Dibattito sui comprensivi scolastici, tutti gli interventi
DIBATTITO SUI COMPRENSIVI: IL RESOCONTO
“Al tavolo a cui abbiamo partecipato qualche settimana fa, il provveditore ha tenuto a ricordarci che siamo alla quarta generazione dei comprensivi e che saremmo gli ultimi ad aderire a questo modello. Ci chiediamo: perché aderire a un modello che dopo le prime generazioni non ha più dato benefici? La nostra proposta pertanto è questa: fermiamo l’introduzione dei comprensivi, apriamo dei tavoli veramente partecipativi e parliamo di scuola del futuro: proviamo in questo territorio ad essere i primi di un modello nuovo, non gli ultimi di modello ormai superato“.
Con queste parole si è concluso lunedì sera il dibattito organizzato dalla rete “Stop Comprensivi” che ha visto oltre quaranta persone ritrovarsi a discutere del tema dei comprensivi presso l’ex circoscrizione 1 (la capienza massima era fissata a cinquanta per le regole anti Covid) e diverse decine di persone collegarsi e seguire la diretta sulla pagina facebook.
Tanti gli interventi che hanno animato la serata, introdotta da Emiliano Orsini, uno dei portavoce della rete “Stop Comprensivi”.
“La proposta di realizzare gli istituti comprensivi nasce nel ’94 per andare incontro a un problema reale, quello di salvaguardare le scuole isolate, come quelle di montagna ed evitarne la chiusura.
L’approccio si è trasformato, a partire dal 2011, quando i comprensivi sono rientrati in una legge di bilancio e c’è stata una forte spinta ad assumerli come modello generalizzato”.
“Anche noi, come ha fatto l’amministrazione comunale assumiamo la figura di un esperto come Giancarlo Cerini per analizzare le varie fasi dei comprensivi. Cerini ha lavorato a lungo su questo processo ed è stato il primo a fare un bilancio, prima agli inizi del 2000, poi nel 2015.
Secondo le sue osservazioni si possono evidenziare 4 fasi dei comprensivi, ma solo le prime 2 sono state quelle in cui chi fa davvero scuola ha promosso questo percorso.
Le altre due fasi sono state quasi contro chi opera nella scuola. I comprensivi non sono più stati un elemento trainante di iniziative pedagogiche e a partire dal 2011 c’è stata una forzatura nell’estenderli, diventando di fatto e in molte occasioni l’applicazione di una feroce razionalizzazione di risorse economiche.
Anche Cerini, sebbene forte sostenitore del processo di trasformazione delle scuole autonome in istituti comprensivi, sottolinea come l’aspetto di razionalizzazione delle risorse portato avanti dagli Enti locali possa costituire un vizio in grado di inficiare gli aspetti più genuini legati al processo di verticalizzazione.
Oggi su questo territorio, siamo nella fase in cui questo elemento è lampante”. Inoltre “tante criticità accompagnano questa proposta e sono legate alle iscrizioni, alla continuità, agli squilibri nel passaggio da un grado all’altro, alla logistica, alla separazione degli spazi e in certi casi all’allontanamento dei ragazzi e delle ragazze dal proprio territorio di riferimento”.
I comprensivi non devono diventare mero accorpamento di scuole, tantomeno possono essere proposti con così tante criticità irrisolte.
“E’ come se affidassimo un progetto a un progettista e di fronte alle difficoltà il progettista rispondesse che vedrà di risolvere tutto in corso d’opera.
Talvolta questo è possibile, ma qui si tratta di una rivoluzione e non può essere affrontata rimandando in blocco la soluzione dei problemi”.
Restano interrogativi di ogni tipo. Ad esempio: “è vero che una persona esce dagli istituti comprensivi con un bagaglio di competenze superiore rispetto ad una persona che esce da una serie di scuole autonome? Su questo non ci sono studi, nemmeno Cerini su questo si è espresso. Ha semplicemente detto: non so dirvelo…”
Nonostante questo si accetta di modificare un modello lavorativo, senza affrontate una questione cruciale: “sono più i danni o i benefici? Possiamo avere risposte almeno su questo?”
La parola è passata in seguito a Francesca Faleri, docente di scuola media, che ha tenuto a precisare di parlare anche in qualità di genitore e cittadina, in quanto “mi interrogo oltre che sull’organizzazione scolastica, anche sulla vita della città se venisse attuato questo cambiamento”. La docente ha un’esperienza favorevole di discontinuità. “Le mie figlie hanno frequentato una scuola di qualità all’interno di una sorta di comprensivo, ma volevano un cambio. Il desiderio di discontinuità lo rivivo in molti studenti e genitori: cambiare ambiente mi ha fatto proprio bene, mi dicono”.
Era presente all’incontro avvenuto il 10 novembre con sindaco e vicesindaca e in quella occasione ricorda di aver chiesto più volte le motivazioni pedagogiche che accompagnano la comprensivizzazione. “Ormai è già così in tutta Italia, è stata la risposta. Lo fanno tutti è un risposta che può esser ritenuta soddisfacente?”. Insiste sulle problematiche che accompagnano i comprensivi, puntando il dito sullo sbilanciamento strutturale. “Una grande quantità di bambini che frequentano le materne paritarie dovranno entrare nei comprensivi a metà del percorso. L’altra mancata corrispondenza nel passaggio da un ciclo all’altro è sulle medie: ci sono istituti che ospitano 8 sezioni ma saranno comprensivo con scuole che primarie che fanno 4 sezioni. Pertanto la domanda è: l’attività di continuità si potrà fare solo tra comprensivi o si permetterà tra istituti diversi? Perché se si facesse continuità tra i comprensivi ci sarà chi perderà la continuità. E questo mi porta a dire che in ogni caso i comprensivi non hanno le caratteristiche per migliorare l’offerta formativa”. La docente ha presentato il problema all’amministrazione. La risposta? “Non è un problema nostro, i comprensivi li hanno fatti i Dirigenti Scolastici”.
Uno degli elementi cardine dei comprensivi è la collaborazione tra insegnanti. “Se è così importante collaborare nel comprensivo, dove si incontrano gli insegnanti se gli edifici resteranno separati? Nei collegi? E quali scuole possono ospitare collegi così numerosi?”. Il discorso torna su Cerini. “Un modello secondo l’amministrazione comunale, il quale però afferma che il comprensivo funziona con 700 alunni. Coi comprensivi avremo scuole da 1200 alunni, un numero che Cerini indica come soglia critica”. E conclude. “Davvero questa organizzazione porterà un miglioramento della didattica, renderanno migliore la città?”.
Il terzo intervento è stato di Alessandro Doranti, altro docente di scuola media. “E’ una storia fatta da tanti tentativi di attuazione quella dei comprensivi. Tentativi che a fronte di criticità irrisolte sono stati accantonati. Per quale motivo adesso si accelera sulla loro approvazione?”. Il docente spiega che uno dei motivi per cui l’amministrazione comunale ha deciso di accelerare e di non voler rimandare la comprensivizzazione è che ritiene di avere in questo momento del potere contrattuale rispetto all’ipotesi di perdita di posti del personale ATA. In pratica pare che l’amministrazione comunale sia riuscita a strappare un accordo con gli uffici regionali che gestiscono il personale chiedendo la possibilità di salvare 13 posti per il personale ATA per un anno qualora il percorso di comprensivi di azione si concludesse entro il 2022-2023. Un anno e poi…che succede al personale ATA? “Al tavolo del 10 novembre abbiamo segnalato che un’eventuale deroga di un anno non risolveva il problema in quanto esistono delle tabelle ministeriali che impongono ai comprensivi dei numeri sugli organici di collaboratori scolastici e del personale tecnico amministrativo che non collimano con quelli attuali. Inevitabilmente queste tabelle ministeriali imporranno una riduzione del personale tecnico-amministrativo e dei collaboratori scolastici all’interno dei nuovi istituti comprensivi. Ma su questo tema il sindaco ha chiarito che la città di Livorno non può più permettersi perdite di posti di lavoro, dichiarando che prima di assistere a una contrazione di posti di lavoro avrebbe rivisto le decisioni dell’amministrazione comunale”. Difronte a una presa di posizione così netta da parte del primo cittadino il docente afferma di essere rimasto molto sorpreso durante il primo incontro di monitoraggio sui comprensivi (convocato il giorno successivo, giovedì 11 novembre) nell’ascoltare che il Provveditore, pur garantendo la massima attenzione verso la tutela della tenuta occupazionale, ha sottolineato che non è possibile formalizzare un accordo del genere”. Alla luce di questo “ci chiediamo a questo punto cosa intenda fare il sindaco: rivedrà le scelte della vicesindaca oppure accetterà una contrazione di posti di lavoro nella città che amministra?“.
E’ una delle risposte che la rete di scuole vorrebbe ascoltare. Una risposta più sensata di quella che troviamo nelle slides del Comune in cui si afferma che con Dirigente e segreteria unica per tre gradi diverse di scuola, sarà più semplice per le famiglie interagire con le scuole .”Come si può affermare una cosa del genere?”.
Il gruppo ha elaborato dieci domande per l’amministrazione sul tema dei comprensivi, e la serata voleva essere un’occasione di confronto anche su quelle. A tal proposito, sottolineano di aver invitato la vicesindaca Libera Camici, promotrice dei comprensivi e l’assessora Giovanna Cepparello, quest’ultima per un confronto sull’impatto che il progetto avrebbe sul nuovo piano della mobilità urbana. Un intervento a distanza è stato richiesto anche all’assessora regionale all’istruzione Alessandra Nardini. L’invito a fornire un proprio contributo è stato esteso a tutto il consiglio comunale e in particolare a quelle consigliere di maggioranza che hanno ruoli di responsabilità sul tema della scuola come Francesca Cecchi (responsabile scuola PD), la presidente della VII commissione Eleonora Agostinelli e la vice Cristina Lucetti.
“C’è stata una sorta di gara a risponderci che non sarebbero potute intervenire. Capiamo il poco preavviso e che gli impegni siano sacrosanti, ma di 20 consiglieri della maggioranza, almeno uno poteva presentarsi. Sarebbe stato molto utile per capire le intenzioni dell’amministrazione. Noi siamo arrivati alla conclusione che fatti così, i comprensivi non siano altro che una razionalizzazione di risorse economiche. Livorno deve adeguarsi, ci dicono, ma a cosa? A una politica di tagli sulla scuola che ci accompagna da decenni. Eppure non abbiamo pregiudiziali sul modello, ma vengano a spiegarci i vantaggi. La continuità? La scuola la facciamo già in tre, attraverso i progetti di continuità, e con gli edifici separati non cambierà assolutamente nulla. Ricordiamoci che la vicesindaca ha ammesso che nemmeno le scuole attualmente in costruzione sono pensate in ottica comprensivi. Eppure tutto ciò non viene preso in considerazione: l’obiettivo è smontare questo modello, nonostante la stessa amministrazione dichiari che funziona e che le scuole livornesi a livello pedagogico sono un’eccellenza. Ci sono un mare di contraddizioni che stasera volevamo affrontare insieme. Lo faremo appena ne avremo l’occasione”.
Prima di passare la parola alle persone in sala, Orsini ha puntualizzato: “Lavorare a un progetto del genere non è come lavorare a un freno di una bicicletta che uno regola secondo la sua sensibilità. Non tutto potrà essere ritoccato una volta messo in piedi: non si affronta una strada del genere già consapevoli che ci si dovrà metter mano, perché il cambiamento che sarà fatto sarà enorme e non si torna facilmente indietro. Sono venti anni che nella scuola si lavora con più difficoltà, più oneri e meno risorse: sarà ancora più complicato portare avanti un processo educativo degno delle necessità presenti nella società che viviamo”.
Il microfono è passato poi al pubblico, nel quale erano presenti alcune delle rappresentanti delle opposizioni. La prima a intervenire è la consigliera Stella Sorgente.
“Nella mia esperienza come amministratrice è stato per me fondamentale confrontarmi con il mondo della scuola ed ascoltare le esigenze del personale e non solo sulle ipotesi di comprensivi. E’ stato un tour istruttivo. Vorrei vedere un’amministrazione che avesse un altro tipo di approccio”. Nella sua esperienza conferma di aver avviato l’ipotesi a 9 comprensivi, non molto dissimile da quella attuale. “Ma poi chiedemmo la proiezione sui posti di lavoro, non ci fu data e mi fermai. Ora la risposta sull’ambito lavorativo sembrava incoraggiante, ma bisognerebbe ricominciare a confrontarsi su tutto il percorso. Come funzionano gli attuali comprensivi a Livorno? Come lavora il personale ATA, come funzionano i collegi? Le funzioni strumentali che si occupano di continuità?
La sensazione è che si ha a che fare con amministratori che sappiano poco di scuola o che non ci hanno mai insegnato. Non c’è consapevolezza di quello che si smuove. Credono sia un modello ottimale? Ci investano. E vadano a vedere cosa funziona e cosa no negli attuali comprensivi. Quale è il modello di comprensivi che perseguono? Quale esso sia, se si crede in un’idea prima di tutto si investe”.
La parola è passata alla consigliera Valentina Barale secondo la quale “il modo dell’amministrazione di intendere il proprio ruolo sta impoverendo politicamente la città di Livorno”. La consigliera ricorda che il 10 novembre è stata presentata una mozione sui comprensivi e che all’ultimo consiglio “è stato presentato un nuovo atto, cercando di riportare l’attenzione su un argomento che è di interesse generale. E’ di fondamentale importanza la difesa del servizio pubblico, costantemente sotto attacco”. L’ultima consigliera ad intervenire è Aurora Trotta secondo cui “gli scenari non sono confortanti. La pandemia ha gravato sulla scuola, ha fatto emergere ulteriormente i problemi e i comprensivi si vanno a sommare a questi. L’atteggiamento di chi porta avanti il progetto è arrogante e supponente. Occorre tutelare chi lavora, affinché offra la miglior formazione possibile alle future generazioni”.
Dopo gli interventi delle consigliere la parola è ripassata alle insegnanti. Ad intervenire una docente della scuola media di Cecina, territorio che si vedrà imporre l’attuazione di due comprensivi al posto delle tre precedenti scuole medie. “I comprensivi sono un’articolazione che non si addiceva al nostro territorio. Ma improvvisamente la giunta, senza consultare nessuno, li ha formalizzati. Da parte nostra c’è stata una ricerca spasmodica di confronto, ma ci è stato quasi sempre negato. L’unica volta che abbiamo avuto un confronto con amministrazione, hanno scaricato le responsabilità sulla Regione. Noi abbiamo parlato con l’assessora regionale Nardini che al contrario ci ha confermato che la Regione accetta le proposte del territorio e non può imporre delle scelte alle singole amministrazioni”. A Cecina la decisione del sindaco Lippi non è stata percepita a livello cittadino.
“Il collegio ha votato all’unanimità contro i comprensivi. Abbiamo fatto anche proposte alternative, ricordato che occorre affrontare le urgenze e che la continuità si fa già. Niente. Il Comune e la Regione Toscana, in piena emergenza sanitaria, si rifanno a una legge del 2011 che è una legge di bilancio, di razionalizzazione delle spese. Non si spiega altrimenti perché a Cecina di tre istituti non se ne fa altrettanti, invece che due che ospiteranno tra i 1200 e 1500 studenti: dei mostri, come sono stati definiti dai dirigenti scolastici”.
L’ultimo intervento della serata ha avuto come protagonista Patrizia Nesti, docente e sindacalista UNICOBAS. “La vicesindaca dimostra uno stile solipsistico, rimane insensibile a ogni sollecitazione. La sua è un’operazione sbrigativa, nella quale non punta a costruire un bel niente”. Sulla questione dei posti di lavoro degli ATA, la sindacalista fa notare che verrà meno una pianta organica. “A quel punto si ottengono solo posti in deroga, ma si perdono i posti di diritto”. Il rischio è che si intervenga e si ragioni solo su un organico in deroga, dove non c’è un persona titolare del posto. “E’ un tipo di gestione che non è responsabile, e questo devono capirlo anche dalla Regione, perché i malumori possono arrivare fin lì”. Poi l’ufficializzazione dello sciopero, come ulteriore strumento di opposizione alla nascita dei comprensivi. “Abbiamo raccolto l’invito della rete di scuole che si è mobilitata e insieme a COBAS SCUOLA, USB e CGIL, il 24 entro la mezzanotte, abbiamo spedito la comunicazione che avvia la procedura dello sciopero. Entro giovedì dovremmo essere convocati per il tentativo di conciliazione alla presenza del provveditorato, un incontro che potrebbe anche non esserci. Da quel momento si può partire con l’indizione vera e propria. Abbiamo aperto una fase di vertenza. Un’azione significativa, importante, che andrà valorizzata dalle lavoratrici e dai lavoratori e dovrà coinvolgere tutto il contesto cittadino”.
LA SCUOLA CHIEDE RISPOSTE. LA SCUOLA SI FA INSIEME.