Attualità 10 Settembre 2023

La scoperta, fossili livornesi (Quercianella) riscrivono la storia degli oceani, trovate tracce dei più antichi vertebrati abissali

La scoperta, a Quercianella tracce dei più antichi vertebrati abissali. Anticipato di 80 milioni di anni l’inizio della colonizzazione delle piane abissaliQuercianella (Livorno), 10 settembre 2023 Paleontologia – La scoperta, fossili livornesi (Quercianella) riscrivono la storia degli oceani, trovate tracce dei più antichi vertebrati abissali

Rare tracce fossili rivelano la presenza dei primi pesci di mare profondo, anticipando di 80 milioni di anni l’inizio della colonizzazione delle piane abissali.

Questa importante scoperta è stata presentata in un nuovo studio condotto da un gruppo internazionale di scienziati guidato dal paleontologo italiano Andrea Baucon.

Lo studio è stato pubblicato oggi dalla rivista PNAS – Proceedings of the National Academy of Sciences (https://doi.org/10.1073/pnas.2306164120), una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo.

“Quando ho trovato questi strani fossili, non potevo credere ai miei occhi”, afferma Baucon, che ha scoperto le tracce fossili di pesce in tre siti paleontologici situati nei dintorni di Piacenza, Modena e Livorno.

Strati piegati nel sito paleontologico di Quercianella, vicino Livorno. Qui sono state trovate tracce fossili di pesci risalenti all’era dei dinosauri.
Image credit: Andrea Baucon

Il sito paleontologico di Quercianella. Andrea Baucon sta studiando le tracce fossile prodotte da pesci dell’era dei dinosauri: sono quelle dei più antichi vertebrati di mare profondo. Image credit: Andrea Baucon.

Il motivo dello stupore è l’età dei fossili, che precedono di milioni di anni ogni altra testimonianza di pesci abissali.

 

I fossili appena scoperti risalgono all’inizio del Cretaceo (130 milioni di anni fa). “I nuovi fossili mostrano l’attività di pesci su un fondale marino dell’era dei dinosauri che era profondo migliaia di metri”, dice Baucon.

Questi fossili appena scoperti sono rari ed insoliti. Comprendono la traccia sinuosa lasciata dalla coda di un pesce che nuotava vicino al fondale, e le escavazioni prodotte da pesci in cerca di cibo.

Queste tracce fossili non consistono di ossa, ma registrano il comportamento di pesci scomparsi da milioni di anni.

Di conseguenza, i fossili appenninici segnano un punto critico nello spazio e nel tempo.

È il punto in cui i pesci si sono allontanati dalla piattaforma continentale e hanno colonizzato un ambiente nuovo ed estremo, lontano dal loro habitat originario.

“Le tracce fossili appena scoperte sono paragonabili alle impronte degli astronauti sulla Luna”, dice Baucon.

A migliaia di metri sotto la superficie dell’Oceano Ligure-Piemontese, i primi pesci di mare profondo affrontavano condizioni ambientali estreme.

Oscurità totale, temperature prossime allo zero e pressioni colossali mettevano alla prova la sopravvivenza di questi pionieri dell’abisso.

“Come se non bastasse, correnti torbide spazzavano le vaste pianure fangose pattugliate dai pesci in cerca di cibo”, afferma Luca Pandolfi.

Tali condizioni estreme richiedevano adattamenti specifici, innovazioni evolutive altrettanto significative, al pari di quelle che hanno permesso la colonizzazione della terra e dell’aria (ad esempio, ali e zampe).

I fossili appena scoperti rappresentano non solo la testimonianza dei primi pesci di mare profondo, ma anche i primi vertebrati abissali.

I vertebrati – gli animali con colonna vertebrale – si sono evoluti in mari poco profondi, per poi colonizzare ambienti terrestri, aerei ed abissali.

Dei tre, è la colonizzazione degli abissi ad essere l’evento meno compreso dalla scienza. Infatti, gli ambienti abissali spesso precludono la fossilizzazione. “I fossili appena scoperti gettano luce su un capitolo altrimenti oscuro della storia della vita sulla Terra”, commenta Carlos Neto de Carvalho.

I fossili appenninici inducono a riconsiderare quali fattori potrebbero aver innescato la colonizzazione degli abissi.

Baucon e colleghi propongono che il fattore scatenante sia stato il massiccio apporto di materia organica verificatosi tra Giurassico e Cretacico.

La disponibilità di cibo favoriva gli organismi vermiformi che vivevano sul fondo. Questi, a loro volta, attiravano i pesci che li predavano grazie a specifiche tecniche di caccia. “Comportamento: è di questo che ‘parlano’ i nuovi fossili”, afferma Girolamo Lo Russo.

I ricercatori hanno utilizzato un approccio peculiare per interpretare i comportamenti di 130 milioni di anni fa.

“Ci siamo rivolti ai mari attuali”, dice Fernando Muñiz. Baucon e colleghi hanno studiato il comportamento dei pesci direttamente nel loro habitat.

“La chiave era nei litorali spagnoli ed italiani”, rivela Zain Belaústegui, riferendosi alle osservazioni a Spotorno, Paraggi (Liguria) e nella Laguna di Grado (Friuli-Venezia Giulia).

“L’osservazione dei pesci moderni è stata illuminante” conferma Chiara Fioroni. Gli scienziati hanno esplorato le profondità dell’Oceano Pacifico per studiare le chimere, o squali fantasma. “A 1500 metri di profondità abbiamo incontrato una chimera che affondava la bocca nel sedimento. È stato uno sguardo al passato!” dice Thomas Linley.

I nuovi fossili sono identici alle strutture prodotte dai pesci moderni che si nutrono grattando o aspirando i sedimenti. Questo ricorda i Neoteleostei, il gruppo di vertebrati che include i moderni ‘pesci-lucertola’ (Bathysaurus). “Una caratteristica chiave dei Neoteleostei è l’apparato di alimentazione per aspirazione altamente sviluppato; i fossili appenninici potrebbero rappresentare una fase molto precoce della diversificazione dei Neoteleostei”, spiega Imants Priede.

“Il presente è la chiave per il passato… e viceversa!” dice Mário Cachão. I fossili appena scoperti potrebbero rappresentare il primo passo nelle origini della biodiversità dei vertebrati abissali.

“I pesci sono un componente importante degli ecosistemi abissali attuali”, rivela Armando Piccinini. Questi ecosistemi avrebbero le proprie radici nei fossili appenninici, che testimoniano un evento fondamentale nella storia degli oceani.

“I fossili appena scoperti riscrivono il ‘come’ ed il ‘quando’ della colonizzazione degli abissi. Essi contengono indizi fondamentali sulla presenza dei primissimi vertebrati di mare profondo, con importanti implicazioni non solo per le Scienze della Terra ma anche per le Scienze della Vita”, riassume Andrea Baucon.

Lo studio ha beneficiato della collaborazione di istituzioni scientifiche italiane (Università di Genova, Modena e Reggio Emilia, Padova, Pisa, Parma; Museo di Storia Naturale di Piacenza; Museo di Scienze Naturali dell’Alto Adige), Portogallo (Geoparco UNESCO Naturtejo; Università di Lisbona), Inghilterra (Università di Newcastle), Spagna (Università di Siviglia e Barcellona), Australia (Università dell’Australia Occidentale), Scozia (Università di Aberdeen). Lo studio ha beneficiato di un significativo finanziamento da parte della Fondazione per la Scienza e la Tecnologia attraverso fondi nazionali (PIDDAC)

Il nuovo studio sarà presentato al pubblico e alla stampa nel corso di due conferenze presso il Museo di Storia Naturale di Piacenza (via Scalabrini 107, Piacenza). Le conferenze saranno presentate da Andrea Baucon, primo autore dello studio:

Conferenza stampa: venerdì 22 Settembre 2023, 11.00. L’intervento è mirato ai giornalisti. In presenza dell’Assessore Fiazza.

Presentazione pubblica: venerdì 22 Settembre 2023, 18.00. La presentazione è mirata al grande pubblico ed ai giornalisti.

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