Cronaca 24 Ottobre 2020

PC Livorno: “Non serve puntare il dito, serve ripensare la società”

cambiare la societàLivorno 24 ottobre 2020

CAMBIARE LA SOCIETÀ – I fatti di Livorno

“I recenti fatti di piazza Attias dovrebbero imporre alla politica una riflessione sulla complessità del momento che stiamo vivendo, soprattutto sull’effetto che tutta questa situazione può avere sulle nuove generazioni.

Del resto la politica non è – o, almeno, non dovrebbe essere – un mero mezzo per commentare fatti di cronaca, cavalcando lo sdegno e le emotività positive o negative che essi generano, ma lo strumento per tentare di capire da dove nascano i problemi e come sia possibile creare le condizioni perché in futuro non si ripetano più.

Per dire ovvietà, come, per esempio, che i delinquenti vanno arrestati, o per gli inutili moralismi, ci sono già altre figure, come il papa ed una fila interminabile di opinionisti da talk show ai quali, davvero, non aspiriamo a rubare il mestiere.

Dunque, come si diceva inizialmente, rimane lo spazio necessario per analizzare i contesti nei quali certe situazioni spiacevoli si sviluppano ed individuare quali strumenti abbia la politica per tentare di risolverle, atto diametralmente opposto dal cavalcarle e speculare mediaticamente per ricevere in cambio consensi e visibilità.

Come partito che guarda ai giovani, dobbiamo quindi registrare in quale contesto certi fatti si verificano oggi.

Attualmente l’assenza di uno Stato capace di far comprendere alle persone cosa stia realmente accadendo e, soprattutto, capace di prendersi le proprie responsabilità nella gestione della situazione ha generato il caos, che, a livello mediatico, ha prodotto una narrazione compulsiva e schizofrenica che salta dagli allarmismi in perfetto stile catastrofista fino ai negazionisti, passando, ovviamente, per la minimizzazione “politicamente corretta”.

Questo atteggiamento dissociativo, per quanto irrazionale, non deve tuttavia sorprenderci: ormai siamo consapevoli del fatto che i media sono pronti a spettacolarizzare ogni cosa e che sono capaci, per mestiere e per profitto, di dire tutto e il contrario di tutto.

Quello che invece non possiamo accettare è una politica assente che fa altrettanto e non si mostra unita neppure nel momento più drammatico, esibendo pochissimo senso di responsabilità.

Ed è esattamente in mezzo a tutta questa confusione che troviamo una generazione alla quale non è ancora stato ancora fatto capire se nei prossimi mesi potrà andare a scuola e come, se potrà fare sport e come, e, soprattutto, quali prospettive ha, visto che negli accordi con “mamma Europa” si trapela la svendita del suo stesso futuro.

Queste sono le condizioni nelle quali i giovani di oggi sono cresciuti.

E se qualcuno ritiene che i fatti accaduti in questi giorni siano totalmente indipendenti da questa operazione di contestualizzazione, allora sbaglia, perché, tanto il ragazzo che si interessa attivamente di politica, quanto il ragazzo che subisce passivamente quello che gli accade intorno, sono, questi, entrambi il prodotto dall’ambiente in cui vivono, un ambiente sempre più inospitale, sempre più intriso di pratiche e contenuti che determinano per questi ragazzi – e, in generale, per tutte quante le persone che vi vivono – un senso di alienazione pressoché totale, favorita dalla confusione di un sistema che svende la giustizia ed ogni altro valore (come la cultura, ad esempio) al mercato e al profitto, cosicché la nuova generazione possa essere finalmente ridotta a una semplice schiera di consumatori privi di autocoscienza.

In tutto ciò ritroviamo anche i “gregari” mandati allo sbaraglio dallo stesso sistema che servono, un sistema che compulsivamente cambia le regole del gioco di settimana in settimana senza porsi troppe domande, lasciando invece a chi è in prima linea il compito di portare il peso delle assurdità emanate.

Questo è il quadro complessivo, che non entra nello specifico delle vicende occorse, dove il lato personale e singolare può costituire l’ago della bilancia nel giudizio sull’effetto ma non sulla causa.

Viviamo nell’era nella quale leader come Salvini vengono costantemente proiettati dal mainstream nel mentre dicono che bisognava prevenire la seconda ondata, quando soltanto fino a pochi giorni fa dicevano che l’emergenza non sarebbe tornata; dove la “sinistra”, presa dalla smania pseudo-ideologica, si arrocca su posizioni apparentemente antitetiche alla destra, senza tuttavia operare mai un’analisi adeguata e tempestiva sui temi della quotidianità.

Ma, ancora di più, viviamo nell’era in cui chi governa non è pronto ad assumersi le proprie responsabilità, e noi cittadini, tutti, ne paghiamo le conseguenze.

Quindi cosa é successo all’Attias? Cosa in Venezia? Non siamo inquirenti e nemmeno veri o falsi abitanti della zona che hanno girato un video per ricavare cinque minuti di notorietà, ma persone che si fanno una domanda e cercano di darsi una risposta.

È ovvio che al di là del particolare caso o comportamento negativo da cui può scaturire il tutto, di fondo c’è una carenza strutturale e culturale di una società vuota che produce una politica altrettanto vuota, che non pensa ai diritti fondamentali, negati alle classi popolari, in un mondo che ha permesso ai potenti di arricchirsi sempre di più anche nel bel mezzo di una pandemia, dove l’individualismo costituisce ormai l’essenza stessa dell’umanità.

Per questo non ci sentiamo affatto in colpa se ci viene spontaneo domandarci come si possa pretendere il rispetto delle regole del vivere civile e come si possa ancora pensare che esista veramente una coscienza collettiva in tutta questa situazione.

Sui fatti specifici, poi, forse, ne sapremo di più. Al momento l’unica cosa sicura è il quadro detto nel quale si sono sviluppati”.

Lenny Bottai PC Livorno