Recensioni – Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere “Va’ metti una sentinella” di Harper Lee
“Non è mai troppo tardi per leggere un buon libro”
“Non è mai troppo tardi per leggere un buon libro”
Rubrica di recensioni, a cura dello scrittore e traduttore Maurizio Grasso.
Non sono sempre necessariamente recensioni di libri appena usciti, ma di “buoni libri”.
Oggi Maurizio Grasso vi farà conoscere “Va’ metti una sentinella” di Harper Lee
Per oltre mezzo secolo si è creduto che Harper Lee avesse scritto un unico romanzo. Il buio oltre la siepe è uno dei capolavori della letteratura americana del Novecento. Senonché, pochi anni fa un legale della scrittrice statunitense trovò in una cassetta di sicurezza un manoscritto inedito. Intitolato Go Set a Watchman, risultò in seguito essere il primo romanzo da lei scritto.
Così nel 2015 è assurto agli onori delle cronache Va’ metti una sentinella (citazione da Isaia, 21, 6), subito tradotto in italiano da Feltrinelli. Il romanzo sembra il sequel de Il buio oltre la siepe, perché ha al centro la famiglia Finch, collocata quindici anni più avanti nel tempo.
Jean Louise Finch, alias Scout, ventisei anni, torna da New York, dove vive, per una breve vacanza a Maycomb, sua contea natale in Alabama. In soli tre giorni, però, la sua mitologia della famiglia crolla. In particolare il culto di suo padre Atticus, dei suoi valori, dell’umanità sempre mostrata verso la gente di colore. Il suo istinto la indurrebbe a lasciare per sempre il luogo che l’ha vista crescere; ma un colloquio finale con l’estroso, lungimirante zio Jack, medico in pensione, la farà ricredere. Nel profondo Sud degli States il clima sociale è peggiorato. Sono gli anni del boicottaggio degli autobus a Montgomery, successivo agli arresti di Claudette Colvin e soprattutto di Rosa Parks. Quest’ultima diventò celebre perché si era rifiutata di cedere il suo posto a un bianco su un bus.
Quando l’autrice propose il manoscritto a un editore nel 1957, se lo vide rifiutare. A quanto sembra, l’editore le suggerì di riscriverlo ambientandolo nell’infanzia di Jean Louise. Un consiglio per certi versi salutare, senza il quale Il buio oltre la siepe non avrebbe mai visto la luce. Ma i meriti di Va’ metti una sentinella restano intatti e sono molti: artistici, sociologici, umanitari.
C’è da osservare che in questo testo la prosa della Lee è ancora influenzata da quella del suo amico di infanzia Truman Capote. All’epoca Capote era già famoso come scrittore, e per qualche tempo Harper gli fece da assistente a New York. C’è molto humour, una certa rilassata leggerezza, nessun evento veramente traumatico a parte gli scrupoli laceranti della protagonista. Non si è ancora coagulata quell’atmosfera lugubremente magica che ritroveremo a breve nel romanzo che le ha dato fama immortale. Ma c’è — ed è dominante — il tema del razzismo, endemico nello stato dell’Alabama. Un male che colpiva anche i bianchi illuminati, tra i quali era il padre di Harper, Asama, trasfigurato nella figura leggendaria dell’avvocato Atticus Finch.
Jean Louise torna dalla metropoli che ha finito di sprovincializzarla e non riconosce più la contea in cui è cresciuta. Il nascente Movimento per i diritti civili degli afroamericani ha acuito le contraddizioni causate dal segregazionismo e in tutto lo Stato le tensioni sono palpabili. I “negri”, come li chiama la gente “per bene” di Maycomb, si sono fatti “montare la testa” da certi avvocati di colore del Nordest; ora è impossibile trattare con loro. Tutto questo fa orrore a Jean Louise – Harper, la quale ci sta in realtà raccontando la “sua” storia di emancipazione. È una mentalità che trova — e fa trovare al suo personaggio — semplicemente disgustosa.
Va’ metti una sentinella è un libro autenticamente autobiografico quanto Il buio oltre la siepe. Lo è doppiamente. Se in quest’ultimo c’è l’infanzia di Harper, nel primo ci sono la giovinezza, le idee libertarie. La battaglia interiore tra l’amore atavico per la sua terra e il disprezzo per la mentalità della sua gente. Le posizioni umanitarie che l’autrice presta alla protagonista sono il vero nucleo della vicenda. Probabilmente scoraggiarono l’editore dal pubblicare un’opera così fortemente connotata sotto l’aspetto ideologico, largamente imperniata sullo scontro generazionale tra Finch figlia e Finch padre.
Ci sono tanti echi del romanzo che sarà pubblicato solo tre anni dopo, con immenso successo di critica e di pubblico. La ventiseienne ricorda il clamoroso processo in cui il padre non solo difese ma fece assolvere un nero accusato di aver violentato una ragazza bianca. Quel processo, visto con gli occhi della Scout bambina, è come noto il nucleo de Il buio oltre la siepe. Nel romanzo rimasto a lungo inedito la condanna del clima segregazionista in Alabama assume tratti marcatamente intellettuali; in quello pubblicato nel 1960 è filtrata dall’ingenua spontaneità di una ragazzina ammirata dal contegno del padre, ben lontana dalle argomentazioni razionali di un adulto.
Come è diverso il Sud di Harper Lee da quello di un’altra grande narratrice di quelle parti, Flannery O’Connor! Con la O’Connor ci sei dentro e non sei spinto a chiederti perché le cose vanno così, cioè come sono sempre andate. Con la Lee, al contrario, questo mondo nato con un gigantesco peccato originale è osservato al microscopio. Harper lo fa impietosamente, con il disgusto di chi ha la fobia degli insetti. Alla fine della storia, soltanto gli affetti familiari si salvano.
Questo Sud anni Cinquanta, un secolo dopo l’abrogazione della schiavitù, si sente ancora sotto attacco nel suo DNA. È un Sud WASP fino al midollo, dove maccartismo, antipapismo e segregazionismo si saldano. Sono donne e uomini imbevuti dei loro pregiudizi e costruiti sul mito di fondazione di uno Stato nello Stato. L’esito infausto della Guerra Civile non li ha cancellati dalla loro memoria. Per loro, dunque, comunisti, cattolici e neri sono un tutt’uno: tre volti di uno stesso nemico dell’America — beninteso, la loro America.
Questo romanzo non è soltanto la pietra di scarto dell’altro, quello famoso e “considerato”. È molto di più, è una lettura avvincente e un’opera letteraria compiuta. Quando uscì pochi anni fa, suscitò un acceso dibattito che coinvolse molti lettori. Non riuscivano ad accettare questo “nuovo” Atticus Finch, di cui la Lee ci rivela aspetti inattesi e sconcertanti. Il suo eroe infantile aveva difeso e fatto assolvere un nero innocente, in onore alla civiltà giuridica e contro la giustizia sommaria fondata sul pregiudizio. Ma era pur sempre accaduto all’interno di un paternalismo vetero-confederato di cui lui era un estremo e gli esponenti del Ku Klux Klan l’altro.
Il buio oltre la siepe resta un’opera letteraria innovativa, coraggiosa, perfetta. Ma Va’ metti una sentinella è il vero libro che a mio avviso Harper Lee avrebbe voluto pubblicare. In fondo, se non diede più nulla alle stampe, fu anche perché ciò che aveva dentro era stato già espresso. Harper Lee non è una di quelle narratrici che vivono di parole e di invenzione. Per lei la scrittura assume un senso per il solo fatto di parlare della vita e dell’esperienza, ma non quella altrui: la propria.