Acqua, città e paesaggio post l’alluvione: il caso del Rio Maggiore
“La proposta avanzata giorni fa sulla deviazione del rio Maggiore ha fatto molto discutere tanto da non avere al momento elementi certi di valutazione sui presupposti che l’hanno generata né sull’effettiva percorribilità a livello tecnico. Quindi mettendo da parte tutta la diatriba politica ci sembra utile spostare il dibattito sul piano culturale e cercare di attivare l’immaginario su altri possibili scenari per riflettere su come altre città europee hanno risposto in termini progettuali a seguito di alluvioni e inondazioni.
Molteplici sono le città che hanno adottato strategie per la resilienza urbana, Barcellona con i depositi di acqua piovana sotterranei, Copenaghen con il Piano per l’adattamento degli spazi urbani 1 e il tema dell’acqua è al centro di progetti di rivitalizzazione e gestione dei fiumi a seguito di eventi climatici catastrofici.
Il caso di Valencia e dei “Giardini del rio Turia” è singolare a tale proposito, anche se non del tutto analogo.
Negli anni ’50 il rio Turia, a carattere torrentizio, che attraversava il centro storico, sommerse la città causando danni e decine di morti. Da qui la decisione di deviare il rio con l’ipotesi di lottizzazione dei 4km che si liberavano. Con la fine della dittatura negli anni ’80 e a seguito del rifiuto di ogni speculazione immobiliare sull’area fu indetto un concorso di idee, vinto da Bofill, architetto post moderno catalano. Il suo progetto si fonda sul corso del Turia come elemento chiave del paesaggio e della memoria. Il risultato ha reso i giardini una delle aree più attrattive della città, con un budget molto limitato sono stati realizzati 15 ettari tra giardini botanici, fontane, attrezzature sportive e culturali. Lungo la parte finale del parco si è poi realizzato il progetto di Calatrava per la Città delle Arti e della Scienza, attrazione turistica tra le più conosciute.
Tanti i richiami e le domande che derivano dall’accostamento alla proposta di deviazione del rio Maggiore, a scala urbanistica e paesaggistica.
In primis l’acqua, da cui ripartire per rendere resiliente la parte di città a rischio idraulico, senza perdere memoria del tragico evento e preservando le strutture storiche esistenti. L’opportunità di una rigenerazione paesaggistica complessiva e organica potrebbe consentire di mantenere intatto il valore pubblico e verde dell’area ed evitare future cementificazioni e privatizzazioni e consentire una visione organica rispetto alle emergenze presenti nell’area, il parco di Villa Letizia, il Parco della Ceschina, programmato come possibile area di svago e tempo libero, nonché confrontarsi con l’ipotesi di Cittadella dello sport e con la seppur remota ripresa ippica dell’ippodromo.
Valencia è solo uno dei tanti esempi in cui l’acqua e la pericolosità idraulica costituiscono una base per l’iniziativa pubblica (municipale e non calata dall’alto) nella pianificazione degli ambienti urbanizzati fragili in chiave verde ed ecologica.
Restano ovviamente le perplessità della proposta presentata sulla deviazione del rio Maggiore, sia nel merito che nelle modalità, mentre preme sottolineare la centralità del confronto e della discussione attraverso percorsi trasparenti e partecipativi in modo da coinvolgere la comunità locale, proprio in relazione all’alluvione e alle possibili soluzioni da adottare. In tal senso il caso di Valencia può essere emblematico in termini di gestione del paesaggio e dei beni comuni attraverso un progetto in grado di rilanciare la città nel post alluvione.
Simona Corradini – Direttivo Buongiorno Livorno”