Cronaca 17 Ottobre 2024

Due aree pubbliche saranno intitolate a Edoardo Andreini e ad Ugo Bassano

Livorno 17 ottobre 2024 – Due aree pubbliche saranno intitolate a Edoardo Andreini e ad Ugo Bassano

Nella mattinata di giovedì 17 ottobre si svolgeranno due cerimonie di intitolazione di spazi pubblici, rispettivamente a Ugo Bassano, avvocato e studioso di diritto e a Edoardo Andreini “Dado”, pilota di rally.

Alle ore 10 si terrà la cerimonia per l’avvocato Bassano alla cui memoria sarà intitolata l’area pubblica antistante il palazzo che ospita gli uffici comunali in via dei Pescatori, mentre alle 11.30 l’area a verde “Casine/Savolano” che si trova all’incrocio tra via della Porcigliana e via del Castellaccio, nelle vicinanze del tracciato del circuito di Montenero, sarà dedicata a Edoardo Andreini.

Le cerimonie saranno presiedute dal sindaco Luca Salvetti.

Biografia Ugo Bassano

Ugo Bassano, è stato avvocato e studioso di diritto di fama, nonché uomo impegnato nella vita pubblica livornese. Nato nel 1908 da Armando Bassano, commerciante di cappelli, di religione ebraica e titolare di un negozio a Livorno in via Santa Giulia, e da Pia Castelfranchi – anch’ella di religione ebraica, nata a Finale Emilia da una famiglia di insegnanti e letterati – Ugo rimane orfano del padre Armando, che – a causa del suo impegno nella Società Volontaria di Soccorso – muore nel 1917 durante l’epidemia di spagnola. Grazie al sostegno dello zio paterno, Gino Bassano – subentrato ad Armando nella gestione del negozio che passa a condurre assieme alla madre Giuditta Caro, nonna paterna di Ugo – questi prosegue gli studi frequentando le scuole medie ed il liceo classico; nel 1926 consegue la maturità e si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza all’Università di Pisa. Durante gli studi universitari usufruisce di tre borse di studio, concesse dal Comune di Livorno, un’altra dalla Comunità ebraica e la terza dalla Fondazione Valensin Pascià, intitolata a un medico livornese che aveva fatto fortuna in Egitto. Il 1929 è un anno particolarmente doloroso per la famiglia: a breve distanza l’una dall’altra muoiono la madre Pia e la nonna Giuditta. La malattia della prima è particolarmente lunga e dolorosa; ad assisterla è il figlio, poco più che ventenne. Pia muore il 1° settembre. Giuditta rimane profondamente colpita dal decesso della nuora, alla quale è sempre stata molto affezionata, e due mesi dopo, il 4 novembre, muore anch’ella per ictus cerebrale. Il negozio rimane affidato allo zio Gino – aiutato da Ugo, fino all’agosto del 1933, cioè fino all’iscrizione di quest’ultimo all’albo del procuratori – e saltuariamente da qualcuno dei propri figli. Anche dopo la morte della madre, Ugo continua a recarsi a Finale Emilia ogni anno, nel periodo festivo agli inizi di novembre, in visita agli zii materni ed ai cugini, con i quali mantiene negli anni un durevole legame. Nel 1931, dopo un brillante corso di studi, si laurea, senza tuttavia assicurarsi la lode, benché la media dei voti conseguiti la lasci attendere: si è presentato alla discussione di tesi senza camicia nera e senza distintivo del fascio, indisponendo alcuni membri della commissione. I primi contatti con antifascisti, al di fuori dell’ambito familiare, li ha proprio negli anni universitari. Il suo impegno è più culturale che politico, e si manifesta attraverso la lettura, insieme ad alcuni amici, di autori sgraditi al regime, primo fra tutti Benedetto Croce. Tramite l’amico Lamberto Borghi egli è anche in contatto con il gruppo che si raccoglie presso la Scuola Normale Superiore intorno ad Aldo Capitini. Negli anni dell’università si avvicina per la prima volta alle attività della Comunità ebraica livornese, entrando a far parte per un certo periodo del Circolo di cultura ebraica, che organizza conferenze e rappresentazioni teatrali. L’autore delle opere rappresentate è un drammaturgo dilettante, ma di una certa fama, il livornese Guido Bedarida. Ugo partecipa anche alle attività del gruppo livornese del K.K.L. – Keren Kayemet Leisrael – per l’invio dei fondi agli ebrei emigrati in Palestina, e del K.K.H. – Keren Keyemet Hayesod – per l’acquisto di terreni nella medesima area: attività che tra il 1928 ed il 1932, non veniva ostacolata delle autorità fasciste, ma che non era vista di buon occhio dagli ebrei simpatizzanti per il regime, che temevano che il sostegno a tali iniziative li facesse apparire sionisti, quindi meno italiani e di conseguenza meno fascisti. Una volta laureato, Ugo inizia l’attività libero professionale entrando nello studio dell’avvocato Giuseppe Funaro, ebreo anch’egli, socialista e amico di Giuseppe Emanuele Modigliani; iniziando subito dopo un’intensa attività di studioso e una brillante carriera di avvocato. L’attività di avvocato gli procura i primi problemi col regime fascista, per il suo interessamento in numerosi casi di persone proposte per il confino, raramente per motivi politici, più spesso perché ebrei che hanno contravvenuto alle leggi razziali che vietano loro l’esercizio di diverse professioni e mestieri. Ciò gli crea fama di individuo ostile al regime, tanto che il Questore di Livorno decide di proporlo per il confino; la misura viene revocata su intervento del Prefetto. Con l’approvazione delle leggi razziali, che vietano agli avvocati ebrei di esercitare in favore dei cristiani, anche Ugo Bassano viene poi escluso dall’esercizio dell’avvocatura, senza essere incluso neppure nell’elenco degli ammessi al patrocinio degli ebrei. Ugo è però entrato nel frattempo nello studio dell’avvocato Giuseppe Lumbroso, che ha ottenuto la c.d. discriminazione e può così continuane a svolgere la sua attività professionale, sotto la copertura dello stesso Lumbroso e di altri illustri giuristi, come Vittorio Emanuele Orlando, Arturo Carlo Jemolo e Adone Zoli. L’inasprirsi della legislazione antiebraica lo convince infine a percorrere la via dell’emigrazione. Ormai apprezzato come studioso di diritto internazionale, ecclesiastico, marittimo e processuale civile, viene presentato all’Accademia di Diritto Internazionale di Washington. Forte di questa presentazione e grazie all’‘affidavit’ dell’Associazione delle donne ebree americane, Ugo si prepara ad andare in U.S.A. quando l’entrata in guerra dell’Italia impedisce la sua partenza. Con l’inizio della guerra si accresce il suo impegno politico antifascista, coerente con la sua avversione al regime nutrita fin da giovanissimo, sia per l’influenza familiare, sia per la profonda repulsione che suscitano in lui la rozzezza, il violento disprezzo della cultura e la prepotenza dei fascisti. Durante la seconda guerra mondiale egli inizia a svolgere una vera e propria attività politica quando, nell’estate del 1943, grazie ad un incontro decisivo con il prestigioso dirigente comunista, Lanciotto Gherardi, si avvicina al P.C.I.. La sua partecipazione alla lotta clandestina è però di breve durata perché sopraggiunge l’8 settembre ed Ugo, che già nell’estate ha lasciato Livorno a causa dei ripetuti bombardamenti della primavera-estate 1943, rifugiandosi dapprima presso un amico a Fauglia, inizia a girovagare per la Toscana, spostandosi continuamente da un paese all’altro per sfuggire ai rastrellamenti. Grazie ad una carta di identità, procuratagli dal partito, egli ha assunto il nome di Carlo Zannolli, fratello della sua futura moglie, Clementina Zannolli. Ugo ritiene che Carlo, ufficiale dell’esercito, si trovi al sicuro nella zona liberata e non sa che questi è già stato arrestato e fucilato dai tedeschi, all’indomani dell’8 settembre. Ugo riannoda i rapporti con il P.C.I. dopo la liberazione di Livorno, quando viene fra l’altro nominato a capo del Commissariato provinciale per l’epurazione, da cui si dimette dopo avere preso atto che non vi è reale volontà di rimuovere dagli uffici amministrativi e pubblici neppure coloro che erano stati implicati in prima linea nelle persecuzioni politiche e razziali del regime fascista. Con il dopoguerra inizia anche l’attività pubblica dell’avvocato Bassano che per circa trentacinque anni sarà assessore al contenzioso del Comune di Livorno, con i sindaci Furio Diaz, Nicola Badaloni, Bino Raugi e – per il primo mandato – Alì Nannipieri. Negli anni del suo impegno amministrativo, Ugo segue e concorre ad orientare, quale assessore, le vicende della ricostruzione della città e del Porto di Livorno, oltre a curare significative acquisizioni al patrimonio pubblico, come quella dell’ippodromo Caprilli; promuove al contempo il gemellaggio con la città israeliana di Bat Yam. Costante, in parallelo, è il suo impegno professionale di avvocato, coerente con la sua attività pubblica, in numerose vicende che riguardano l’economia cittadina e la sua comunità: emblematica è la difesa del sindaco Badaloni, conclusasi con l’assoluzione dall’imputazione di oltraggio, nel processo celebrato a Roma per gli scontri fra i paracadutisti della Brigata Folgore e la cittadinanza di Livorno dell’aprile del 1960. La sua attività politico-amministrativa ha termine nell’anno 1980, ma Ugo continua ad esercitare attivamente la professione di avvocato fino agli ultimi giorni della sua vita, che ha termine il 28 luglio 1988, il giorno dopo il compimento del suo ottantesimo anno. Dopo la sua morte, su iniziativa dell’Ordine degli Avvocati di Livorno, gli viene intitolata un’aula d’udienza nel Tribunale di via Falcone e Borsellino, per riconoscimento di una carriera professionale esemplare.

Biografia Edoardo Andreini

Edoardo Andreini, per tutti “Dado”, è stato il punto di riferimento dell’automobilismo livornese, la stella polare di un movimento che per anni è stato lustro e vanto cittadino. Un grande uomo di corse, considerato il miglior organizzatore di rally a livello italiano e internazionale. Vulcanico e visionario ha contributo in modo fondamentale alla crescita di una specialità dentro a un’epoca che viveva la sua fase più acuta e calda della passione.

Dado era stato pilota. Nel 1949 aveva partecipato alla Mille Miglia a bordo di una Fiat Topolino e poi alla Coppa della Collina al volante di una Ermini 750. Era cresciuto come molti livornesi della sua generazione (lui era classe 1912) nel mito della Coppa Montenero e delle infernali curve del Castellaccio, quelle che nel 1927 videro l’esordio sul tracciato livornese del grande Tazio Nuvolari. Riportare le corse su quelle strade è stato per anni un suo chiodo fisso. Nasceva da questi presupposti la creazione della Coppa Liburna che dal 1966 al 1987 ha portato la sua firma. Un impegno al quale Dado aggiunse poi l’organizzazione del Rally dell’Isola d’Elba manifestazione che arrivò a toccare l’apice nella seconda metà degli Anni Settanta con la validità per il campionato europeo della specialità. Dado Andreini ha segnato un’epoca ed è stato il faro di un’intera generazione di piloti, appassionati, organizzatori che vedevano in lui un vero e proprio punto di riferimento. Espansivo, aperto, polemico, diretto, sempre una parola con tutti. Uomo di carattere che non sempre andava d’accordo con chi gestiva il potere nelle competizioni. Per molti anni è stato consigliere e vicepresidente dell’Automobile Club Livorno, membro della Commissione Sportiva Automobilistica Italiana e presidente della Scuderia Livorno Corse.

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