Politica 12 Giugno 2025

Saper guardare il fenomeno migratorio fuori dallo scontro ideologico: il risultato del referendum cittadinanza nel nostro Paese fa riflettere.

Saper guardare il fenomeno migratorio fuori dallo scontro ideologico: il risultato del referendum cittadinanza nel nostro Paese fa riflettere.Livorno 12 giugno 2025 Saper guardare il fenomeno migratorio fuori dallo scontro ideologico: il risultato del referendum cittadinanza nel nostro Paese fa riflettere.

Il risultato del referendum sulla cittadinanza nel nostro Paese, pur non avendo raggiunto il quorum, ci fa capire quanto il fenomeno migratorio rimanga ancorato più a logiche di schieramento ideologico e meno ad analisi oggettive e realistiche capaci di riflettere sul fenomeno con uno sguardo ampio, capace di sviluppare soluzioni capaci di gestirlo.

Le migrazioni, si sa, sono un fenomeno strutturale legato prevalentemente alla fuga di migliaia di persone da contesti di guerra, fame, limitazione o non rispetto dei diritti umani fondamentali. Si tratta di un fenomeno irreversibile che negli anni diventerà sempre più diffuso e frequente che richiede soprattutto di essere gestito, sia a livello globale, sia in ambito locale.

Negli ultimi 30 anni l’Italia è stata attraversata da importanti fenomeni migratori che hanno determinato impatti sociali, economici e culturali profondi. Oggi la popolazione con cittadinanza di un paese straniero costituisce il 10%, contro il dato dell’1,7% degli anni 90’. Ciò ha fatto sì che il tema del fenomeno migratorio diventasse un argomento caldo del dibattito pubblico, alimentando pulsioni xenofobe, sospinte, soprattutto dai media e dai partiti politici di destra.

L’approccio politico, ideologico ed emotivo al tema ha impedito la nascita nel nostro Paese di un serio dibattito scientifico sugli impatti dell’immigrazione e sulle condizioni socioeconomiche degli stranieri. Dibattito che aiuterebbe, in primis a sfatare il luogo comune secondo cui la presenza degli immigrati sia principalmente un costo per lo Stato e riflettere sui benefici portati dal fenomeno sulla crescita e la coesione sociale. I lavoratori immigrati apportano un contributo significativo al PIL, con stime che variano tra l’8,8% e il 9% del totale.

L’impatto demografico degli stranieri ha inoltre forti ricadute positive sul tasso di imprenditorialità e sulla dinamicità dell’economia. Sul fronte previdenziale, la struttura demografica della popolazione immigrata (prevalentemente in età lavorativa) contribuisce a bilanciare l’invecchiamento della popolazione e a sostenere il nostro sistema pensionistico e sanitario.

Aspetti questi, poco discussi nel dibattito pubblico e soprattutto poco cari alle forze politiche di destra che hanno preferito costruire una politica avversa e a volte disumana verso queste persone, alimentando paura nella popolazione italiana, invece di cercare soluzioni capaci di gestire il fenomeno.

Il risultato di queste politiche non ha portato quasi mai ad un aumento della sicurezza, mentre violenza e insicurezza nelle città nascono soprattutto a seguito della crescita delle disuguaglianze sociali ed economiche, a seguito di politiche governative poco attente ai soggetti più deboli.  Così, in tempi di accentuata mancanza di certezze esistenziali e crescente precarizzazione, creare un clima di paura è indubbiamente più semplice che cercare risposte capaci di migliorare la vita degli italiani e dei cittadini.

Il quesito referendario numero cinque prevedeva il dimezzamento da dieci a cinque anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta della cittadinanza italiana, senza cambiare gli altri requisiti indispensabili per ottenerla, come conoscere l’italiano, avere un reddito stabile e non avere commesso reati.

Un quesito che intendeva dare una spinta per il cambiamento di una Legge, quella del 1992 vecchia e iniqua che non riconosce neanche la cittadinanza ai bambini e alle bambine nate da genitori stranieri nel nostro Paese. Il quesito intendeva favorire un accorciamento dell’Iter per gli stranieri extracomunitari, molti dei quali, in assenza di un reddito sufficiente per fare domanda, per le condizioni di segregazione lavorativa e sociale, non avrebbero potuto accedere.

La riduzione dei tempi per l’acquisizione della cittadinanza si sarebbe automaticamente trasmessa, una volta ottenuta, ai figli e alle figlie minori, vale a dire a quell’universo di bambini e bambine che vanno a scuola con i nostri figli o nipoti, ma che non godono degli stessi diritti, in quanto non riconosciuti dal nostro Paese cittadini e cittadine italiane.

Saper guardare il fenomeno migratorio fuori dallo scontro ideologico: il risultato del referendum cittadinanza nel nostro Paese fa riflettere.

Il dato Toscano e Livornese sulla partecipazione al voto è significativo, un segno di democrazia importante, in un’Italia in cui le persone che decidono di esercitare il loro diritto al voto diminuiscono progressivamente. Tuttavia, il quesito referendario che più ha diviso è stato proprio quello sulla cittadinanza degli stranieri, segno che è sempre più urgente costruire una discussione oggettiva sul fenomeno migratorio, fuori dallo scontro ideologico e dalle paure.

Per il PD chi nasce in Italia e chi contribuisce alla crescita economica e coesione sociale del nostro Paese non può che essere italiano.  Il risultato del referendum ci dice che c’è molto da fare ancora per favorire “l’integrazione” e con questa il senso di appartenenza a una comunità e di conseguenza il sentimento di adesione alle sue regole. Accorciare i tempi di accesso alla cittadinanza avrebbe infatti significato accorciare le distanze fra le persone e i loro diritti di base.  Come ha suggerito Don Ciotti durante la campagna referendaria, “è dal godimento dei diritti che nasce la consapevolezza dei doveri, non il contrario!”.

Il risultato del referendum deve spingerci ancora di più a guardare al fenomeno migratorio da un punto di vista più ampio capace di connettere il locale con il globale, di cambiare la scala interpretativa e soprattutto a trovare soluzioni che riguardano parti della società con posizioni diverse, da coinvolgere e ascoltare. “Siamo chiamati a unire e non dividere e la solidarietà rimane l’unica via possibile per dare una forma realistica alla speranza di arginare futuri disastri e di non peggiorare la catastrofe in corso” come ha affermato il sociologo Zygmunt Bauman che su questi temi è intervenuto più volte con profondità e spirito critico.

 

Barbara Bonciani, Delegata Partito Democratico UC Pace, Relazioni Internazionali e migrazioni

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