Fiaccolata per Gaza, Salvetti: i tre modi diversi per la comunità ebraica di vivere questi momenti
Livorno 18 settembre 2025 Fiaccolata per Gaza, Salvetti: i tre modi diversi per la comunità ebraica di vivere questi momenti
Per non commettere errori, in questa manifestazione sentita e partecipata un mio intervento di analisi di ciò che sta accadendo a Gaza non aggiungerebbe niente rispetto a ciò che autorevoli esponenti del mondo politico, culturale e sociale hanno già abbondantemente detto.
E chi mi ha preceduto ha ricordato alla perfezione.
Ecco che allora sento l’esigenza di ragionare su un aspetto che riguarda profondamente la nostra città, le nostre città e la nostra comunità.
A differenza di altri conflitti che ci sono nel mondo, ciò che accade in Palestina finisce per incidere profondamente nei rapporti tra le persone che vivono qui, nelle nostre città. E’ una particolarità su cui abbiamo riflettuto poco. In una città che da sempre ha uno stretto legame con l’ebraismo che è componente forte della storia, delle tradizioni e della società livornese.
Ci sono modi diversi, secondo me, per la comunità ebraica livornese di vivere questo difficile momento legato al conflitto in Medio Oriente e al massacro in atto nella striscia di Gaza.
Si può, come hanno fatto da tempo alcuni esponenti dell’ebraismo integralista livornese, maledire tutto e tutti, accusare la nostra città di essere antisemita e noi, io, a questo non ci sto.
Negare le migliaia di morti, i bambini trucidati e un territorio raso al suolo. Negarlo mentre si odia chi manifesta per la pace. E naturalmente per tutto ciò che sta accadendo ai civili inermi.
C’è un altro modo che stiamo vedendo in cui comportarsi, vivere.
Si può soffrire in silenzio, come accade per molti, cercando di combattere dentro di sé il malessere e l’imbarazzo nel vedersi intrecciare sentimenti opposti.
Come l’amore per il proprio popolo e la propria religione.
E il disgusto per quello che Netanyahu e i governanti dello Stato di Israele stanno perpetrando nei territori della Palestina e degli altri paesi presi di mira.
Si può infine scegliere una terza via, c’è una terza via, che a me pare quella più umana in assoluto, da apprezzare e a cui rendere omaggio.
Una via che però in generale nel nostro paese e in tutto il mondo; anche nella città di Livorno stenta ad essere considerata e proposta.
Sto parlando dell’ammissione della colpa.
L’ammissione della colpa per un genocidio.
E voglio significare che la colpa non è di chi lo ammette qua da noi e non lo è di un intero popolo È di chi professa o di chi professa una religione.
Ma è colpa di chi protempore si trova a guidare. E ha trasformato la reazione per il tremendo atto terroristico del 7 ottobre in una, lo possiamo dire, in una vera e propria vendetta.
In questa direzione sono andate le parole di Ariel Toaf, figlio di Elliot Toaf, ex rabbino capo di Roma e persona che Livorno conosce molto bene.
E ha saputo amare. E apprezzare.
In questa direzione sono andate le considerazioni di tanti personaggi della cultura. Voglio ricordare Jonathan Ophir, il direttore d’orchestra che si è espresso in maniera puntuale, decisa, contro Netanyahu. E in questa direzione sono andate anche tante comunità ebraiche, americane, inglesi, francesi, alcune anche in Italia.
La terza via. Può percorrere, liberandosi del macigno che opprime cuore e testa degli ebrei, anche degli ebrei di questa città. Serve dire che l’ebraismo va costruito con i ponti. Che stare in maniera, e stare in maniera inequivocabile con il popolo palestinese.
Devono chiedere e pretendere, naturalmente, che gli ostaggi siano liberati. E a questa richiesta possiamo assolutamente unirci anche noi.
Ma devono chiedere uguali diritti per tutti e un futuro dignitoso e di giustizia, pace e libertà.
Così facendo tutto diventerà più semplice.
Per noi, per chi soffre questo disagio e per chi ha questo macigno sulle spalle. E potremo limitare e persino…cancellare i danni che un conflitto in terre lontane dalle nostre, sa purtroppo provocare anche nella nostra comunità e nella nostra quotidianità una grande angoscia.