Aree pubbliche 24 Gennaio 2019

Lettera aperta: “Cosa c’entra un ristorante giapponese col museo della città?”

“Spettabile Assessore alla Cultura Francesco Belais,

Amo sia Livorno ed il suo Museo della Città, ed altrettanto il Giappone e la sua cultura per numerosi motivi inerenti ai miei studi ed al mio attuale lavoro di scenografo e decoratore.

Avendo avuto modo di lavorare anche nel campo degli allestimenti museografici, non posso che ammirare la cura e la perizia dell’ allestimento del nostro nuovo Museo della Città, ed inoltre avendo avuto l’esperienza piacevole di riordinare nel 1999 il deposito delle opere d’arte del Comune dei Bottini dell’Olio da cui provengono gli oggetti esposti, mi sento legato in qualche modo ad esso.

Amo altrettanto il Giappone e la sua cultura, in tutti i suoi innumerevoli aspetti, per la mia formazione universitaria e tra l’altro insegnando Origami e scrivendo Haiku da molti anni ( fino a poche settimane fa era esposta la mia installazione “Yugen” presso la Libreria La Feltrinelli) .

Ma mi domando in sintesi , come farebbe il mio omonimo Di Pietro: ” Che c’azzecca un Sushi Bar con il Museo della città di Livorno?

La storia della nostra città, le numerose “nazioni” che l’hanno generata, sono raccontate anche nei suoi cibi, luoghi e uomini: forse non tutti sanno che il pesce è arrivato sui nostri tavoli solo con l’arrivo a Livorno dei pescatori napoletani fuggiti dai Borbone nell’800 e fino ad allora la cucina livornese era di ispirazione “agreste”, numerosi sono i piatti portati dalla nazione ebraica come le roschette, il nome stesso del Cacciucco è di origine araba, luoghi scomparsi come la “Casina delle Ostriche” ospitarono anche sovrani per cibarsi delle gustose ostriche, coltivate numerose nei fossi reali o il magazzino della Venezia ove si lavoravano le bacche di ginepro, ancora esistente, legato al libro della Fallaci “Il cappello pieno di ciliege”, aneddoti come quello che racconta che appena acquisito il bosco omonimo dai Frati Cappuccini fu innaffiato di vino rosso per “concimarlo”.

Soprattutto nostra città non mancano alimenti e professionisti del cibo e della cucina abili e competenti, che continuano a raccontare gli aspetti culturali e sociali, gli odori, i sapori, la convivialità, che descrivono le numerose sfaccettature della nostra storia, per questo sembra singolare che ci si affidi in questo contesto in modo distratto e banale ad aspetti culinari “di moda” , non affini culturalmente , dissonanti e stonati rispetto al bel racconto proposto dal nostro nuovo Museo della Città.

Quindi, per esser chiari, nulla contro la cucina giapponese, ma in un museo della città livornese… che c’azzecca? Perché rinunciare a raccontare la nostra città anche con il cibo?

Se vuole:

“Sushi wa Livorno bijutsukan todo no yona kankei ga arimasu ka?”

Che c’entra il sushi con il museo di Livorno?

Amichevolmente la saluto”.

Antonio Morozzi