Libri, recensioni 7 Agosto 2022

“La porta” di Magda Szabó “Il segreto, quello della vecchia domestica Emerenc”. “Non è mai troppo tardi per leggere un buon libro”

Livorno 7 agosto 2022 –  “Non è mai troppo tardi per leggere un buon libro”

Rubrica di recensioni, a cura dello scrittore e traduttore Maurizio Grasso.

Non sono sempre necessariamente recensioni di libri appena usciti, ma di “buoni libri”.

Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere La porta di Magda Szabó, un romanzo che entra dentro il lettore in sordina

La porta di Magda Szabó

Una storia in crescendo

La porta di Magda Szabó è un romanzo che entra dentro il lettore in sordina, clandestinamente, con un ininterrotto crescendo. Non c’è un cambio di registro narrativo. Non che il linguaggio della Szabó sia monocorde. Dice quel che è necessario, con essenzialità, senza fronzoli. Appartiene a quella schiera di autori che cercano di scoprire la profondità nella superficie delle cose, senza eroici sforzi introspettivi. Questo crescendo non ha una ragione lirica, ma tematica; semplicemente, ci si sente risucchiati in un segreto, quello della vecchia domestica Emerenc. È lei la protagonista assoluta della storia. È una sorta di centro energetico, di astro attorno a cui gravitano volenti o nolenti tutte le persone del circondario. Fra le tante case, lavora anche in quella di una coppia di scrittori di mezza età: la scrittrice è l’io narrante. È costei a consegnarci Emerenc, con la lentezza con cui lei stessa (a proprie spese) ha imparato a conoscerla. Quanto più ci si inoltra nell’enigma di questa donna fuori dal comune, tanto più complessa appare la sua personalità. È ignorante solo in base ai titoli di studio che non ha; è stata forgiata da un’esistenza che si rivela di una ricchezza imprevista e di una profonda drammaticità.

Il magnetismo di un personaggio

Emerenc non è una persona come le altre. Di età imprecisabile, dotata di forza erculea e di resistenza bestiale, fa da sola ciò che in cinque non riuscirebbero. È capace di slanci di generosità impensabili come di atti di violenza distruttiva, tutti senza un motivo e, soprattutto, senza un’avvisaglia premonitrice. Emerenc sorprende sempre, nel bene come nel male. A volte è di un’insolenza improvvisa, altre è inaspettatamente premurosa. Non accetta doni. Ha una visione manichea della vita, ammannisce pillole di saggezza, non con la postura del filosofo, piuttosto con i modi militareschi di un sergente. Nessuno può oltrepassare la porta del suo stambugio, oltre la quale si cela il nucleo del suo segreto.

Il segreto di Emerenc

Senza darlo a vedere, si affeziona alla coppia di scrittori. Un giorno, particolarmente bendisposta, racconta alla “padrona” le peripezie della sua infanzia, che appaiono a chi la ascolta fandonie, per quanto sono fantasticamente inverosimili. Due fratelli gemelli sotto la sua responsabilità erano stati fulminati e carbonizzati sotto un albero, la madre per il dolore si era gettata in un pozzo. Da anni accumula risparmi per garantire ai suoi morti lontani un mausoleo sontuoso nel cimitero del suo paese. Tutte queste rivelazioni sembrano a tutta prima fanfaronate alla signora, che ancora non ha imparato a conoscerla bene.

Sorpresa

C’è un che di felino nell’inafferrabilità dell’incostante Emerenc, che non si fa comprare da carezze e belle parole; tuttavia, quando meno ce lo si aspetta, manifesta un amore senza confini, disinteressato. È la “signora” a esserne oggetto, con modi anticonvenzionali, che la destinataria cerca, se non di comprendere, quanto meno di rispettare, con alterni successi. È un amore strano, simile a quello di una nonna burbera che, rimbrottando, cerchi di educare e proteggere una nipotina inesperta della vita e anche un po’ dura di comprendonio. Tale lei considera la sua padrona, benché sia una donna istruita e famosa. Per Emerenc il mondo si divide in due categorie: gli scansafatiche e quelli che lavorano; il vero lavoro è solo quello manuale. Resta sospettosa quando si sente rispondere che marito e moglie “lavorano” picchiando tasti di una macchina da scrivere.

Uno strano amore

Questo amore tirannico di Emerenc verso la sua signora è ricambiato. Chi lo prova ne prende coscienza da un giorno all’altro. Si interroga e scopre di essere andata oltre il mero affezionarsi a questo misterioso, temibile vulcano. Emerenc erutta crisi violente e sentimenti nobili senza un briciolo di regolarità o prevedibilità, «anarchicamente buona, sconsideratamente generosa». Quando, per uno sciocco malinteso, Emerenc si licenzia allontanandosi per qualche giorno, la scrittrice avverte il vuoto che quell’essere iracondo e prodigo ha lasciato nella sua esistenza. Il vuoto le impedisce di ritrovare una vena creativa. Finisce per umiliarsi pur di farla tornare. La scena della conciliazione sarebbe esilarante, se non fosse anche inquietante ed emblematica di un carattere che il lettore non ha potuto ancora decifrare. L’insegnamento che la signora ne trae è illuminante. Per Emerenc ogni legame amoroso che viene a costituirsi nella sua vita, talvolta senza che lei stessa lo voglia, è come una ferita. È un canale non protetto attraverso il quale essa può essere colpita. Scorrendo con la memoria le crisi violente di Emerenc, si avvede che sempre c’è una delusione ricevuta da una persona. Del resto, un giorno la stessa Emerenc glielo confessa: non bisogna mai amare nessuno in modo sconfinato, perché si finirà per causarne la rovina.

Il testamento inatteso

Un giorno la vecchia la convoca nell’atrio della sua casa e le comunica che è nel suo testamento: erediterà quanto è “oltre la porta”. Verrà un giorno in cui quella porta si aprirà per la signora. Sarà un gesto d’amore senza pari, non compensabile in alcun modo, perché nessuno è mai stato ammesso nel Sancta Sanctorum di Emerenc. L’amore ricambiato di queste due donne fa da combustibile a tanti sciocchi pretesti, esito dei loro caratteri opposti, delle loro visioni della vita inconciliabilmente distanti. Eppure la signora si rende conto che Emerenc, con la sua pretesa ignoranza, è sempre un passo davanti a lei nella comprensione delle cose; quando l’amor proprio la spinge a ribellarsi, subisce sempre dalla vecchia una lezione che terrà a mente e la costringerà a leccarsi le ferite. È un fatto: Emerenc può insegnarle della vita cose che pensava di sapere e non sa.

La porta si apre

Alla porta della Città Proibita, come la signora chiama l’uscio inaccessibile di Emerenc, accadrà qualcosa di inatteso e di violento; sarà il punto di non ritorno della vicenda narrata. «Emerenc era pura, invulnerabile, lei era ciò che tutti noi, i migliori di noi, avremmo voluto essere».

Non è opportuno svelare il finale; tuttavia bisogna chiudere un cerchio, e il cerchio si chiude come ci si può attendere. L’astro, spegnendosi, lascia nel gelo tutti coloro che si sono avvantaggiati del suo calore. Una vecchia di età imprecisata ha fatto da esoscheletro a tante persone più giovani di lei, le ha rese in qualche maniera dipendenti da essa. Certo, nascerà da queste macerie non solo spirituali un nuovo equilibrio, si abitueranno alla sua assenza, ma niente sarà più come prima per nessuno.

Invenzione o biografia?

Chi è davvero Emerenc? Un parto della fantasia di Magda Szabó o una figura che l’ha ispirata, attribuendole virtù leggendarie perché il romanzo funzionasse? L’autrice esce allo scoperto in un momento cruciale della storia, allorché la vecchia è in ospedale, dove sembra essersi ripresa dall’ictus che l’ha colpita. Emerenc la chiama Magduska e, per la prima volta, la tocca e la bacia come fosse una figlia. Il personaggio Emerenc chiama in causa la sua creatrice Magda Szabó e la trascina dentro il romanzo. L’autrice mette il proprio avatar sul banco degli imputati. In quanto traditrice in buona fede di una donna che la amava, è una sorta di espiazione di qualcosa di realmente avvenuto? Non lo sapremo mai. Sappiamo solo che questo romanzo, pubblicato a settant’anni nel 1987 e da noi solo nel 2005, è considerato da molti il suo capolavoro. Ne è stato tratto anche un film interpretato dalla grande Helen Mirren.

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