Cronaca 19 Aprile 2018

Non abbandoniamo i bambini disabili al proprio destino

L’appello di Licia Mataresi, segretario FLc-Cgil Livorno

“Se una madre arriva a chiedere, con sofferta provocazione, di bocciare la figlia affetta da deficit cognitivo, qualcuno, fra società e istituzioni, sta sbagliando qualcosa.        

Volendo proporre un’estrema sintesi, due sono gli aspetti principali da tenere presente:1) le carenze del sostegno  (insegnanti e ore) nelle scuole di ogni ordine e grado; 2) la situazione che le famiglie si trovano ad affrontare una volta terminato il percorso scolastico dell’obbligo ed, eventualmente, il ciclo delle scuole superiori. Da un lato il diritto dei bambini dei ragazzi disabili ad una formazione scolastica basata sulle proprie esigenze e sulle proprie potenzialità. Una formazione scolastica erogata grazie al lavoro di insegnanti specializzati e di altri che attendono di farlo (da troppo tempo i corsi sono bloccati), al lavoro dei collaboratori scolastici (finalmente riconosciuti, grazie al nuovo contratto, parte integrante della comunità educante) e grazie ad un  plafond di ore assegnate per il sostegno individuale che spesso non è sufficiente per far fronte ai reali bisogni formativi.

         Dall’altro lato il diritto sia per le famiglie, sia per il bambini, diventato nel frattempo donna, uomo, cittadina/o, ad un futuro con una qualche prospettiva di inclusione e di reale presenza in una società che si ritiene civile.

          In mancanza di queste prospettive, alla famiglia può non restare altro che chiedere la bocciatura – anche reiterata – del giovane, nel tentativo di assicurargli un supplemento di vita in un ambiente che lo conosce, lo ha in qualche modo incluso, lo protegge. Ma qui c’è il rischio di innescare l’ennesima guerra fra gli ultimi.

         La consistenza dei sostegni individuali è calibrata sulla popolazione scolastica attraverso meccanismi che non prevedono “bocciature strategiche”. Ottenere deroghe agli organici docenti di sostegno, presuppone che se ne dimostri inconfutabilmente la necessità e, spesso, significa sottrarre ore ad altri bambini, ragazzi con lo stesso problema.

E poi? L’esperienza dice che molto, molto spesso alla fine del percorso scolastico i ragazzi finiscono in un limbo di attesa che, specie per i più gravi, non finisce mai.   Frequentano corsi, acquisiscono competenze ma raramente raggiungono un posto di lavoro.

         NO, è assolutamente necessario riaccendere la speranza di una società davvero inclusiva, recuperare lo spirito della legge 68/99, per il collocamento delle persone con disabilità anche – e soprattutto – gravi, rendere efficienti i Centri per l’Impiego o qualunque ente li surroghi, anche alla luce della sciagurata riforma delle Amministrazioni Provinciali, dove a ciò che si è tolto niente si è sostituito.

         Insomma, occorre ripensare il sistema, di confronto istituzioni, associazioni dei disabili, parti sociali e datoriali per trovare finalmente una formula condivisa che generi strutture e processi operativi e coordinati. Le pari opportunità devono innalzare la qualità della vita di tutti. TUTTI.

         Promuovere il confronto fra i vari soggetti coinvolti al fine di individuare – presto, subito – vulnus e proposte concrete: compito ambizioso e impegnativo. La CGIL c’è“.