Attualità 10 Luglio 2025

E’ etico e legittimo far usare Google Workspace for Education? Affidiamo i nostri figli a una Big Tech che non garantisce privacy e sotto accusa ONU?

 Il coinvolgimento di Google in sistemi militari e la sentenza europea sul GDPR impongono riflessioni urgenti

E' etico e legittimo far usare Google Workspace for Education?Livorno 10 luglio 2025E’ etico e legittimo far usare Google Workspace for Education? Affidiamo i nostri figli a una Big Tech che non garantisce privacy e sotto accusa ONU?

 Il coinvolgimento di Google in sistemi militari e la sentenza europea sul GDPR impongono riflessioni urgenti

È etico e legittimo usare Google a scuola? Dalla Palestina alle aule italiane, una riflessione su etica, dati e diritti

In alcuni licei di Livorno – come accade ormai in tante scuole italiane – ai genitori viene richiesto di firmare un modulo di consenso per l’attivazione della piattaforma Google Workspace for Education destinata agli studenti minorenni.

Si tratta, apparentemente, di una prassi innocua, giustificata dalla necessità di semplificare l’accesso a strumenti digitali per l’apprendimento.

Ma è davvero tutto qui? O dovremmo fermarci un momento a riflettere su cosa comporta affidare la digitalizzazione dell’istruzione pubblica a una delle Big Tech più controverse al mondo?

Un recente rapporto dell’ONU, presentato alla 59esima sessione del Consiglio per i Diritti Umani (giugno-luglio 2025), e redatto da Francesca Albanese, Relatrice speciale sui territori palestinesi occupati, getta una luce inquietante sull’uso della tecnologia da parte di Israele.

Nel documento dal titolo “Dall’economia di occupazione all’economia di genocidio”, si evidenzia come il sistema israeliano di apartheid, controllo militare e demografico si basi su infrastrutture digitali sempre più avanzate. In questo contesto, nel 2021, Israele ha stipulato un contratto da 1,2 miliardi di dollari con le statunitensi Alphabet Inc. (Google) e Amazon per il Progetto Nimbus, finalizzato allo sviluppo di infrastrutture cloud, in parte finanziate dal Ministero della Difesa israeliano. Non è una collaborazione generica: è un progetto direttamente collegato al rafforzamento di un sistema di sorveglianza nei territori palestinesi occupati. (Apri il pdf ONU a pagina 10 al n° 40)

Alla luce di questo, è lecito domandarsi:

possiamo ritenere eticamente neutra l’adozione scolastica di strumenti Google, sapendo che la stessa azienda partecipa – seppur indirettamente – a sistemi denunciati come violazioni gravi dei diritti umani?

 

La scuola non dovrebbe rappresentare uno spazio educativo fondato su valori come il rispetto, la pace e la responsabilità civile?

Ma non è tutto. A queste considerazioni etiche si sommano, e con forza, i gravi dubbi di ordine giuridico.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza C-311/18 (Schrems II), ha dichiarato invalido il Privacy Shield, cioè l’accordo che permetteva il trasferimento dei dati personali verso gli Stati Uniti.

Il motivo?

La legislazione americana in materia di sorveglianza permette alle agenzie di intelligence di accedere ai dati di chiunque – cittadini americani e non – senza limiti di tempo, di proporzionalità o possibilità di ricorso da parte degli interessati.

In altre parole, i dati degli studenti europei (minorenni inclusi) rischiano di essere trattati da aziende statunitensi senza che vi siano garanzie di tutela equivalenti a quelle del GDPR.

Il Garante Privacy ha avuto modo di ribadire più volte negli scorsi mesi, la scuola non ha bisogno di alcun consenso per adottare strumenti per assolvere ai propri compiti istituzionali. E allora a chi serve il consenso?

Serve a Google  per dare  la sensazione di avere le spalle coperte, addebitando la responsabilità ai genitori? Inoltre Google sa benissimo che dopo la sentenza Schrems II e la cancellazione del “Privacy Shield” solo il consenso può essere la base giuridica per il trattamento dei dati personali negli USA. Ma naturalmente questo consenso vale solo per trattamenti di dati di tipo “occasionale”; e considerando che l’account GSuite dura per l’intero anno scolastico sarebbe da considerarsi occasionale?

L’illusione della “proprietà dei dati” da parte dell’utente – così come spesso viene rassicurato nei documenti di Google – è un’operazione puramente cosmetica? La legge stabilisce già che i dati personali sono inalienabili e restano del soggetto cui si riferiscono.

Il punto non è a chi “appartengano” i dati, ma chi li controlla, li conserva e può accedervi, specialmente quando si tratta di colossi tecnologici che rispondono a ordinamenti giuridici estranei e non compatibili con il nostro.

Inoltre il consenso (ai sensi del GDPR) deve essere libero, informato, ed esplicito. Consenso libero significa che chiunque possa negarlo. Il rifiuto al consenso in alcuni casi  può far incorrere l’alunno   in alcuni pregiudizi, come ad esempio quello per il quale l’alunno non disporrebbe dei materiali di studio che la scuola eroga via GSuite. E qui la scuola dovrebbe quindi proporre scelte e modalità alternative

 

Il Ministero dell’Istruzione consiglia GSuite e Office365 (e WeSchool): no.

Il Ministero dell’Istruzione non “consiglia”, ha solo siglato dei protocolli la scorsa primavera, quando il Privacy Shield era ancora operante; forse per miglior chiarezza sarebbe il caso che il Ministero dichiarasse più esplicitamente decaduti i protocolli

Esistono alternative. Uno fra tanti ad esempio è Moodle,  una piattaforma open-source adottata in tutto il mondo e perfettamente conforme al GDPR. Altre soluzioni – europee, decentralizzate e trasparenti – permetterebbero di garantire il diritto allo studio senza svendere la sovranità digitale e la privacy degli studenti.

La domanda, a questo punto, non è più solo se sia etico usare Google a scuola, ma se sia legittimo. E, soprattutto, se sia educativo: che messaggio diamo alle nuove generazioni se accettiamo che i loro dati finiscano in server controllati da poteri che non rispondono alle leggi europee e che, in alcuni casi, sono implicati in gravi violazioni dei diritti umani?

È tempo di un dibattito serio, consapevole e pubblico. Perché la scuola non può essere complice inconsapevole di un sistema che sacrifica la libertà sull’altare della comodità.

E’ etico e legittimo far usare Google Workspace for Education?

Ekom Mazzini Olandesi promo 1-14 luglio
notte bianca dello sport
Banner Aamps
Banner Yogurteria Gelateria Fiori Rosa
Inassociazione