BL: “La scelta della convivenza che ancora non si fa”
Livorno, 13 luglio 2020 – “La scelta della convivenza che ancora non si fa. A Livorno si continua a trattare l’argomento della convivenza interetnica e dell’accoglienza come se non si parlasse di fenomeni complessi e che non meritano di essere governati con impegno, con progetti e strategie a medio-lungo termine.
Da una parte i razzisti, i fomentatori dell’odio, sempre pronti a soffiare sul fuoco. Dall’altra chi ancora pensa che a Livorno, dopotutto, abbiamo gli anticorpi dei nostri miti fondativi (le Livornine, la Città delle Nazioni ecc.).
In mezzo le tensioni e le ostilità che aumentano. Così come le insicurezze e le paure,
certamente ingigantite per lo più e alimentate e costruite dai media e da una parte politica.
Ma fossero anche solo percezioni, meritano rispetto e attenzione e non serve demonizzarle.
A Livorno chi ha amministrato non ha voluto governare il processo, malgrado nel giro di circa venti anni anche Livorno abbia vissuto mutamenti importanti del proprio corpo sociale
(dal 1991 al 2011 un aumento del 818% dei migranti residenti in città, passando dai 958 ai quasi 9.000 che comunque corrispondono a meno del 6% del totale della popolazione).
Abbiamo lasciato al caso e al corso degli eventi la gestione del processo.
Le trasformazioni urbanistiche e la precarizzazione dilagante hanno invece contribuito alle impennate delle criticità, delle tensioni, delle diffidenze e alla presenza di situazioni di micro-criminalità fuori dal controllo.
A Livorno, fra l’altro, si continua a pensare che esistano comunità di stranieri migliori e che meritano interlocuzioni privilegiate.
Spesso il giudizio è legato ai criteri che la nostra cultura neocoloniale ci impone: lo straniero che sorride di più, che mostra di essere più mansueto e magari addomesticabile merita maggiore attenzione e rispetto.
Ci sono anche difficoltà a mettere in campo strumenti e percorsi utili, in grado, forse, di favorire davvero la scelta della convivenza.
E così succede che si incoraggia il Consigliere Aggiunto (figura istituita “al fine di garantire ai cittadini stranieri residenti nel territorio comunale, il diritto di eleggere una propria rappresentanza nel Consiglio Comunale” come recita l’articolo 22 dello Statuto Comunale a seguito della delibera del Consiglio Comunale 181/2017)
a compiere azioni che forse non rientrano nello svolgimento del ruolo, come quello di documentare con foto e video l’operato di altri connazionali e stranieri.
Un compito di vigilanza e di “spionaggio” che non condividiamo e che porta lo stesso consigliere aggiunto a esporsi al rischio di coinvolgerlo in situazioni di pericolo e di incolumità.
Non vogliamo entrare nel merito dei recenti fatti di cronaca, condanniamo ogni forma di violenza e di prevaricazione ma nel rispetto delle cariche istituzionali chiediamo a quale titolo il consigliere aggiunto stesse svolgendo le azioni di controllo e di vigilanza e chiediamo se e come questo ruolo possa davvero contribuire a favorire la mediazione e le interazioni fra il Comune e le comunità straniere.
Vorremmo che davvero si iniziasse una discussione sui temi, mettendo sul tavolo proposte e idee che possano servire alla causa.
Serve un impegno costante e prioritario e non trattare l’argomento con sporadiche occasioni in piazza e con qualche chiacchierata con alcuni rappresentanti che a fatica rappresentano una parte della propria comunità.
Inoltre pensiamo che alcune situazioni associate alle microcriminalità siano talmente radicate e strutturate da meritare un trattamento adeguato per liberare alcune piazze e favorire poi percorsi e progetti strutturati di riqualificazione e di rigenerazione.
Non bastano retorica e volontarismo dichiarato: se si vuole davvero costruire la compresenza fra diversi sullo stesso territorio serve sviluppare una complessa arte della convivenza attraverso esperienze e progetti”.
Gruppo sociale Buongiorno Livorno