano all’Iran

Nel contesto attuale, dove l’equilibrio del potere mondiale sta progressivamente scivolando verso Sud ed Est, l’ipotesi di un attacco israeliano all’Iran non può essere analizzata solo alla luce delle tensioni regionali. Una chiave di lettura strategica potrebbe risiedere nei profondi cambiamenti geoeconomici in corso, in particolare nella crescente influenza dei BRICS e nel progressivo declino del G7. Dietro un eventuale conflitto si intravedono dunque scenari più ampi che coinvolgono risorse, influenza economica globale e controllo delle rotte energetiche.

I BRICS: un blocco emergente in piena espansione

Con l’ingresso di paesi come Iran, Egitto, Etiopia, Emirati Arabi Uniti e, più recentemente, Indonesia, i BRICS si configurano oggi come un colosso geopolitico. Al gennaio 2025, con 10 membri effettivi e 8 partner in attesa, il blocco rappresenta la metà della popolazione mondiale e oltre il 41% del PIL globale a parità di potere d’acquisto (PPP). Non solo: si tratta di economie leader nella produzione di materie prime strategiche, come grano, petrolio, gas, minerali e cibo.

Tra questi attori, l’Iran riveste un ruolo fondamentale: per riserve energetiche, posizione geografica e potenziale di influenza su Asia Centrale e Medio Oriente. Indebolire o destabilizzare Teheran equivarrebbe a minare uno dei pilastri energetici e politici della nuova alleanza Sud-Globale.

Il G7 in difficoltà: un attacco per riequilibrare i rapporti di forza?

Nel 1990, il G7 rappresentava oltre il 50% del PIL mondiale. Oggi, quella quota è scesa al 29%, superata dai soli cinque BRICS originari.

Per quanto riguarda gli USA, Nel 2023, il PIL degli Stati Uniti ha raggiunto i 28. 000 miliardi di dollari, con previsioni per il 2024 che sfiorano i 29. 700 miliardi. Tuttavia, questa cifra, seppur impressionante, richiede una lettura più attenta. Circa il 21% del PIL proviene dal settore FIRE (finanza, assicurazioni e immobiliare), mentre; il 13% deriva da servizi professionali ad alto costo, come studi legali e consulenze aziendali. La manifattura, pilastro della ricchezza “reale” di una nazione, contribuisce per appena il 10%.

A complicare il quadro, un ulteriore 8% del PIL è rappresentato dal “valore locativo imputato” delle abitazioni occupate dai proprietari, una voce puramente contabile: nessuno paga davvero quell’affitto ipotetico.

Il 18% viene assorbito dal settore sanitario, che negli USA è tra i più costosi del mondo ma produce risultati di salute pubblica tra i peggiori tra i Paesi OCSE. In altre parole, una quota consistente dell’economia americana è sostenuta da costi interni gonfiati, bolle finanziarie e settori poco tangibili.

 Questi dati smonterebbero la retorica della potenza statunitense basata esclusivamente sul PIL e spiegherebbero perché gli Stati Uniti abbiano interesse a muoversi verso un riequilibrio di potere (anche con opzioni militari), soprattutto in aree strategiche come il Medio Oriente.

Questo evidenzia quanto il sistema statunitense abbia bisogno di sostenere la domanda globale di dollari e di mantenere il controllo delle risorse energetiche reali, come quelle che passano dal Golfo Persico. Attaccare o destabilizzare l’Iran, in questo contesto, non sarebbe solo una questione strategico-militare, ma una misura preventiva per mantenere la supremazia economica e monetaria in un momento in cui la forza strutturale degli USA vacilla dietro numeri appariscenti.

L’espansione del gruppo allargato (BRICS+), con economie emergenti come l’Indonesia e grandi produttori di materie prime, ha accelerato il processo di de-dollarizzazione e rafforzato le spinte multipolari. In questo contesto, una sconfitta strategica dell’Iran avrebbe effetti importanti:

  • Indebolimento del blocco BRICS: L’Iran è uno dei paesi più rilevanti per la sicurezza energetica dei BRICS. Una sua crisi ridurrebbe la stabilità interna del blocco e offrirebbe al G7 un vantaggio tattico nella ridefinizione delle alleanze globali.
  • Controllo delle risorse: Se le riserve di petrolio e gas iraniane finissero sotto influenza occidentale — magari attraverso compagnie USA o partnership legate a Tel Aviv e Washington — il peso energetico dei BRICS verrebbe ridotto drasticamente. Una mossa simile favorirebbe le economie occidentali in crisi di accesso alle materie prime.
  • Ribilanciamento del PIL globale: L’uscita dell’Iran dal blocco BRICS (di fatto o di diritto) potrebbe far scendere la percentuale di PIL globale detenuta dal gruppo, avvantaggiando il G7 e riducendo il suo gap di competitività.

Economia G7 in declino, attacco all’Iran per indebolire l’emergente Brics?

Israele: proxy di un disegno più ampio?

Sebbene Israele abbia motivi storici e geopolitici per considerare l’Iran un avversario esistenziale; il contesto internazionale suggerisce che Tel Aviv potrebbe agire anche come “braccio operativo” di interessi più ampi. Un’operazione militare contro l’Iran, diretta o indiretta, potrebbe quindi servire anche gli interessi strategici degli Stati Uniti, desiderosi di ridurre l’influenza dei BRICS in Medio Oriente e nel settore energetico.

Washington, di fatto, avrebbe molto da guadagnare da un eventuale collasso del regime iraniano; nuove concessioni petrolifere, installazione di governi amici o filo-occidentali e il controllo su uno dei principali corridoi energetici del mondo (Stretto di Hormuz).

Un azzardo con rischi globali

Tuttavia, uno scenario simile comporta rischi enormi; una guerra su larga scala destabilizzerebbe l’intero Medio Oriente, facendo schizzare i prezzi dell’energia e spingendo probabilmente Cina e Russia — alleati strategici dell’Iran — a rafforzare le loro contromisure. Inoltre, ciò potrebbe accelerare la transizione verso valute alternative al dollaro, spingendo altri paesi a cercare rifugio sotto l’ombrello dei BRICS.

Conclusione

Un attacco all’Iran non deve essere letto soltanto come una questione locale o regionale. Potrebbe trattarsi, di una manovra geopolitica ad ampio raggio, dove in gioco ci sono risorse energetiche, sfere d’influenza globale e l’egemonia monetaria del dollaro.

In questa cornice, il G7 potrebbe cercare — attraverso Israele — di rallentare l’ascesa dei BRICS. Ma il costo di questa strategia, se mal calcolata, potrebbe innescare l’opposto: un rafforzamento ulteriore del fronte emergente e una crisi sistemica dell’ordine occidentale.

Di seguito un interessante video esplicativo con grafici i lingua inglese e sottotitolato

Economia G7 in declino, attacco all’Iran per indebolire l’emergente Brics?

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