La Federazione Anarchica Livornese e Collettivo Anarchico Libertario sul dopo alluvione
“Alluvione: i disastri non piovono mai dal cielo
Le autorità cittadine e i padroni della terra e del cemento hanno chiare responsabilità. Organizziamoci contro la devastazione del territorio e delle nostre vite.
Ad un mese dall’alluvione che ha colpito numerose zone della città di Livorno e alcune località vicine, provocando nove morti e ingenti danni, è possibile fare alcune valutazioni su questi tragici avvenimenti.
Riteniamo che sia indispensabile avviare un dibattito aperto e serio sulle cause, gli effetti e le responsabilità di quanto è avvenuto, che consideri anche il modo in cui viene gestito il territorio. Un confronto che possa dare spazio all’inchiesta, alla denuncia e alla mobilitazione, in cui devono aver voce innanzitutto coloro che hanno subito gli effetti dell’alluvione, e non i soggetti pubblici o privati che hanno interesse a non fare emergere le responsabilità, a minimizzare i risarcimenti, a strumentalizzare la situazione per fini elettorali, a non mettere in discussione le strutture di governo del territorio.
La Federazione Anarchica Livornese e il Collettivo Anarchico Libertario ritengono che le amministrazioni locali, gli enti incaricati della salvaguardia del territorio, le autorità cittadine e alcune società private abbiano concrete responsabilità in quanto è avvenuto. Infatti, anche senza mettere in dubbio l’eccezionalità della tempesta che avrebbe causato l’ingrossamento dei corsi d’acqua della zona, è possibile affermare che le esondazioni e le terribili conseguenze da esse provocate potessero essere previste ed evitate.
Il vergognoso rimpallo di responsabilità tra Regione e Comune sull’inadeguatezza dell’allerta nella notte tra il 9 e il 10 settembre che ha riempito le pagine dei giornali e le trasmissioni televisive immediatamente dopo l’alluvione, ha mostrato a tutti come i partiti (PD, M5S, MDP in primo luogo) che si contendono il governo a livello nazionale, regionale e locale fossero concentrati solo a sfruttare il disastro per le proprie lotte di potere mentre ancora si cercavano dei dispersi e molte zone non erano neanche state raggiunte dai soccorsi ufficiali coordinati dalla Protezione Civile, invece di impegnarsi negli aiuti.
Per questo è importante che si rafforzino le forme di organizzazione che la popolazione si sta dando, che si sviluppino i comitati autorganizzati nelle aree colpite dall’alluvione, fondamentali per affrontare uniti le vertenze legate ai risarcimenti, alle ricostruzioni e alla sicurezza idrogeologica. Ma organismi come questi sono importanti anche perché possono costituire uno spazio di confronto, di vigilanza e di intervento diretto sulla gestione del territorio a livello più generale.
In questo momento dobbiamo stare attenti a non cadere nella trappola del conflitto tra i partiti che si contendono il governo della città. Per poter raggiungere risultati concreti è fondamentale sviluppare i percorsi di organizzazione, rivendicazione e di lotta in autonomia rispetto agli orientamenti del conflitto presente nelle istituzioni, prestando attenzione a non divenire sponda del PD contro il M5S ma neanche stampella del M5S di fronte agli attacchi del PD. Per questo è necessario continuare a denunciare le grandi operazioni speculative condotte negli scorsi anni dalle precedenti amministrazioni, e devono essere al contempo denunciate le responsabilità della presente amministrazione nella perpetuazione di certe politiche. L’attuale giunta infatti ha fatto passare in consiglio comunale, all’inizio dello scorso agosto, con i soli voti della maggioranza, il progetto per la cementificazione dell’area degli orti urbani di Via Goito, a poche decine di metri da Via Rodocanacchi, dove la piena del Rio Maggiore ha causato gli effetti più tragici, provocando la morte di quattro persone.
La forza dell’autogestione si è dimostrata dopotutto già dai primi giorni. Fin dalla mattina di domenica 10 settembre a compiere il più grande sforzo nei soccorsi sono state donne e uomini, giovani e meno giovani, di tutte le origini, che in modo spontaneo sono accorsi nelle zone colpite dall’alluvione per offrire il proprio aiuto. Sul piano concreto il contributo spontaneo delle persone, così come quello dei gruppi autorganizzati di volontari, è stato fondamentale per aiutare le persone che vivono nelle aree alluvionate a liberare le case dall’acqua e dal fango, a pulire strade, argini e corsi d’acqua da detriti di ogni tipo.
Le Brigate di Solidarietà Attiva hanno svolto e continuano a svolgere un importante ruolo di coordinamento tra le volontarie e i volontari che intendono tessere una rete di solidarietà che, al di fuori dei partiti, possa stimolare coloro che vivono nelle aree colpite ad organizzarsi. Importante è anche il lavoro di indagine che le BSA hanno avviato nei giorni immediatamente successivi all’alluvione. Un lavoro di inchiesta i cui primi risultati sono già stati pubblicati e che mettono in luce come le politiche di speculazione e cementificazione negli anni recenti abbiano mutato l’area del Rio Maggiore, dimostrando di fatto la subordinazione della sicurezza idrogeologica agli interessi della rendita.
Questo rende evidente a tutti come né le autorità e gli enti pubblici, né le compagnie private possano garantire la sicurezza idrogeologica del territorio, perché seguono degli interessi di classe che non coincidono né con l’ecologia né con la salute e la sicurezza delle persone. Solo attraverso l’azione diretta, la popolazione, sviluppando la conoscenza del territorio e la vigilanza su di esso, può imporre alle istituzioni adeguati interventi di messa in sicurezza e di manutenzione. Solo con una rivoluzione sociale che possa scardinare l’attuale ordine politico ed economico, ponendo fine al potere della rendita, sarà possibile creare, attraverso forme di autogoverno e autogestione, un nuovo equilibrio idrogeologico e più in generale ecologico dei territori.
Ovviamente oltre alla speculazione e la cementificazione vi sono altre questioni che non possono restare nell’ombra.
Innanzitutto va ricordato che la Provincia di Livorno è la seconda più inquinata d’Italia, e che nelle aree colpite dall’alluvione sono presenti attività industriali nocive, impianti di smaltimento rifiuti, discariche ufficiali e non. Emblematica in questo senso è la situazione di Stagno dove è presente la raffineria ENI. Molti hanno parlato del gravissimo sversamento di idrocarburi nel fosso Botticina, che ha raggiunto il mare all’interno del porto di Livorno, secondo l’ENI a causa dell’allagamento dell’impianto. Pochi invece hanno cercato di far luce sull’impatto degli inquinanti all’interno delle abitazioni e nelle aree abitate alluvionate nella zona tra Stagno e Guasticce, dove l’allagamento della raffineria, l’inquinamento già presente nel terreno, la presenza di siti fortemente inquinanti lungo i corsi d’acqua della zona, ha sicuramente compromesso ulteriormente il territorio. È necessario far luce su questi fattori, a Stagno come in tutte le altre zone colpite, innanzitutto per informare gli abitanti sugli effettivi rischi per la salute e per effettuare eventuali bonifiche, ma anche per mettere in discussione l’attuale gestione del territorio.
Un altro fattore importante è la questione delle aree militari o soggette a speciali norme di sicurezza. La città di Livorno e l’area circostante registrano una forte presenza di installazioni militari di vario tipo, queste hanno in alcuni casi un impatto sul territorio e la sua idrografia, come nel caso dell’Accademia Navale e Camp Darby. Spesso l’impatto che queste strutture hanno resta segreto per motivi di sicurezza e difesa, i rischi connessi a queste installazioni sono quindi in molti casi nascosti alla popolazione. Lo stesso vale per aree di interesse strategico come siti di produzione militare e di armamenti, o come la raffineria ENI, che hanno speciali norme di sicurezza che rendono più difficile il lavoro di inchiesta e informazione.
Infine deve essere considerato il rilevante ruolo della Chiesa nell’economia della città, anche sul lato speculativo. Il vescovo architetto nei giorni immediatamente successivi all’alluvione ha attaccato l’amministrazione comunale, ma nei grandi affari legati alla cementificazione degli ultimi venti anni la Chiesa non si è certo tirata indietro. Tutti ci ricordiamo bene i miracoli del Giubileo del 2000. In quella occasione anche a Livorno arrivarono dal governo milioni e milioni di euro per le opere di costruzione da effettuare in vista dell’anno santo, a questi si aggiunsero ingenti finanziamenti del Comune. La potente iniezione di soldi e cemento data dagli affari miliardari legati al Giubileo portò, tra le altre cose, alla costruzione nei pressi del Santuario di Montenero, sia della famigerata Aula Mariana, che ha dimostrato gravi problemi strutturali sin dall’inaugurazione, sia dell’imponente terminal per i pellegrini, di cui oggi rimane soltanto una enorme colata di cemento deserta e abbandonata. Montenero è stata una delle zone colpite più gravemente dall’alluvione, e certo il forte intervento di costruzione degli ultimi decenni, di cui parte importante sono le strutture legate al Santuario, ha creato le condizioni per il verificarsi di disastri come quello del 10 settembre scorso.
Le questioni qui sollevate sono solo alcune tra le più significative, sono infatti elementi che si inseriscono in un contesto più ampio. L’alluvione ha posto tragicamente di fronte agli occhi di tutti la devastazione portata nelle nostre vite e nei nostri territori dai padroni e dai governanti. Per decenni, prima della deindustrializzazione, hanno spremuto le lavoratrici e i lavoratori livornesi, che in cambio del salario, oltre alla propria opera, hanno spesso dovuto dare la vita e la salute. Veleni e colate di cemento sono ciò che resta oggi, assieme ad una legislazione che ha portato le condizioni di lavoro indietro di mezzo secolo, all’aumento dell’età pensionabile e allo smantellamento della sanità. Questo vale dappertutto, ma il disastro portato dall’alluvione ha reso ancora più difficile la condizione di molti disoccupati e di molte persone sotto sfratto. Gli avvenimenti delle scorse settimane non possono essere considerati in modo indipendente dalla generale situazione sociale ed economica, si rende anzi necessaria una maggiore forza nel reclamare maggiori spazi di libertà, migliori condizioni di vita e di lavoro.
Quanto è emerso finora ci permette di fare alcune considerazioni finali.
L’idea che le situazioni di emergenza impongano una gestione centralizzata e gerarchica è stata smentita ancora una volta: le istituzioni di governo del territorio (Prefettura, Comune, Regione) sono mancate completamente al compito di mettere in allerta le popolazioni, del resto, anche se l’allerta fosse stata data, non si capisce che cosa avrebbero potuto fare i cittadini, visto che mancano piani di evacuazione condivisi e portati a conoscenza della cittadinanza.
Le istituzioni di governo sono altresì mancate nell’opera di prevenzione minima: solo dopo venti giorni dall’alluvione è cominciata un’opera di pulizia della rete fognaria cittadina; lo stesso discorso vale per la pulizia delle strade e delle aree urbane pubbliche da foglie e detriti, come delle colline e degli alvei dei rii, delle quali sono responsabili Comune e Consorzio di Bonifica: la mancata pulizia è una delle principali cause dell’alluvione e dei danni e delle morti che ne sono conseguite. I morti di Livorno gravano sulla coscienza delle autorità.
L’inchiesta portata avanti dalle Brigate di Solidarietà Attiva, con mezzi limitati e tempi ristretti, ha permesso di arrivare ad alcune conclusioni sulla costruzione delle casse di espansione e sulla gestione del territorio: la passata amministrazione ha barattato sicurezza e vita dei cittadini con gli interessi della rendita fondiaria e della speculazione edilizia. Ma chi li ha sostituiti in tre anni non ha saputo né voluto fare quello che le BSA hanno fatto in pochi giorni, segno che il partito della terra e del cemento continua a dominare l’amministrazione comunale, al di là delle sigle elettorali che la compongono.
Il Comune non è più la casa comune dei livornesi. Questa non è l’affermazione polemica degli anarchici, ma una sensazione che si va sempre più diffondendo fra gli abitanti di Livorno, e a cui l’alluvione ha dato una tragica conferma.
Sostituiamo al Comune burocratico e statale la libera Comune delle sfruttate e degli sfruttati!”
Federazione Anarchica Livornese – Collettivo Anarchico Libertario