Incontro sui comprensivi: “il Comune non ascolta la scuola, il progetto va avanti con il solo obiettivo di risparmiare”
Stop Comprensivi, il resoconto dell’incontro:
Si è svolto in un clima di inaspettata tensione l’incontro tra l’amministrazione comunale e una delegazione di docenti e ATA della rete di scuole “Stop Comprensivi”.
Sindaco e vicesindaco hanno accolto la delegazione ribadendo fin dall’inizio che non intendono mettere in dubbio il processo di comprensivizzazione né nelle forme e né nelle tempistiche.
Hanno nuovamente alzato un muro rispetto alla proposta di sospensione, affermando che nonostante la mobilitazione in corso (record di adesioni allo sciopero sui comprensivi in città) il progetto si farà e nei tempi e nei modi che hanno previsto.
Un atteggiamento di chiusura, rilevato in particolare nella vicesindaco Camici, che di certo non si allinea a un’amministrazione che ha dichiarato di volersi sentire “più vicina alle persone e capace di nuovo di ascoltare”.
Ancora una volta però nessuno dei partecipanti si è sentito rispondere alla domanda che da tempo viene rivolta all’amministrazione comunale:
quali sarebbero in questo momento i vantaggi del passaggio ai comprensivi?
Abbiamo fatto notare all’amministrazione comunale che la città di Livorno aderirebbe per ultima a un modello che ha vissuto fasi molto diverse tra loro.
Mentre i comprensivi delle prime due generazioni, ormai databili a diversi decenni fa, hanno portato dei benefici alle scuole che li hanno adottati (le scuole di montagna o quelle scuole che hanno investito in progetti sperimentali), le generazioni successive, tra cui la quarta, quella in cui siamo attualmente, sono state quasi contro chi opera nella scuola.
I comprensivi non sono più stati un elemento trainante di iniziative pedagogiche.
Sono entrati a far parte di leggi di bilancio e di dimensionamento, come ci ricorda l’iniziativa del governo Berlusconi del 2011 (DL 98/2011) che scatenò un’ampia sollevazione e ricorsi alla Corte Costituzionale da parte delle regioni, tra cui la Toscana; così come ce lo ricorda con estrema chiarezza la nota del Miur 8220 del 7/10/2011.
In quella circolare, senza troppi giri di parole, ci si esprime in questi termini richiamando gli Uffici Scolastici Regionali al rispetto degli adempimenti previsti dalla suddetta normativa:” […] considerato che la norma risponde a finalità di contenimento della spesa e al raggiungimento dell’obiettivo della stabilizzazione della finanza pubblica, le SS.LL. ai fini della definizione dei piani di dimensionamento relativi all’anno scolastico 2012/2013, sono invitate ad assumere immediati contatti (qualora non ancora posti in essere) con i competenti Uffici regionali affinché venga data sollecita applicazione alla richiamata disposizione del Ministero”.
C’è stata insomma una forzatura nell’estendere i comprensivi, facendoli diventare di fatto e in molte occasioni l’applicazione di una feroce razionalizzazione di risorse economiche.
Anche Giancarlo Cerini, l’esperto citato dall’amministrazione livornese per rappresentare i vantaggi del processo di comprensivizzazione (Istituti comprensivi:
il perché di un “successo annunciato”) ha sottolineato come l’aspetto di razionalizzazione delle risorse portato avanti dagli Enti locali possa costituire un vizio in grado di inficiare gli aspetti più genuini legati al processo di verticalizzazione.
Uno studio più recente del 2012, effettuato dal Dipartimento della Ragioneria dello Stato (“Analisi dell’efficienza delle scuole italiane rispetto agli apprendimenti degli studenti – Differenze territoriali e possibili determinanti”) che ha incrociato i dati provenienti dall’istituto INVALSI, quelli raccolti dai report dell’OCSE con i bilanci gestionali delle scuole, rileva inoltre che il “[…] risultato non intuitivo è l’effetto negativo sull’efficienza della variabile gestionale relativa agli istituti comprensivi.
Gli istituti comprensivi sono istituiti ai sensi della L.97/1994, in via sperimentale e il loro numero è crescente negli ultimi anni (nel nostro campione rappresentano appena oltre il 50% del totale).
L’accorpamento di tutte le scuole del primo ciclo in istituti comprensivi è inoltre previsto a regime dalle recenti disposizioni del DL. 98/2011 per tutte le scuole.
Oltre a giustificazioni di stampo educativo, l’accorpamento tra scuole primarie e secondarie inferiori è motivato delle economie di scala che ne dovrebbero conseguire.
L’analisi rileva invece che, pur avendo dimensioni complessive simili alle scuole specializzate in un solo ramo di istruzione, gli istituti comprensivi non necessariamente raggiungono a parità di input risultati in termini di apprendimenti degli studenti altrettanto elevati rispetto a quelli degli istituti con solo la scuola primaria o solo la scuola secondaria di primo grado”.
Davanti a questi dati l’amministrazione comunale non ha saputo ribattere.
E’ stata inoltre posta la questione della necessità di condurre studi demografico-sociali sulla popolazione scolastica e predisporre, di conseguenza, strumenti e risorse relativi all’inclusione sociale e interculturale prima di procedere alla creazione di nuovi istituti scolastici.
Applicare in pratica, le misure contenute nella circolare ministeriale n.2 del 2010, un provvedimento di oltre dieci anni fa.
Resta in sospeso anche la questione dei posti di lavoro: le certezze su cui l’amministrazione comunale riteneva di poter contare nei rapporti con la Regione Toscana al momento non sembrano così solide.
Ad oggi si parla di circa 15 posti di lavori stabili che si andranno a perdere.
Ci risulta che nessun accordo è stato formalizzato tra l’amministrazione comunale e la Regione e le parole dei funzionari degli Uffici Scolastici provinciali e regionali non parlano affatto di garanzie estendibili sul lungo periodo.
Su questo tema continueremo a monitorare le intenzioni del sindaco: rivedrà le scelte della vicesindaco oppure accetterà una contrazione di posti di lavoro nella città che amministra?
L’unico vantaggio che l’amministrazione comunale sbandiera è quello relativo alla continuità del progetto formativo all’interno dei comprensivi.
Un elemento che sarebbe effettivamente valido se l’amministrazione si fosse impegnata nel tempo a metter mano agli edifici scolastici e a garantire risorse per supportare fattivamente questo tipo di progettualità.
La realtà però è che sul territorio livornese il progetto di comprensivizzazione calerà dall’alto e avverrà all’interno di istituti scolastici che manterranno edifici separati e spesso distanti tra loro; neanche quelli in costruzione sono pensati secondo la logica dei comprensivi e questo nonostante la vicesindaco dichiari che “sicuramente la possibilità di ‘vivere’ in uno stesso edificio facilita molto il processo di continuità educativa e formativa”.
A livello pedagogico gli effetti sulla continuità saranno pertanto nulli, se non peggiorativi della situazione attuale.
Gli istituti resteranno tali e tanti progetti verranno fermati in quanto, a rigor di logica, la continuità si farà solo all’interno dei nuovi comprensivi e non in maniera diffusa come succede attualmente.
Inoltre dove e come avverrà la condivisione tra i docenti? Non esistono al momento spazi sufficienti per poter riunire i nuovi collegi, in quanto nessuna scuola ha spazi così ampi da contenere riunioni che accoglieranno i docenti dei tre gradi di scuole.
Per l’amministrazione comunale, l’idea di base per gestire le complessità annesse a questa iniziativa sembra essere quella di contare sul rafforzamento dei poteri dei dirigenti scolastici che si vorrebbero sempre più manager e decisionisti, riducendo gli spazi di partecipazione.
Una scuola meno collegiale, in due parole: meno democratica.
Se questo è l’obiettivo che si rischia di “traguardare”, il Comune di Livorno, d’intesa con il Provveditorato, dovrebbe assumersi la responsabilità politica di aver deciso di fare questo processo di comprensivizzazione, in queste forme e in questi tempi, contro il parere della stragrande maggioranza del mondo della scuola. E’ evidente infatti che l’iniziativa del Comune non abbia incontrato il favore del personale scolastico e ce lo spiega l’altissima partecipazione allo sciopero che a Livorno era declinato specificatamente contro l’istituzione dei comprensivi.
Ci auguriamo che la città maturi questa consapevolezza e che cresca ancora la volontà di salvaguardare la scuola pubblica da un’ennesima operazione di tagli.
Al di là dei tentativi della vicesindaco di condividere la responsabilità ora con la Regione Toscana e ora con i dirigenti scolastici, il processo di comprensivizzazione ha un preciso referente politico che sta agendo contro la volontà della stragrande maggioranza del comparto scuola e questo nonostante docenti, personale Ata e famiglie abbiano offerto disponibilità e collaborazione all’amministrazione comunale.
Da parte nostra non crediamo che esista altra soluzione da proporre all’amministrazione comunale se non quella di suggerire ancora una volta di sospendere l’attuazione dei comprensivi per il 2022-2023 ed aprire un percorso partecipativo con tutti coloro che operano all’interno della scuola.
L’obiettivo comune non può o non deve essere quello di accontentare le esigenze di razionalizzazione della Regione Toscana accettando di danneggiare gli equilibri di scuole che funzionano, riducendone i servizi e il personale.
In questo territorio l’occasione che abbiamo davanti è ben diversa:
agire insieme, navigare anche controvento, per progettare la scuola del futuro. Una scuola democratica, inclusiva e innovativa.