Scienza-Astronomia: Catturata la prima immagine diretta di un pianeta esterno al Sistema Solare
Scienza – 5 ottobre 2020
Catturata la prima immagine diretta di un pianeta esterno al Sistema Solare
Il pianeta dista dalla Terra 63 anni luce Il pianeta, si chiama Beta Pictoris c, un gigante gassoso la cui massa è circa 8,2 volte quella di Giove. Beta Pictoris c, orbita attorno alla e stella Beta Pictoris, che ha un’età di circa 23 milioni di anni
Il sistema solare di Beta Pictoris ospita due pianeti Beta Pictoris c e Beta Pictoris b, scoperto nel 2008.
I due pianeti sono molto giovani, hanno icirca 18,5 milioni di anni. Beta Pictoris c, è ancora circondato dai detriti polverosi, residuo del processo di formazione del sistema planetario
Il pianeta è stato osservato grazie allo spettrografo Gravity sul Very Large Telescope (Vlt) dell’Osservatorio Europeo Meridionale (Eso), in Cile.
Pochissimi esopianeti possono essere osservati direttamente
Per essere osservati direttamente devono avere dei requisiti indispensabili:
devono essere sufficientemente distanti dalla stella, per non essere nascosti dal suo bagliore;
devono essere giovani, in modo da essere ancora abbastanza caldi da emettere radiazioni termiche.
Beta Pictoris c ha quindi tutte le ‘carte in regola’ per riuscire a essere osservato.
Le immagini hanno permesso di calcolare la massa del pianeta e la sua luminosità dalla quale è stata stimata la sua temperatura, che è di circa 970 gradi
Grazie alla temperatura del pianeta è stato possibile ipotizzare il modo in cui è nato il pianeta.
Beta Pictoris c si sarebbe formato per accrescimento del nucleo, cioè ‘mattoni’ di roccia si sono aggregati fra loro formando il pianeta che quindi ha un nucleo solido ed è più fresco, rispetto ad altri giganti gassosi. I cosiddetti giganti gassosi caldi, invece, si formano attraverso il collasso della polvere e del gas che vortica intorno alla stella appena nata. In questo caso, i pianeti non hanno un nucleo solido e sono molto caldi e luminosi.
Il risultato della ricerca è statopubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics, e si deve al risultato di due ricerche coordinate rispettivamente da:
Anne-Marie Lagrange, dell’Osservatorio francese di Grenoble, e da Mathias Nowak, dell’università britannica di Cambridge.
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