Recensioni – “Impossibile”, Erri De Luca si cimenta con un genere “giallo filosofico”, ricco di rimandi personali
“Non è mai troppo tardi per leggere un buon libro”
Livorno 22 dicembre 2022 – “Non è mai troppo tardi per leggere un buon libro”
Rubrica di recensioni, a cura dello scrittore e traduttore Maurizio Grasso.
Non sono sempre necessariamente recensioni di libri appena usciti, ma di “buoni libri”.
Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere “Impossibile” di Erri De Luca
Con Impossibile, Erri De Luca si cimenta con un genere che definirei “giallo filosofico”, ricco di rimandi personali.
Un uomo non più giovane, appassionato di montagna, operaio in fabbrica, si trova su una cengia delle Dolomiti. È una sorta di “asceta laico”. Ama andare sulle cime solo, perché ha bisogno di ritrovare quel senso di assoluto che soltanto luoghi poco accessibili come quelli sanno trasmettere. Lassù vede il mondo come era prima della sua generazione e come sarà dopo di essa. E, come lui stesso dice di sé, «posso con una salita andare finché non c’è più niente da salire».
Ma c’è un altro escursionista alle sue spalle, più veloce. L’uomo preferisce, in questi casi, lasciarsi superare anziché ingaggiare una sciocca gara a chi arriva per primo in vetta. Lo fa, senza prestare attenzione all’altro.
Accade però che, in un punto del pericoloso balcone di roccia esposto nel vuoto, l’uomo anziano trovi una frana che interrompe l’angusto sentiero. È costretto a tornare sui suoi passi. Prima di fare marcia indietro, però, si affaccia sul fondo di quel precipizio, intravede vestiario umano. Capisce cosa è successo. Chiama subito il soccorso.
L’indomani, verrà a scoprire dai giornali che la persona precipitata era un collaboratore di giustizia. Decenni prima, con le sue testimonianze, aveva contribuito a far condannare l’uomo, insieme ad altri compagni di lotta, a svariati anni di galera. Un compagno egli stesso, e dei più fidati. Suo intimo sodale, nel movimento rivoluzionario dove l’uomo della cengia ha militato per molti anni da giovane.
Casualità o coincidenza voluta? Tragica fatalità o omicidio premeditato? Il passato dei due uomini, il morto e il superstite, viene esaminato sotto la lente dagli inquirenti; li sospinge sulla pista del delitto col movente della vendetta. La coincidenza casuale è giudicata “impossibile”.
Così, da testimone, l’anziano rocciatore si trasforma in imputato e cerca di difendere la sua verità. Quale? L’impossibile accade continuamente sotto gli occhi di tutti senza che nessuno se ne accorga.
Un giovane magistrato, che ne sancisce il fermo giudiziario e la custodia in cella di isolamento, mira a strappargli un’ammissione di colpa, inutilmente. L’uomo viene sollecitato nel lato della sua selvaticheria, riscopre antiche ostinazioni e reticenze. Per esempio quando, a scuola, durante le interrogazioni, era spinto a dire meno di quanto sapesse e a prendere voti più bassi di quanto meritasse.
La narrazione si sviluppa come un dialogo socratico. Da una parte il magistrato, convinto della fondatezza della propria accusa di omicidio premeditato. Dall’altra l’imputato che, senza fare concessioni, ribatte colpo su colpo alle argomentazioni di quello che per lui, secondo un antico gergo, è lo “Stato”.
Progressivamente gli incontri perdono il carattere di procedurale sequenza di domande e risposte. Si addentrano nelle concezioni degli interlocutori che, in qualche modo, nella pura dialettica delle idee ritrovano la parità che i loro ruoli negano. È un contraddittorio sul senso della politica, sulla scala dei principi morali, tra due sistemi, tra due menti ostinate che cercano di vincere. Ma vincere nel mondo delle idee, questo sì, è impossibile.
Il finale non si può rivelare a un futuro lettore. I tentativi del magistrato di far capitolare l’imputato, di ottenerne una confessione sia pure nel quadro di una mitigazione del crimine, derubricato a omicidio per legittima difesa, trasformano il racconto in un poliziesco. Si può dire però che esso resta aperto. Tra i due non si chiudono concetti come verità, lealtà, innocenza, giustizia. Diverse visioni della società e della vita continuano a tenere questi uomini su sponde opposte, irraggiungibili.
A intervallare gli interrogatori, ci sono lettere che il detenuto scrive a una donna, che chiama “Ammoremio”. In queste lettere, più che raccontare il proprio presente di recluso, cerca di mettere in luce il senso profondo del loro rapporto. Anche col ricordo, col concorso di dettagli in apparenza futili. Le scrive ma non le spedirà, si ripromette di consegnarle a mano perché è convinto della propria innocenza e di riavere presto la libertà.
Fin qui è invenzione, ma chi è lettore assiduo di De Luca sa che c’è anche tanta autobiografia. L’amore per la montagna, l’impegno politico da giovane fino al carcere, un passato da operaio tra cento altri lavori. Quest’uomo solitario che tanto somiglia al suo autore potrebbe essere un futuro mai realizzato dello stesso Erri. Naturalmente, se non avesse scoperto la terapia (o l’amore) della scrittura. Se non avesse incontrato, con la sua poesia, il consenso di un pubblico (forse) più affezionato che vasto.
Anche senza le didascalie di un testo teatrale, la struttura di Impossibile è più simile a un microdramma che non a un classico racconto. In certe parti mi ha ricordato Barbablù di Max Frisch; è la storia di un medico pluridivorziato che a sorpresa viene messo sotto accusa da un giudice per l’omicidio delle sue tante mogli.
De Luca torna su un argomento che per lui resta a quanto pare doloroso, vista la partecipazione con cui il suo anonimo personaggio lo affronta nei dialoghi e nelle riflessioni. Torna a fare i conti col suo passato, costretto da una Storia che ha sempre fretta di girare pagina. Ha archiviato i cosiddetti anni di piombo in una pagina dei suoi annali, ormai consultabile solo da specialisti in archivi polverosi ma morta per sempre. Quando parla della sua come della generazione più condannata della storia della Repubblica, è evidente che quella ferita non è del tutto rimarginata. È «parte in causa di un’epoca sconfitta e superata», come dice all’imputato il giudice a conclusione dell’istruttoria.
Erri De Luca, come uomo e come scrittore, difende le sue utopie giovanili, cerca di attualizzarle in un ambito più filosofico e umanitario che politico. Come sempre con i libri dell’autore napoletano, si ritrova una prosa densa di immagini, di riflessioni. Di amore per la lingua italiana che si esprime non solo accarezzandola, ma anche giocandoci.