La lettera di un portuale – “Green pass e lavoro, cronache distopiche”
La lettera – “Green pass e lavoro, cronache distopiche”.
“Sono un portuale di Livorno, sarà che sono duro di comprendonio, forse è per questo motivo che non ci sono arrivato prima.
Che il sindacato non avrebbe mosso un dito per sostenere la legittima protesta delle decine di migliaia di lavoratori contro il green pass, l’ho capito solo all’ultimo.
Avevo avuto, nelle ultime settimane, una conversazione via mail con un dirigente regionale del sindacato cui ero ero iscritto, il quale in ultima battuta mi mandò in allegato una fotografia, dove si riportavano le FAQ del governo in merito all’obbligo di Green pass che sarebbero scattate per i lavoratori dal 15 ottobre.
Mi aveva anche chiamato al telefono, nei giorni precedenti, molto disponibile, tono di voce da psicologo esperto e paziente. Ma poi mi ha lasciato così, in sospeso.
C’ho creduto, fino all’ultimo, che venissimo tutelati. Adesso ho capito che sono anche loro in qualche modo parte di questo sistema che ti fa vedere la parola libertà scritta su un cartellone, sulla mano sinistra, e poi con la destra te la toglie.
Ma attenzione. I rapporti tra governo e sindacati si sono andati inasprendo, leggo sui giornali. CGIL, CISL e UIL si stanno muovendo.
Si sta avvicinando il giorno di uno sciopero per i lavoratori portuali.
Autoproduzione, pensioni, lavoro usurante non riconosciuto per la nostra categoria. Tutto giustissimo.
Ma quasi due lavoratori su dieci non sono vaccinati e sono contrari al green pass.
A questi lavoratori che risposta avete dato?
Che sono contro la “scienza”, che se i contagi risalgono, la colpa è loro, che sono dei no vax?
E poi, ditemi… è giusto che i dipendenti di alcune ditte abbiano i tamponi pagati? E tutti gli altri?
Questo alimenta solo l’invidia, magari nei confronti di un collega che ha sempre lavorato e sudato insieme a te.
“A loro pagano i tamponi? E a noi soldi in busta paga nulla?”
Si fa presto a passare a un ragionamento di questo tipo.
Il green pass è un qualcosa di lurido, subdolo, schifoso.
Andrebbe tolto per tutti quanti e basta.
Stamattina ero all’ufficio postale sotto casa. La gente parlava del vaccino.
“Mi sono fatta il Johnson. Adesso vogliono farmi qualcos’altro.”, diceva una signora.
Perché, spiegava lei, il Johnson dopo tre mesi non copre più…
Questa cosa la faceva andare in paranoia.
Io guardavo. Avrei voluto dire qualcosa, spiegarle che alla settima dose l’avrei rivista fuori da quell’ufficio, per sentirle ripetere le solite cose.
A Livorno, patria del detto “ti c’ho nel cuore ma ti vo’ …….”, scusate il francesismo, c’è un gruppo di lavoratori in prevalenza del porto di Livorno, ma anche di altri settori, decisamente contrari al green pass, misura altamente lesiva per la libertà delle persone.
In città più di ventimila persone sono non vaccinate. Lo zoccolo duro, come dicono loro.
Mi sento di alzare (si fa per dire) la voce, per raccontare che ci sono persone, anche qui, a favore dei movimenti no green pass, della protesta iniziata dai portuali di Trieste e di chiunque porti avanti pacificamente una lotta per i diritti basilari di ogni individuo e soprattutto per la libertà di pensiero e di scelta.
È inoltre oltremodo dannoso che in molti alimentino le divisioni tra pro vax e no vax, senza capire che qui il punto è l’introduzione di una misura di controllo che è arrivata dopo mesi e mesi di bombardamento mediatico in cui ci hanno sempre raccontato una cosa per un’altra.
Vorrei andare a spiegarlo anche alla signora del Johnson, ma non credo che riuscirei a trovare le parole giuste.
Per lei, quello che avrei da dire, temo sarebbe solo il racconto di un complottista pazzoide, o magari la trama di un racconto distopico”.