Eventi 22 Gennaio 2025

Al via la mostra “Remo Brizzi – SPLEEN, scorci di pittura” presso Extra Factory

Al via la mostra Remo Brizzi - SPLEEN, scorci di pittura presso Extra FactoryLivorno 22 gennaio 2025 Al via la mostra “Remo Brizzi – SPLEEN, scorci di pittura” presso Extra Factory

Alla EXTRA Factory di Livorno arriva la mostra «SPLEEN, scorci di pittura», una mostra dedicata all’opera di Remo Brizzi (Ancona, 1958 – Bentivoglio, 2017), in programma da sabato 25 gennaio a sabato 8 febbraio 2025.

Remo Brizzi, artista schivo e poco noto al grande pubblico, ha dedicato la sua vita a una profonda esplorazione del paesaggio, cercando di catturare l’essenza dei luoghi attraverso una pittura intima e originale.

Il titolo della mostra, SPLEEN, richiama il sentimento di malinconia e contemplazione che permea molte delle sue opere, evocando un senso di inquietudine e profonda riflessione.

In esposizione, una selezione di dipinti che testimoniano l’evoluzione stilistica di Brizzi, dalle vedute cittadine, fino alle rappresentazioni più rarefatte e liriche di paesaggi naturali.

La mostra a cura di Jacopo Suggi offre l’opportunità di riscoprire un artista che, pur operando lontano dai riflettori del mondo dell’arte, ha saputo sviluppare un linguaggio pittorico personale e profondo, capace di dialogare con la tradizione paesaggistica italiana e al contempo di aprirsi a suggestioni più contemporanee.

Vi invitiamo a visitare «SPLEEN, scorci di pittura» presso EXTRA a Livorno, in piazza della Repubblica (angolo Pina d’Oro) per immergervi nell’universo poetico di Remo Brizzi e lasciarvi trasportare dalle emozioni suscitate dalle sue opere.

L’inaugurazione, con la presentazione del curatore e dello storico dell’Arte, Jacopo Suggi, ci sarà sabato 25 gennaio alle ore 17.30

La mostra proseguirà fino a sabato 8 febbraio con orario 10.00 – 12.00 e 17.30 – 19.30 (domenica mattina e martedì esclusi).

Segue testo critico:

La fragilità dell’ostrica

Quanto equivoco sovraneggia nella società moderna nel suo rapportarsi con il dolore e la

vulnerabilità?

Noi che viviamo in un mondo di plastica rosa shocking dove ogni angolo è smussato, in tempi di suadenti sorrisi di pixel, di vite ricolme di ogni amenità, noi che al sentire preferiamo apparire, noi non riusciamo a rispondere.

Quanto è permesso sentirsi soli e senza difese nella contemporaneità della globalizzazione, in cui una rete a maglie strette percorre tutto il mondo?

Noi che ostentiamo felicità da ogni poro, che lasciamo ai nostri posteri l’immagine di esistenze patinate, senza dubbi e inciampi, che rifuggiamo ogni affanno e che non possiamo mostrarci deboli, noi respingiamo l’interrogazione.

Quanto talento è concesso avere senza i muscoli di poterlo imporre, privi della dote di decantarlo?

Noi che abbiamo trasformato il sogno americano nell’ideale di questa sfera terracquea, noi dalle carriere performative oltre ogni limite, noi che o ti autopromuovi o non esisti, noi non vogliamo saperlo.

O vinci o sei vinto, può esistere altro?

E ora rivolgo un quesito a me stesso.

Quando ormai due anni fa, mi si disse che della grande pittura sonnecchiava in teli di pluriball in un ambiente imbiancato di trucioli di legno, avrei mai potuto credere seriamente di incontrare tanta poesia su olio?

Qualcuno obietterà che iniziare un saggio critico ponendo così tante domande sia fuori luogo, taluni non esiteranno a dire che faccio della retorica, forse nessuno accetterà il confronto con banalità e pregiudizi con cui conduciamo la nostra vita e che io qui volevo sollevare.

Non sarò io a giudicare, non potrei farlo, dal momento che mi nutro degli stessi stereotipi, e per questo non potrei mai ardire a convincervi (e convincermi allo stesso tempo) della rilevanza e forse genialità del percorso artistico del pittore che presentiamo oggi, se a sostenermi non ci fosse la qualità che trabocca dalle tele di Remo Brizzi.

L’ artista che nato ad Ancona nel 1958, si spense in un ospedale di Bentivoglio in Emilia meno di otto anni orsono, senza scrivere nulla della sua pittura, partecipando malvolentieri alle mostre, non prodigandosi per lasciarci nessun catalogo, e che ciononostante aveva la sfacciataggine di ritenersi un pittore.

Di lui che oltre i suoi intriganti quadri resta solo il ricordo di chi lo amò in vita e pianse insieme alla scomparsa dell’uomo anche quella di un raro creativo, rimane anche uno scarno programma dei suoi intenti redatto con non poca poesia.

Il dattiloscritto si intitola Spleen, come la mostra che si è aperta alla Extragallery di Livorno, o come alcuni componimenti di Charles Baudelaire, che rese eterno quell’anglicismo che significa “milza”, l’organo che nella medicina ancestrale soprintendeva alla malinconia. Spleen per i romantici divenne metafora di inadeguatezza al mondo contemporaneo e di disagio esistenziale, col conseguente rifugio nella sensibilità poetica e nella meditazione sul significato della vita.

“Gli aspetti più estetizzanti della tristezza”, come ne scriveva Brizzi, “la disperazione che acuisce i sensi” non erano scacciati dall’artista, il quale ben sapeva che “la realizzazione esige una disciplina e un rigore quasi monastico” e “una dedizione assoluta”. Non sprecava niente di quella “vita, crudele e potente vita” che è la somma degli affanni, degli aneliti e le inquietudini che bagnano il quotidiano vivere.

Il coraggio di sentire, sentire davvero, si riverbera nelle tele di Brizzi in una contemplazione

dell’essere che si trasforma in paesaggio.

Dal suo eremo di Porta a Lame a Bologna fondò una ricerca pittorica irrequieta e non lineare, fatta di evoluzioni, conquiste e ritorni.

Le vedute del mondo esterno si fanno di volta in volta espressione drammatica e dolente

dell’umanità, quieta contemplazione, o poemi quasi melodici, mai urlati ma appena sussurrati e costruiti attraverso una semplificazione delle forme che diventa un calibrato intarsio di volumi e di valori tonali.

Talvolta costruisce i dipinti su una figurazione solida e una cromia brumosa e vaporosa, altre volte la povertà del colore, quasi esangue mostra un reticolo costruttivo di grande sapienza. Così si articola la trasformazione del paesaggio, che è prima di tutto visione mentale ed emotiva, restituita però con mezzi che se anche in alcuni casi possono parere mossi dall’istinto, sono invece riflessione e studio analitico della grammatica della pittura, che non è mera illustrazione, ma invece è confronto con equilibri delicatissimi, tra disegno, cromia, prospettiva e composizione.

Il fuoco sulle sue opere talvolta è largo come se l’occhio potesse abbracciare tutto il creato, come nella Veduta di Malta, dove una tavolozza chiarificata e acida domina una struttura impalpabile tutta giocata tra pieni e tra vuoti, come la grande opera giapponese, o in Torri di Bologna, in cui invece costruisce attraverso pennellate nervose e imbizzarrite.

In altre occasioni ci spinge con forza nella veduta lacustre, dove sentiamo l’umidità bagnarci la pelle e la caligine atmosferica sferzarci gli occhi, o piccole porzioni di scorcio diventano calligrafia di segni.

E ancora quadri che Brizzi affida a un’economia di mezzi e una sintesi quasi estrema, dove le masse si rasserenano, e il supporto nudo del dipinto diventa funzionale alla messa in scena, o tessuti pittorici sodi o al contrario liquefatti restituiscono una realtà attraverso la potenza evocativa delle soluzioni astratte, che suonano come una partitura musicale che tiene presente il peso difforme di ogni colore.

Nel discorso pittorico di Brizzi si può parlare di pervasività del paesaggio, capace di essere lontano e vicino allo stesso tempo, fluttuante ed effimero, quanto immortale nella memoria.

Questa indagine dell’essenza delle cose, la declinazione di un’identità dei luoghi, che diventa

meditazione sul passato e sui problemi dell’arte contemporanea, rende l’opera di Remo Brizzi una grande esperienza che non può e non deve essere scialacquata.

E forse la sua condotta artistica non basterà a rispondere a tutte le domande, premessa di questo saggio, ma il suo procedere a tentoni verso una ricerca di una verità ultima in pittura, accettando di mettersi in gioco disarmato e nudo, non concedendo nulla a quello che non rientra nell’Arte, forse tutto questo ci ricorda, nonostante una contemporaneità che ha fatto dell’efficienza e dell’opportunismo dei miti, che fragilità e sensibilità non sono valori sorpassati. Del resto, come ricordava il filosofo Karl Jaspers se abbiamo delle splendide perle per i nostri gioielli, lo si deve alla malattia dell’ostrica, che subendo un trauma causato da un’infezione o da un parassita, risponde con la bellezza.

Remo Brizzi – SPLEEN, scorci di pittura  

A cura di Jacopo Suggi

Extra Factory, Piazza della Repubblica, Livorno

da sabato 25 gennaio a sabato 8 febbraio 2025.

Inaugurazione sabato 25 gennaio, ore 17.30

Al via la mostra “Remo Brizzi – SPLEEN, scorci di pittura” presso Extra Factory

Inassociazione
kasita natale 2024