BL: il Cisternino di Città, non sia un tempio ma un luogo di partecipazione
Apre il “Cisternino di Città”: non sia un tempio ma uno dei tanti luoghi per fare partecipazione.
Dopo 20 anni riapre l’ex Casa della Cultura, ora “Cisternino di Città”, oggetto del percorso partecipativo partito nel 2008 (simbolo del flop della partecipazione intesa come marketing politico dell’era Cosimi).
In parte sfruttando anche il lavoro passato, l’attuale amministrazione pentastellata apre i battenti del rinato spazio, ribattezzato nella nota ufficiale del sindaco “tempio della partecipazione”. A parte i toni – la retorica e il trionfalismo non conoscono confini e colori politici e ci possono stare, vista l’Odissea del luogo – proprio quell’espressione inquieta un po’.
Forse è solo uno slogan, ma in realtà potrebbe essere il senso reale di quello che rappresenta per Nogarin e i grillini la tanto decantata partecipazione, da celebrare in un tempio attraverso sacerdoti devoti al Grande Signore.
Per Buongiorno Livorno la partecipazione non ha bisogno di “luoghi sacri” ma di essere disseminata e diffusa, in modo capillare, ed essere forma e prassi ordinaria di amministrazione. Meglio se favorita con tanti luoghi, a cominciare da quegli legati al decentramento territoriale. A Livorno invece, dopo la forzata chiusura delle circoscrizioni, non si registra attenzione su questo e manca un dibattito adeguato che dovrebbe accompagnare la rigenerazione dei Centri Civici (che si tengono chiusi o vengono messi nei piani di alienazione).
Fermo restando che ad oggi non sono ancora chiari gli obiettivi e le finalità del nuovo spazio, Buongiorno Livorno da sempre sostiene la necessità di promuovere la partecipazione come forma ordinaria di amministrazione e di governo in conformità con i principi e gli obiettivi della legge regionale toscana 46/2013, di favorirla e di integrarla in particolare attraverso la realizzazione di percorsi partecipativi, il Bilancio Partecipativo (grande assente nell’agenda grillina, malgrado fosse uno dei pilastri del programma di Nogarin), la pianificazione partecipata del territorio, la gestione “diretta” di alcuni spazi pubblici e di alcuni servizi anche attraverso patti di collaborazione (attuando il regolamento di amministrazione condivisa approvato da poco dal Consiglio Comunale).
E’ necessario sperimentare una nuova modalità di cura dei beni comuni fondata sul modello dell’amministrazione condivisa e delle delibere di Napoli e fare della partecipazione attiva dei cittadini alla cura dei beni comuni urbani un tratto distintivo.
Serve costituire delle Assemblee territoriali e popolari e iniziare il percorso – aprendo un dibattito quanto più aperto alla città – con un Osservatorio che definisca in modo partecipato il quadro normativo entro cui riconoscere le Assemblee e una necessaria riforma dello Statuto Comunale.
Le assemblee sarebbero luoghi di prossimità (dove valorizzare anche le esperienze dei neonati quartieri eco solidali) con funzione deliberativa e di indirizzo politico, dove la comunità decide sulle forme d’uso, sui patti di collaborazione e sul governo dei beni comuni, sulla difesa del patrimonio e del paesaggio, sulle emergenze sociali, abitative e sui diritti fondamentali, sull’ urbanistica partecipata e sulla vivibilità. Decisioni che poi dovranno essere recepite dal Consiglio comunale.
Assessori, funzionari dell’amministrazione e membri delle assemblee popolari avrebbero il compito di portare a compimento legislativo gli indirizzi politici e le proposte normative che provengono dai quartieri mediante regolamenti, delibere e atti amministrativi da proporre al consiglio comunale e alla giunta. Di fonte a questioni complesse si potrà utilizzare l’Audit pubblico.
E’ la chiave del neomunicipalismo, portato avanti da città come Napoli e Barcellona: tentativi e esperimenti per radicare nei quartieri la conoscenza e la consapevolezza di quanto viene deciso nelle stanze del potere, bloccare il ricatto del debito pubblico che sta portando allo smantellamento dei servizi pubblici. Fermare operazioni che dall’alto sottraggono il territorio al controllo democratico.
La sfida della vera partecipazione è questa: uno strumento per cambiare l’esistente, non un tempio per celebrare il potere
Stefano Romboli – Direttivo Buongiorno Livorno