Compensazioni a verde e area nuovo ospedale, i dubbi e i conti che non tornano alla Lipu
La Lipu invia questa lunga nota dopo la conclusione al processo partecipativo variante ospedale, a cui abbiamo partecipato nelle varie fasi:
Ringraziamo l’Amministrazione Comunale di Livorno per questa opportunità.
Le nostre osservazioni riguardano principalmente gli aspetti legati al parco e alle aree verdi.
DESTINAZIONE DELLE AREE A VERDE
Alla luce di quanto da voi affermato nella passeggiata del 15 settembre u.s., confermato dalla risposta scritta dell’Arch. Cerrina, si evince che al momento
non è dato conoscere l’esatto ingombro (limiti e superficie) dell’area oggetto del cantiere, e di conseguenza quanti alberi verranno intercettati (e che andranno in qualche modo rimossi):
La delimitazione dell’area nel quale sarà realizzata la nuova struttura ospedaliera, così come la delimitazione dell’area oggetto di ampliamento del parco che interesserà il settore dell’ospedale esistente oggetto di progressiva dismissione, sarà individuata negli elaborati della variante (..)
Non si capisce quindi come avete fatto, a pagina 12 del documento divulgativo “Quaderno del partecipante” a stabilire che il nuovo parco misurerà 48.455 m2 (circa 4000 m2 più grande dell’attuale).
Addirittura, nella presentazione del 29 luglio u.s. (mostrata nuovamente anche il 29 settembre u.s.) si è parlato di un presunto raddoppio del parco, con una superficie complessiva di 78.230 m2.
Ciò prevederebbe di ricavare delle nuove aree verdi (oltre a quelle già esistenti) entro il perimetro dell’attuale sedime ospedaliero per 29.775 m2 il che equivale a 3 ettari, che corrisponde a un’estensione pari alla metà dell’intero parco di Villa Fabbricotti.
In ogni caso, questi calcoli comportano necessariamente l’individuazione puntuale di confini e relative superfici, elementi che ci avete riferito di non possedere attualmente.
Purtroppo, anche nella riunione del 29 settembre u.s. questa richiesta di chiarimento non ha trovato una risposta adeguata.
VALUTAZIONE DELLE ALBERATURE
Una volta che sarà stato deciso il progetto, vi chiediamo di censire gli alberi e altra vegetazione (specie, dimensioni, caratteristiche) che verrà coinvolta, valutandone il valore ornamentale ed i servizi/benefici ecosistemici attualmente erogati, sia dal punto di vista funzionale che economico.
Parallelamente, occorrerà che facciate analoghe valutazioni e calcoli rispetto alle piante ed aree verdi di progetto (nuovi impianti).
Soltanto così sarà possibile pervenire ad un bilancio obiettivo in un’ottica prima/dopo, utile anche per gestire un opportuno piano di compensazione.
COMPENSAZIONI
Secondo le nostre indagini, l’area oggetto del cantiere potrebbe andare a intercettare oltre 100 alberi di alto fusto.
Se si considera – così come ricordato dai rappresentanti dell’Amministrazione Comunale di Livorno nella riunione del 29 luglio u.s. – che il concetto di sovracompensazione prevede che per ogni albero maturo abbattuto occorra piantare fino a 40 nuovi alberi (cfr. Nowak e Aevermann, 2019), e che 100 x 40 = 4000; chiediamo di conoscere il piano di collocamento di queste migliaia di nuovi alberi.
Tenendo pure presente che è nell’ordine delle cose un fallimento dei nuovi impianti del 10-30%.
TRAPIANTI
L’ipotesi del trapianto degli alberi che andrebbero a ostacolare i lavori del cantiere in teoria è possibile.
In merito occorrono però le seguenti considerazioni:
• occorre individuare delle aree libere e con caratteristiche idonee, che possano accogliere gli alberi da trapiantare;
• i trapianti spesso sono destinati al fallimento. A riprova di ciò si possono citare diversi casi anche per Livorno, tra cui la Rotonda e via Torino/via degli Etruschi;
• il fallimento dell’operazione è maggiormente probabile se non vengono utilizzati macchinari e tecniche sofisticate quanto dispendiose.
IMPORTANZA DEGLI ALBERI MATURI
Il valore esclusivo degli alberi maturi e delle alberature vetuste trova innumerevoli conferme nella letteratura scientifica, ma è anche facilmente riscontrabile nella pratica di tutti i giorni; basta confrontare l’ombra prodotta da una pianta di grandi dimensioni con quella di un alberello.
Questo si riflette anche nelle quantità di ossigeno prodotto, nella rimozione degli inquinanti atmosferici (polveri sottili, ecc.) e in tutti gli altri servizi ecosistemici.
Tra i tanti riferimenti, ricordiamo quanto affermato dal Prof. Ferrini dell’Università di Firenze al convegno Assoverde del 7 luglio 2022 che ha visto la partecipazione delle varie istituzioni, il quale ha citato pure il seguente lavoro:
“Large old trees are an important part of our combined cultural heritage, providing people with aesthetic, symbolic, religious, and historical cues” (Gilhen-Baker M. et al., 2022. Old growth forests and large old trees as critical organisms connecting ecosystems and human health. A review. Environmental Chemistry Letters 20: 1529-1538).
SUL “PRONTO EFFETTO”
Anche nella riunione del 29 settembre u.s. abbiamo sentito ripetere che per i nuovi impianti verranno utilizzati alberi già grandi, nel presunto scopo di recuperare prima possibile il ruolo delle piante abbattute.
In realtà questo è un “mito” che andrebbe riconvertito con quanto ci insegnano gli autentici giardinieri e coloro che le piante le conoscono davvero, secondo cui occorre “piantare piccolo, per avere grande”.
Lo scopo infatti è quello di far attecchire le nuove piante adeguatamente, permettendo che possano svilupparsi il più possibile – e prima possibile – in autonomia e senza necessità di cure eccessive quanto onerose (tali operazioni di solito vengono definite “manutenzione”, anche se tale termine appare poco consono per le cure e la gestione da rivolgere a degli esseri viventi) quali l’irrigazione, che in ogni caso nei primi anni resta fondamentale.
Diversamente, le piante già grandi oltre a costare di più, necessitano di una buca più ampia e di particolari attenzioni in tutte le fasi del trasporto e della piantagione, considerando che subiscono un maggiore “stress da trapianto” e quindi necessitano di tempi maggiori prima di “partire”.
Pertanto, il pronto effetto lasciamolo agli stand fieristici, e non allo sviluppo delle foreste urbane.
SALUTE PUBBLICA E VERDE URBANO
Appare importante maturare la consapevolezza sul fatto che la salute ed il benessere psico-fisico della cittadinanza, soprattutto dal punto di vista della prevenzione (ma non solo), dipende dalla qualità ambientale, a sua volta influenzata in maniera determinante dalle dotazioni e caratteristiche del verde urbano.
In merito vi sono ampi riscontri in ambito tecnico-scientifico, citando tra i tanti esempi il convegno “Verde e benessere in città ai tempi del covid-19” svoltosi nell’ambito degli Stati generali del verde urbano – VI edizione: https://www.isprambiente.gov.it/it/archivio/eventi/2020/11/vi-edizione-degli-stati-generali-del-verde-urbano
Si potrebbe quindi affermare che i nostri primi “ospedali” (o meglio, la possibilità di finirci meno possibile) sono proprio i parchi, con gli alberi e arbusti in essi contenuti.
VIABILITÀ
Restano i dubbi sulle tecnologie da mettere in campo per filtrare efficacemente gli utenti che andranno a imboccare via della Meridiana, in base alla destinazione finale.
Inoltre, nel Report della camminata del 15 settembre u.s. si riporta (pagina 16) il progetto Esselunga come buon esempio che avrebbe migliorato la viabilità.
Conoscendo nel quotidiano tale realtà, non condivido tale affermazione, considerando sia la pesante perdita di parcheggi (prima ampiamente disponibili in via Torino e via Ferraris), nonché l’aggiunta di un nuovo semaforo (tra i molti peraltro non sincronizzati e attivi anche di notte) che pone un ulteriore rallentamento lungo la via Aurelia, soprattutto per le ambulanze provenienti da sud che devono raggiungere prima possibile l’ospedale
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Nei circa 40 anni in cui seguiamo le vicende ambientali (anche) a Livorno, ci chiediamo se c’è stata una sola volta in cui hanno prevalso (o quanto meno avuto uno spazio opportuno) le ragioni della natura, degli alberi e della biodiversità.
Dal Levante che doveva diventare un parco pubblico (e una cassa di espansione del Rio Maggiore) ed è divenuto un centro commerciale, a Porta a Terra;
Magrignano e Banditella che all’epoca del primo atlante ornitologico degli anni ‘80 erano orti, campi e terreni incolti dove nidificavano strillozzi e cuculi (specie di ambienti rurali), alla cementificazione della Rotonda e dei terreni lungo il viale Boccaccio, l’abbattimento degli alberi sul viale Petrarca e lungo il Rio Maggiore e il Banditella, i cantieri alla Scopaia, e via dicendo.
Del resto, i recenti dati Ispra sul consumo di suolo parlano chiaro:
la cementificazione procede sempre più spedita: https://www.isprambiente.gov.it/it/events/presentazione-del-rapporto-nazionale-201cconsumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici-edizione-2022201d
Rileviamo infine, volendo fare un discorso allargato, che l’approccio alla progettazione prosegue imperterrito trattando le aree di volta in volta coinvolte come un “foglio bianco” dove tutto è possibile.
Infatti vi è la mancanza di studi e indagini preliminari, anche di tipo naturalistico, ecologico e paesaggistico.
Nei progetti che abbiamo potuto consultare si continua a leggere che nelle aree oggetto di intervento non vi è “niente di significativo”, ed al massimo vi sono delle piante “infestanti” e da rimuovere.
Ciò senza aver incaricato degli esperti (botanici, faunisti, ornitologi) a effettuare le indagini e le conseguenti valutazioni che si renderebbero opportune.
È possibile, non da ultimo alla luce di quanto prescritto dalla Strategia Europea sulla Biodiversità per il 2030 https://environment.ec.europa.eu/strategy/biodiversity-strategy-2030_it che le trasformazioni del territorio – ove necessarie – non riescano a prendere in considerazione e integrarsi con i valori naturalistici (e anche architettonici e paesaggistici) preesistenti?”
Marco Dinetti
Responsabile Ecologia urbana Lipu