Livorno 2 gennaio 2024 Piazza Cavallotti: 30 boutique con prodotti Fendi, LV, YSL a pochi euro gestite da nordafricani, ma va tutto bene così
Le riflessioni di un lettore
Nel cuore di Livorno, nella centralissima Piazza Cavallotti, la scena si ripete puntualmente. Il 31 dicembre, alle ore 17, la piazza era popolata da una trentina di venditori, tutti di origine nordafricana, che esponevano senza remore merce contraffatta: borse, giacconi, scarpe, cappelli e magliette di marchi come Fendi, Louis Vuitton e YSL. Una vera e propria “boutique a cielo aperto” di prodotti taroccati, il tutto a prezzi irrisori.
Tolleranza o lassismo?
Certo, la tolleranza è importante, e per molti vendere qualcosa per tirare avanti è comprensibile. Ma qui si tratta di un fenomeno ben diverso: un mercato nero che si protrae da decenni, con prodotti contraffatti che mettono in crisi le aziende, i lavoratori del settore e l’intero tessuto economico locale.
Al mattino, questi venditori sono presenti tra i banchi del mercato, con la loro merce sistemata sopra dei teli in bella vista. Nel pomeriggio, invece, quando il mercato chiude, la piazza diventa il loro regno incontrastato. I teli vengono riaperti e la vendita continua indisturbata
Il gioco del gatto col topo
Il modus operandi è ormai consolidato. Appena arriva la municipale, i teli vengono chiusi in un lampo, la merce infilata nei sacchi, e si aspetta. Una volta che la pattuglia si allontana o termina il turno, i venditori riprendono a vendere come se nulla fosse. A volte, basta una telefonata da parte di un complice posizionato nelle vicinanze per avvisare del ritorno delle forze dell’ordine. E il rituale si ripete.
Domande senza risposta
Eppure, un controllo più approfondito sui contenuti di quei sacchi sarebbe possibile? O si preferisce tollerare questa situazione, lasciando che il problema rimanga irrisolto? È davvero questa la risposta giusta per una città come Livorno?
Rimane l’amarezza per una situazione che sembra normalizzata, ma che in realtà danneggia tutti: dalle aziende ai commercianti regolari, fino alla stessa immagine della città. È tempo di chiedersi se va davvero bene così.