Pirogassificatore: “Chiudere un occhio sull’impatto ambientale per 10 posti di lavoro?”
Buongiorno Livorno ricostruisce la vicenda dal 2016 ad oggi
Buongiorno Livorno su pirogassificatore, impatto ambientale e ricaduta occupazionale
“Livorno ancora una volta pattumiera della Toscana?”
Pare proprio di sì a giudicare dal progetto di costruzione di un nuovo pirogassificatore in zona Picchianti.
Un progetto che viene da lontano, la sua prima presentazione su territorio livornese risale al 2016, e che dimostra come le battaglie sui temi ambientali non possano mai ritenersi concluse.
Proviamo a fare un po’ di cronistoria in modo da far comprendere a chi legge anche come funzioni un impianto del genere.
Nel 2016 la società Pyrenergy voleva costruire a Livorno, all’interno delle aree del Porto Industriale dove era sita la ex Dow Chemical, al tempo ancora in attività, un impianto di pirogassificazione di rifiuti plastici, progettato per trattare le plastiche, “cuocendole” con calore indiretto, con l’obiettivo di ottenere da un lato un olio combustibile per usi marini (sicuramente con caratteristiche peggiori rispetto a quanto il mercato e la normativa ambientale consente), dall’altro nerofumo o Carbon-Black utilizzato nell’industria delle vernici, dei pneumatici o per la produzione di toner per stampanti, e infine syngas da bruciare in loco per scaldare a sua volta il forno in cui vengono pirolizzati i rifiuti e, solamente in secondo luogo, per produrre energia elettrica.
L’impianto si configurava quindi come “Smaltimento o recupero dei rifiuti in impianti di incenerimento dei rifiuti o in impianti di coincenerimento dei rifiuti” e quindi sicuramente sottoposto a valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e Autorizzazione Unica Ambientale (AIA). Sotto il profilo ambientale veniva riscontrato che le principali criticità di tale processo (dati i rifiuti utilizzati) erano nel bilancio del cloro ma – guarda caso – il proponente dichiarava di non prevedere un monitoraggio del cloro nelle emissioni dalla combustione del syngas.
La documentazione presentata veniva ritenuta insoddisfacente e carente di varie parti e l’iter del progetto si fermò.
Ma come ogni buon tormentone estivo che si rispetti, dopo un secondo tentativo nel 2017, ecco che di nuovo, a luglio 2018, rispunta un nuovo progetto, leggermente modificato.
L’area individuata non è più nel porto ma nelle vicinanze dell’inceneritore (così l’impianto pirolitico stavolta viene paragonato alle già pessime condizioni ambientali della zona e non più alle navi in porto) e magicamente sparisce la definizione rifiuti, per cercare di bypassare le norme molto restrittive con cui si era scontrato in precedenza.
Pur descrivendo le identiche materie in ingresso all’impianto stavolta vengono classificate come Materie Prime Seconde e più nel dettaglio materie plastiche da raccolta differenziata – frazione leggera da demolizione autoveicoli e scarti di plastica di varia provenienza – per ottenere comunque gli stessi prodotti finali già descritti nelle due precedenti versioni.
“Cosa c’è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo”.
La normativa ambientale
Nella normativa ambientale, anche senza scomodare Shakespeare, alla luce delle novità apportate dall’art. 184-ter del D.Lgs 152/06 e smi, un rifiuto smette di essere considerato tale se soddisfa le seguenti condizioni:
a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
Le riflessioni di BuongiornoLivorno
Se ci concentriamo sul punto d) è lampante che questo non non è il caso del progetto di Pyrenergy.
Inoltre è indubbio che utilizzare materiali selezionati e ben differenziati per incenerimento sia una delle scelte meno sostenibili, perché come ci insegnano i consorzi del recupero come il Co.Re.Pla, le materie prime seconde plastiche oggi trovano vasto impiego nella realizzazione di manufatti per l’edilizia (tubi, interruttori, canaline, ecc), l’arredamento (componenti per sedie e mobili) l’automotive (vari componenti stampati), l’agricoltura (tubi per irrigazione, vasi) e in alcuni casi tornano a essere imballaggi (cassette e flaconi per detersivi e detergenza domestica, pallet). Un’economia circolare da sostenere e incentivare, al contrario dell’incenerimento.
Sarebbe esilarante, se non ci fosse da piangere per tutta questa situazione, lo sbandieramento che si è fatto, in tutti gli anni di presentazione, della grande valenza sociale di tale impianto, che riuscirebbe a dare lavoro a ben 20 persone (sulla carta, che poi in pratica diventerebbero al massimo 10), tale che quasi si possa chiudere un occhio sul rischio ambientale a cui l’area di insediamento di tale impianto sarebbe sottoposta.
Ora non ci resta che sperare che gli enti competenti a cui sono richiesti i pareri tecnici per la valutazione ambientale del progetto, per una terza volta, pongano dei giudizi tali da stopparlo di nuovo (ricordiamo che l’area del Picchianti in questione è privata e non pubblica).
Da parte nostra garantiamo che faremo tutta la pressione politica possibile affinché sia l’amministrazione comunale che quella regionale si rendano conto della gravità di questo progetto.
Non c’è due senza tre, e purtroppo il quattro vien da sé. Ma bruciare le plastiche a casa nostra, anche NO!”
Il direttivo di BuongiornoLivorno