Recensioni – Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere “Avventure della racazza cattiva”
Livorno 6 maggio 2025 Recensioni – Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere “Avventure della racazza cattiva”
“Non è mai troppo tardi per leggere un buon libro”
Rubrica di recensioni, a cura dello scrittore e traduttore Maurizio Grasso.
Non sono sempre necessariamente recensioni di libri appena usciti, ma di “buoni libri”.
Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere “Avventure della ragazza cattiva” di Mario Vargas LLosa
Ad aprile ci ha lasciato Mario Vargas Llosa, premio Nobel peruviano, figura controversa ma comunque di primo piano della cultura latinoamericana. Se lo scrittore Vargas Llosa ha raccolto grandi apprezzamenti, l’uomo è stato definito di volta in volta opportunista, traditore. Per il primo epiteto, vedasi il suo brusco passaggio dalle simpatie comuniste a posizioni liberiste e conservatrici. Per il secondo, basta guardare una sua foto da giovane per capire che Mario era un simpatico (non per le mogli) fedifrago, un impenitente dongiovanni, sebbene uno dei suoi matrimoni, il secondo, formalmente sia durato mezzo secolo. Del resto e come noto, l’eros non è mai mancato nei suoi libri e certamente non latita in questo.
Eppure, raramente come in Avventure della ragazza cattiva, Mario Vargas Llosa è stato in grado di commuovere, di entrare in sintonia col lettore, sia nella prima parte, dove descrive le avventure (non è un’iperbole, semmai un eufemismo) della “ragazza cattiva” e i dolori del suo indefesso innamorato, sia soprattutto nella seconda, quando l’avventura si trasforma in dramma proprio sul crinale dell’esistenza in cui una “donna fatale” non ha più l’appeal per architettare grandi cospirazioni e perdipiù la dea bendata le ha voltato le spalle. Il fatto è che la “ragazza cattiva” è intrisa di un bovarismo assai più raffinato e spregiudicato di quello incarnato dalla Emma di Flaubert che, nondimeno, con la sua tragica parabola di ricerca della felicità, resta la figura ispiratrice di Vargas Llosa.
Avventure della ragazza cattiva è la storia di un amore quarantennale, tanto caparbio quanto frustrante, di un uomo verso una donna dal cuore inaccessibile, per lui come per chiunque, una creatura che lo guarda dall’alto come una regina un vassallo, che per magnanimità gli concede qualche carezza come una signora al suo barboncino, che non lo prende mai sul serio, come se avesse in testa ben altro.
È una presenza che lo insegue ovunque vada, a Lima da ragazzo, a Parigi da giovane uomo, a Londra prossimo ai quarant’anni, a Madrid superati i cinquanta. Ogni volta lei ha una nazionalità e un nome diversi. Ogni volta è salita più su nella scala sociale. E il protagonista se ne scopre sempre più inguaribilmente innamorato, perché la sua sola ambizione «era avere lei, con tutte le sue bugie, i suoi imbrogli, il suo egoismo e le sue sparizioni». La ragazza cattiva appare e scompare dalla vita di quest’uomo come un fuoco fatuo, la incendia di felicità per periodi effimeri, poi la lascia amorfa come un effetto down e, soprattutto, vaccinata contro qualunque altro amore.
Se l’io narrante somiglia al Philip Carey di Schiavo d’amore di Somerset Maugham, la “ragazza cattiva” non ha nulla di Mildred Rogers, l’ossessione di Philip, è una creatura sciatta e calcolatrice, capace solo di una passionalità dozzinale. Lily-Arlette-Kuriko-Otilia (i nomi che conosciamo della protagonista femminile nella storia) per la sua intangibilità ricorda un po’ la Holly Golightly di Colazione da Tiffany, dove c’è un altro io narrante nonché spasimante sfortunato, il suo vicino di casa Joe, che però non fa nulla per conquistarla e si limita a contemplarla in servile silenzio.
Come Holly si fa largo tra adulatori e situazioni sgradevoli per puntare a un obiettivo oscuro per tutti fuorché per lei, così la niña mala fa leva sul suo fascino per progredire nella sua sola ambizione: allontanarsi il più possibile dalla miseria nativa.
Da ragazzina cerca di scrollarsi di dosso la povertà della famiglia spacciandosi per evoluta cilena, da giovane donna fugge dal Perù e accetta di andare a Parigi come “borsista rivoluzionaria”. Poi, per sottrarsi alla militanza di basso profilo, diventa la compagna di un comandante rivoluzionario, al solo scopo di iniziare a sentirsi importante. E via di seguito nella sua arrampicata sociale. Madame Arnoux a Parigi, Mrs Richardson a Newmarket. Il primo è un funzionario dell’Unesco, il secondo un ricco inglese. Finisce perfino in Giappone, dove si riduce a fare il corriere di merci illegali per una specie di gangster le cui perversioni sessuali le lasceranno segni indelebili. Sarà l’inizio della sua parabola discendente.
La niña mala cambia continuamente identità come una Mata Hari.
È l’incarnazione di un eterno femminino attualizzato, come l’Elena di Menelao e di Paride lo fu nell’era degli aedi. Il problema di questa donna è che il suo obiettivo, come quello di Emma Bovary, è forse visibile all’orizzonte ma come l’orizzonte irraggiungibile. Non si sfugge al prezzo che bisogna pagare per l’emancipazione sociale e la ricchezza. Il prezzo che lei pagherà per la sua eterna irrequietezza e insoddisfazione sarà il più alto possibile.
Ricardo Somocurcio racconta in prima persona la sua pluridecennale sbandata per la niña mala. La ragazza cattiva appare nella vita di Ricardo agli albori della sua adolescenza e vi resta fino alle prime avvertenze della vecchiaia.
In fondo, Ricardo è il solo amante ricorrente di questa femme fatale, di cui tuttavia raccoglierà solo le briciole del suo tempo. Ha avuto qualche volta il suo corpo, ma non ha mai avuto il suo amore. La sua confidenza sì, l’affetto che si prova di volta in volta per un servo fedele, per un amico incomparabile, per un marito ingiustamente cornificato.
Sullo sfondo delle avventure della ragazza cattiva e, di riflesso, delle pene d’amore del niño bueno, scorrono i cambiamenti culturali tra gli anni Sessanta e Settanta: lo Strutturalismo francese, il Sessantotto parigino, la minigonna, la Swinging London e il Flower Power inglesi. Nouvelle Vague e cannabis, Rive Gauche e Carnaby Street. E un’oscura malattia immunitaria a cui più tardi avrebbero dato il generico nome di AIDS. E scorrono anche gli stessi palcoscenici della vita dello scrittore, le sue predilezioni letterarie e artistiche, insomma una parte consistente della sua esistenza.
Ricardo Somocurcio è Mario Vargas Llosa? Non credo.
Ci sono alcune inevitabili analogie tra il personaggio e il suo autore, non tali tuttavia da poterlo considerare un alter ego. Sono coetanei, entrambi hanno studiato diritto, ma lo scrittore peruviano non si è mai laureato. Entrambi hanno avuto un lungo soggiorno a Parigi attorno ai venticinque anni, Mario però si era già sposato ed era in Francia con la sua prima moglie. Malgrado tutto, Ricardo abita i luoghi e i tempi topici di Vargas Llosa ma, per così dire, in tono minore, come una biforcazione sfortunata che l’autore peruviano non ha mai imboccato.
Non c’è relazione tra Vargas Llosa e il realismo magico di Amado e Garcia Marquez. Ciò nonostante, nella ragazza cattiva (e anche in altre figure minori), lo scrittore ha ritratto un personaggio decisamente sopra le righe; l’ha modellata con pennellate espressioniste che lasciano trasparire l’appartenenza latinoamericana di questo autore che, per il resto, è stato un cosmopolita, una sorta di Nabokov ispanico.