Perini pubblica la lettera di Ahmed, chiedere sicurezza non è razzismo ma un diritto di italiani e stranieri
Livorno 9 settembre 2025 Perini pubblica la lettera di Ahmed, chiedere sicurezza non è razzismo ma un diritto di italiani e stranieri
Un grido che viene dal cuore della città, ma che parla con la voce di chi Livorno la vive da “nuovo livornese”. Alessandro Perini, consigliere comunale di Fratelli d’Italia, ha ricevuto e scelto di rendere pubblica una lettera scritta da Ahmed, un giovane straniero che vive a Livorno e che racconta, senza giri di parole, la delusione e la rabbia per una città che non riconosce più. Un tempo crocevia di popoli e di culture, oggi – secondo Ahmed – sempre più segnata da degrado, insicurezza e mancanza di risposte.
Perini utilizza questo racconto diretto e sincero per sottolineare quello che da tempo denuncia: non è razzismo chiedere più sicurezza, ma un diritto che spetta a tutti, italiani e stranieri.
Quella che segue è la lettera che Perini dichiara di aver ricevuto da Ahmed, un ragazzo che vive a Livorno. “Ho voluto pubblicarla perché spiega un concetto semplice, che Salvetti e la sinistra non vogliono capire: la sicurezza non è discriminazione, anzi è un bene di tutti i cittadini (perbene)”.
«Ciao Alessandro
Il mio pensiero corre a Livorno, la città che un tempo fu porto franco, crocevia di genti, di lingue, di commerci. Nel Seicento, grazie alla lungimiranza dei Medici, Livorno conobbe un grande ripopolamento. Fu allora che diventò cosmopolita: ebrei sefarditi, greci, armeni, francesi, inglesi, musulmani… tutti trovavano qui accoglienza e lavoro. Persino il cacciucco, piatto simbolo della città, affonda le sue radici nei Saraceni. Livorno era davvero un raro esempio di apertura e prosperità.
Per questo dico che conta dove si cresce, non solo dove si nasce.
Oggi, purtroppo, la realtà è ben diversa. La nostra città non è più quella capitale di convivenza e di speranza.
Vediamo degrado, vediamo insicurezza, vediamo quartieri abbandonati. La microcriminalità si infiltra ovunque: tossicodipendenza, rapine, molestie. Sono problemi profondi, che non si risolvono con slogan, problemi che assediano Livorno come un branco di coccodrilli.
Eppure, ogni volta che chiediamo più sicurezza, veniamo accusati: “neofascisti”, “razzisti”. No, amici miei! Non è odio ciò che chiediamo, non è esclusione. È diritto alla protezione, è giustizia, è rispetto delle regole.
La sicurezza non appartiene a una parte politica: la sicurezza è un bene comune, un patrimonio di tutti.
Anche la destra, oggi, non si limita a difendere i confini, ma si impegna a combattere il razzismo, cercando di costruire unione fra italiani e stranieri. Perché integrazione non significa anarchia. Integrazione significa dialogo fra culture, ma dentro leggi chiare, rispettate e fatte rispettare.
Guardiamo all’Australia: un paese multietnico, fatto di lingue diverse e di popoli venuti da lontano. Eppure lì c’è fermezza: regole precise, ordine, rispetto reciproco. È questo che permette la convivenza vera. Io stesso, nell’ottobre del 2019, ho avuto l’occasione di partecipare a un evento in Australia, e ho visto con i miei occhi quella realtà.
E allora chiediamolo anche per Livorno! Riqualifichiamo i quartieri più difficili, come via Bruno Giordano, segnata dal tragico caso di Denny, precipitato dal quarto piano. Guardiamo a Piazza Garibaldi, divenuta rifugio di spacciatori, e fermiamo l’avanzata del degrado che rischia di invadere via Grande fino ai Quattro Mori. Restituiamo dignità agli spazi, opportunità alle persone, sicurezza ai cittadini.
Non lo facciamo solo per noi. Lo facciamo per i nostri figli. Lo facciamo per i nostri nipoti. Lo facciamo perché Livorno torni ad essere ciò che è sempre stata: non una città divisa dalla paura, ma una città che guarda al futuro con coraggio, con ordine e con speranza.»