Il Comune ricorda con una targa il pittore Osvaldo Peruzzi
Livorno 18 dicembre 2024 Il Comune ricorda con una targa il pittore Osvaldo Peruzzi
Domani, giovedì 19 dicembre, alle ore 15.00 si svolgerà la cerimonia di scoprimento della targa commemorativa dedicata al pittore Osvaldo Peruzzi, che è stata apposta sulla facciata dell’edificio in viale Italia, 263, in cui visse dal 1957 al 2004.
La cerimonia sarà presieduta dal sindaco Luca Salvetti.
Biografia di Osvaldo Peruzzi (fornita dalla famiglia)
Osvaldo Peruzzi nasce a Milano il 25 maggio 1907 da una famiglia di vetrai soffiatori originaria di Colle Val d’Elsa, antico borgo toscano celebre a livello mondiale per la produzione del cristallo.
L’anno seguente il nonno materno, Arnolfo Rinaldi, si trasferisce con la famiglia a Livorno dove apre, in via Mastacchi, una vetreria che resterà in attività fino agli anni ’70.
Nel 1913 Peruzzi inizia a frequentare la scuola elementare Enrico Mayer, sita nel Palazzo Rosciano sugli omonimi scali, evidenziando da subito una naturale inclinazione per il disegno e la pittura; in seguito si iscriverà all’istituto tecnico industriale diplomandosi nel ’24. Poco dopo si iscrive alla facoltà di Ingegneria del Politecnico di Milano, dove prenderà la laurea nel ’32.
Nel tempo libero frequenta la Galleria Pesaro di via Manzoni, dove conosce Filippo Tommaso Marinetti, poeta, scrittore, drammaturgo nonché padre del Movimento Futurista.
Tale incontro determinerà il destino del giovane studente, sempre più innamorato del carattere rivoluzionario ed elitario dell’esperienza futurista: e i concetti di simultaneità, compenetrazione, splendore geometrico e colore compariranno nel suo manifesto del 1941 Plastica dell’essenza individuale a costellare la sua personale visione estetica.
Intanto partecipa a numerose esposizioni, personali e collettive, a Milano alla Sala Taveggia, a Venezia, a Roma e a Livorno a Bottega d’Arte dove porta in città il Futurismo e si guadagna la stima di personaggi quali Nomellini e Guzzi.
Ma vengono i tempi amari: nell’estate del 1942 l’Italia, in balìa dei bombardamenti, richiama i suoi uomini al fronte: Marinetti parte volontario per il fronte russo e Peruzzi viene richiamato e inviato a Tobruk in Libia.
Tra alterne vicende, viene fatto prigioniero dagli inglesi ad Hammamet e imbarcato verso gli Stati Uniti: racconterà anni dopo quanto lo spettacolo degli imponenti grattacieli di Manhattan lo abbia ispirato.
Nel campo di prigionia, nel Missouri, ha la fortuna di poter dipingere, allestire mostre, scrivere ai familiari: i colori si velano di tristezza, Marinetti è morto, e lui si sente in gabbia, pensa alla moglie Irma e alla figlioletta, Stella, che lo conosce appena.
Finalmente arriva la liberazione, sbarca nella semidistrutta Napoli, raggiunge Colle Val d’Elsa e Livorno, dove la vetreria Rinaldi è miracolosamente ancora in piedi: invece la città è sepolta dalle macerie, il suo studio distrutto, ma non c’è tempo per pensarci, bisogna tornare a vivere e a lavorare.
I tempi difficili non sono tuttavia finiti: la caduta del Fascismo non risparmia dall’oblio l’esperienza futurista, sfortunatamente affiancata a un regime reazionario e totalitario, che non ne rappresenta minimamente l’intima essenza.
Peruzzi continua a dipingere e ad esporre: a Livorno alla Galleria Giraldi, a Roma alla Quadriennale, poi a Grenoble, Lussemburgo, Colonia, Milano: nel ’76 è in prima fila per organizzare le celebrazioni dedicate al centenario della nascita di Marinetti.
Tornano dinamicità e cromatismo, cardini della sua estetica, nei quadri dedicati alla Formula Uno, al calcio, allo sci, nelle aeropitture e nei soggetti di ingegneria industriale, sua prima vocazione.
Emozione e soggetto coincidono, da sempre!
Nel 1997 partecipa alla grande mostra allestita a Palazzo Ducale a Genova con uno dei dipinti più amati, quella Battaglia Aeronavale donata al genero dottor Piero Frati, ancora oggi richiesta dai maggiori musei del mondo.
L’anno seguente il Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno gli dedica una grande retrospettiva dal titolo “Osvaldo Peruzzi. Attraverso e dopo il Futurismo”.
“Il Futurismo non morirà finché ci sarà almeno un futurista”: il Movimento doveva morire a Livorno il 30 dicembre 2004, quando l’Artista si addormenta nella sua abitazione di Viale Italia 263, dove già l’amata moglie Irma, tante volte protagonista dei suoi ritratti, lo aveva preceduto di tre anni.