Cronaca 7 Settembre 2017

Declino della popolazione e pensioni: due problemi da affrontare

La Camera di Commercio ha presentato i dati aggiornati sulla demografia provinciale e sulle pensioni erogate

Ieri mattina  in Camera di Commercio il presidente Riccardo Breda, insieme al segretario generale Pierluigi Giuntoli e il direttore del Centro Studi e Ricerche Mauro Schiano hanno presentato uno studio sulla demografia della provincia e sulle pensioni. I dati fotografano la situazione esistente e prefigurano uno scenario potenzialmente critico che non deve essere sottovalutato.

La relazione integrale è reperibile sul sito dell’ente

Questi i punti principali emersi nel corso della presentazione alla stampa.

DEMOGRAFIA. La provincia di Livorno ha continuato a perdere residenti anche nel 2016, seppur in maniera meno evidente rispetto al 2015. Si è trattato di un andamento tendenziale ad intensità diverse: da una parte la Val di Cecina e l’Arcipelago Toscano che evidenziano un lieve calo della popolazione, dall’altra l’area livornese e la Val di Cornia in cui la perdita è più marcata. Il saldo naturale è negativo in tutti i territori. In quasi il 50% dei comuni le nascite sono meno della metà delle morti. A Livorno città, nel 2016 i nati sono stati 1086, contro i 1941 decessi. Il bilancio demografico nascite/morti in Toscana segna un -15.561.

La provincia di Livorno sconta un più basso tasso di natalità ed un più alto tasso di mortalità rispetto alle medie regionali e nazionali: -1,83% (che scende -2,42% per la sola area livornese).

La popolazione straniera (regolarmente registrata) in provincia è pari al 7,99%, pari a 26.967 persone. Il dato, riferito alla sola Livorno, è pari a 12.450 unità, il 7%.

Diversi gli indicatori demografici che suscitano preoccupazione: il numero medio di figli per donna è 1,30 (per il pareggio demografico bisognebbe superare di poco il 2); l’età media delle madri è 32 anni; l’indice di vecchiaia a Livorno è 221,6 contro  la media italiana di 165,3; l’età media è di 47,6 anni contro i 44,9 a livello nazionale. A preoccupare è anche l’indice di dipendenza degli anziani: 43,3 contro 34,8 del valore nazionale.

Il calo della natalità non sembra facilmente arginabile, dato che la parte più rilevante della popolazione (i nati negli anni Sessanta) non sono più in età fertile.

Il quadro demografico – parole della Camera di commercio – ci consegna: “Una progressiva diminuzione della popolazione autoctona con evidenti ricadute anche sull’impronta culturale e storica delle comunità locali“, un “passaggio dalla famiglia patriarcale a quella mononucleare“, una “gestione del welfare particolarmente pesante: dall’incidenza pro-capite delle pensioni, al grado di spedalizzazione specialmente per le case di cura dei lungo degenti, all’ammontare dei costi delle cure mediche“, “difficoltà nella continuità generazionale per certi mestieri” ed infine “involuzione dei consumi interni con ripercussioni negative anche sulla rete distributiva commerciale dei piccoli comuni e degli esercizi di vicinato nelle città”.

IL CONTESTO PENSIONISTICO.

Ogni 100 residenti a Livorno 40 sono occupati, 28 pensionati e 32 senza reddito. La media toscana è 42-28-30 e quella italiana 37-27-36.

La riforma Fornero a fatto calare il numero di pensionati (spostando l’età di accesso).

Le pensioni sono una fetta consistente della ricchezza del territorio. I circa due miliardi di euro che gli ennti previdenziali erogano su Livorno ogni anno corrispondono a circa il 30% del reddito delle famiglie livornesi (circa il 5% in più della media toscana e italiana). I pensionati a Livorno sono 32353 con un valore medio a pensione di 1002 euro.
Secondo recenti previsioni demografiche di lungo periodo formulate dall’ISTAT tra vent’anni la sostenibilità del sistema pensionistico, e la stessa sopravvivenza della popolazione autoctona, potrebbero essere messe a rischio dal progressivo ingresso nell’età pensionabile dei cosiddetti baby boomers, i quali risulteranno numericamente molto superiori ai contribuenti.

Su questo scenario giocherà un ruolo fondamentale il mercato del lavoro in tutte le sue diverse sfaccettature: dai giovani alle donne, dal precariato alla fuga dei cervelli, dai disoccupati over 50 alle figure professionali introvabili, dalla propensione all’autoimprenditorialità a quella verso l’investimento in capitale umano “high tech” etc.
Sul mercato del lavoro grava, e graverà ancor più pesantemente in futuro, il progressivo declino demografico di un Paese caratterizzato da un importante prolungamento della vita media e da una forte denatalità.
Per questi e molti altri motivi il problema assume, in tutta evidenza, carattere “culturale” perché il nodo della questione può essere ricondotto non solo alla fase recessiva internazionale ma anche alla minore e tardiva propensione alla famiglia in senso lato ed alla procreazione. Del resto molti Paesi del Nord Europa hanno dimostrato come adeguate politiche di sostegno alla natalità ed alla genitorialità siano in grado di accelerare lo sviluppo dell’occupazione e dei consumi, e quindi dell’economia in generale, più di quanto sia possibile ottenere con i soli redditi da pensione.
Non di meno occorre fare attenzione all’altro importante aspetto recentemente sottolineato dal Rapporto ISTAT sulla povertà. Da quest’ultimo emerge con chiarezza che, osservando sia l’incidenza della povertà assoluta sia quella relativa, i valori risultano ampiamente più elevati tra i giovani (17 – 34 anni) che tra gli over 64 anni; nelle famiglie con figli (soprattutto minori) che tra i pensionati;

Il problema è diffuso a livello nazionale e necessità scelte coraggiose e una volontà di farsene carico senza rimandarlo: economia, denatalità e sostenibilità delle pensioni vanno di pari passo.

Cosa può fare la Camera di Commercio per sostenere l’economia e le imprese? Il presidente Breda ha ribadito che bisogna aiutare coloro che scelgono la via imprenditoriale, trovare un modo per trattenere i giovani che studiano qui e poi si trasferiscono. Proseguono i progetti per la formazione al digitale delle piccole aziende e qualche novità potrebbe arrivare da due asset cui Breda crede molto: turismo e internazionalizzazione. Quest’ultimo tema, cioè la promozione dell’Italia all’estero in chiave commerciale è recentemente stato tolto all’ICE (Istituto per il Commercio Estero) e tramite Unioncamere tornerà poi alle camere territoriali.

 

 Il Segretario generale Giuntoli ha tirato un bilancio della riforma camerale: “Con noi hanno tagliato le risorse e poi fatto la riforma.  Alla rovescia di come si dovrebbe fare. Ma comunque ce l’abbiamo fatta. 40 comuni, 5500 km quadrati. Dovevamo mantenere il livello dei servizi. Dobbiamo rafforzare l’informazione economica sul territorio. C’è rimasta solo l’azienda speciale della Camera di commercio a fornire certi dati”. “Chi sta peggio in questo contesto? – conclude Giuntoli – I giovani! Noi stiamo lavorando su scuola di impresa ed educazione alla imprenditorialità.  Quindi alternanza scuola lavoro, educazione alla imprenditorialità, innovazione e digitalizzazione”.