Mani tese spuntano fuori dall’acqua in Venezia. E’ una installazione sui migranti
L'Autore: "Sono tredici esattamente come i commensali all'Ultima Cena“
Livorno 17 agosto 2020 – Tredici mani spuntano dall’acqua del fosso della Venezia assieme ad giubbotto di salvataggio ed un salvagente.
Si tratta di una installazione abusiva rivendicata da un artista che si fa chiamare Sughero.
Il nome deriva dal materiale con cui l’opera è stata realizzata, il sughero.
Nell’installazione posta sul fosso del viale Caprera, non nuovo a questo genere di inziative, sono rappresentate 13 mani che escono dall’acqua e che chiedono auito. Cè una corda legata a una boa, poi più lontani un salvagente e un giubbotto di salvataggio
L’autore con le mani tese dei migranti ha voluto simboleggiare “la povertà e la disperazione dei migranti, del continente da cui, sono costretti a partire.
Le mani nell’acqua riescono ad aggrapparsi alle corde ma questo non produce risposte. e raccontano degli altri continenti e della loro indifferenza”.
L’Artista continua con le sue “provocazioni” artistiche:
«Le mani sono tredici, esattamente come i commensali all’Ultima Cena:
una voluta sottolineatura all’ipocrisia di un cristianesimo soltanto esibito e non realmente vissuto e messo in pratica; da chi sbandiera corone del rosario e si appella al cuore immacolato di Maria. E poi calpesta e rinnega anche i fondamentali, semplici, essenziali messaggi evangelici, messaggi che; non hanno a che fare con il credo religioso, ma con la semplice, essenziale, fondamentale solidarietà umana”.