BL e alluvione: il disastro della raffineria di Livorno poteva essere evitato?
BUONGIORNO LIVORNO
“#DossierAlluvione: la raffineria di Livorno,
Gli impianti industriali, soprattutto gli stabilimenti “con pericolo di incidente rilevante” quale è la raffineria di Livorno, sono tradizionalmente percepiti come sorgenti di rischio (per la popolazione e l’ambiente) derivanti da cause interne, quali guasti/malfunzionamenti o nel peggiore dei casi negligenza, ma le mutazioni climatiche a cui assistiamo hanno evidenziato la presenza e l’importanza dei fattori esterni quali cause scatenanti di gravi danni incidentali.
Infatti è sotto gli occhi di tutti come gli eventi alluvionali possano dar luogo a incidenti rilevanti in centri di stoccaggio e impianti industriali nei quali siano immagazzinati o movimentati grandi quantità di sostanze pericolose. Purtroppo su questi temi insiste un processo di sottovalutazione o rimozione collettiva, fatta salva poi la veloce e dolorosa presa di coscienza del problema in occasione di eventi disastrosi come quelli che ci hanno coinvolto lo scorso 10 settembre.
Ma la domanda che sorge spontanea è: il disastro della raffineria di Livorno poteva essere evitato?
La normativa, le linee guida e la letteratura oggi direbbero che si, poteva essere evitato, poiché gli strumenti a nostra disposizione sono tanti e tali che sembrerebbe impensabile poter assistere ad episodi di tale rilievo, nonostante sia ben accertato che l’evento meteorico avvenuto sia stato di proporzioni inaudite per il nostro territorio.
In primis ricordiamo la direttiva europea “Seveso” (dal 1 giugno 2015 è scattata la Seveso III) che detta disposizioni finalizzate a prevenire incidenti rilevanti connessi al possesso di determinate sostanze pericolose o a limitarne le conseguenze per l’uomo e per l’ambiente.
Va ricordato poi anche il progetto “Risk Management Policies” sviluppato dalla Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD) dove sono stati presi in considerazione tutti gli aspetti relativi ai rischi di natura sia interna che esterna agli impianti industriali nonché le ricadute da aspettarsi sull’ambiente circostante, dalle malattie infettive derivanti alla vulnerabilità dei sistemi di approvvigionamento elettrico, e dove al team italiano fu affidato proprio il compito di sviluppare il tema “gestione del rischio nel caso delle alluvioni che interessano stabilimenti industriali”. Da questo studio sono scaturite delle linee guida “per la prevenzione, la preparazione e l’intervento nei casi di incidente”.
Esistono poi numerosi studi finalizzati alla sicurezza, alle interazioni dei fattori di rischio ed alla valutazione delle conseguenze delle alluvioni in impianti di processo.
Infine c’è il puro buon senso, infatti un insediamento industriale ottimale, a livello di pianificazione territoriale, è quello dove non esistano rischi o, se ne esistono, siano facilmente tenuti sotto controllo. Un principio che in sé contiene il paradigma della sostenibilità, ovvero quel principio di governo del territorio basato sull’analisi di compatibilità tra domanda di uso del suolo ed i limiti e le condizioni che quel territorio offre. Ma nel caso della nostra raffineria, se la localizzazione del complesso industriale poteva essere in qualche modo ritenuto buono negli anni 30/40, oggi sconta i rischi derivanti dalle mutazioni climatiche, dalle urbanizzazioni circostanti, dal rischio idrogeologico crescente ecc…
Per ovviare a tutto questo la raffineria è stata modificata nel tempo fino ad arrivare ad essere uno “spazio a tenuta stagna” per cercare di proteggersi dalle ingressioni esterne e per proteggere l’ambiente da fuoriuscite accidentali.
Se così doveva essere allora ci si sarebbe aspettato prima di tutto che il muro di contenimento esterno della raffineria fosse costantemente manutenuto affinché non potesse esistere la possibilità di fuoriuscite, che purtroppo invece sappiamo essere accadute.
Ribadendo l’eccezionalità dell’evento meteorico, aggravato per motivi di sicurezza anche dall’abbattimento di ulteriori muri per usare la raffineria come “cassa di espansione” per agevolare i centri abitati vicini dall’esondazione dell’Ugione, sembra davvero impensabile che un impianto di dimensioni così elevate si sia potuto allagare fino al punto di raggiungere in alcune zone anche più di un metro e mezzo di acqua (che inevitabilmente si è poi contaminata con i prodotti petrolchimici) senza che sia scattato immediatamente un qualche sistema di sicurezza e di emergenza.
In tutto ciò c’è da essere “felici” che alle perdite accidentali dalla fognatura e dai piazzali non si sia aggiunta anche la rottura di serbatoi o di oleodotti, altrimenti il danno sarebbe stato molto più consistente.
La magistratura indagherà su tutti questi aspetti, l’importante adesso è che si stia lavorando affinché il danno ambientale venga gestito nel migliore dei modi.
Certo è che al momento l’impianto non è ancora tornato alla piena funzionalità e il rischio di una compromissione di parte delle linee produttive è nell’aria.”
Tavolo Urbanistica e Ambiente #BuongiornoLivorno