Scuola e Green pass, USB: “La sicurezza non passa da sanzioni e sospensioni”
Dopo un lungo periodo caratterizzato da demagogia, mistificazioni e interventi inesistenti, il governo sembra aver trovato una soluzione brillante per garantire la ripartenza della scuola in sicurezza e la continuità dell’attività didattica in presenza: imporre ai lavoratori della scuola una sorta di “lasciapassare” per poter accedere ai propri luoghi di lavoro.
USB Scuola esprime tutta la propria contrarietà al nuovo decreto sul Green Pass!
Innanzitutto, occorre ricordare come il personale scolastico risulti ad oggi la categoria con la maggiore percentuale di vaccinati. Secondo le stime ministeriali, l’86% (ma il dato, come dichiarato dallo stesso ministro Bianchi in conferenza stampa, potrebbe raggiungere il 90%) dei lavoratori della scuola si è già sottoposto alla somministrazione del vaccino. Dal primo di settembre ripartirà l’attività didattica e si presenteranno quegli stessi problemi che hanno costretto studenti e docenti alla didattica a distanza, perché nulla è stato fatto in questi mesi da questo governo per ripartire veramente in sicurezza: non un centesimo è stato investito per eliminare le classi pollaio, per assumere docenti e personale ATA, per riammodernare edifici fatiscenti e avviare la costruzione di nuove scuole. Le classi continueranno a contenere un numero elevato di studentesse e studenti che, probabilmente non vaccinati, potranno continuare a essere ammassati nelle aule dopo aver percorso chilometri in mezzi pubblici strapieni: per il traporto pubblico locale, infatti, non è richiesto alcun Green Pass!
Riteniamo che la decisione del governo sia l’ennesima forma di denigrazione nei confronti di lavoratori che hanno sin da subito dimostrato un forte senso civico ed etico e una chiara volontà di tornare a esercitare la propria professione in presenza, anche dopo la querelle Astrazeneca che ha di fatto determinato una situazione di scompiglio e incertezza.
Vogliamo dire con chiarezza che siamo contrari al Green Pass (che non è uno strumento sanitario) il cui non possesso porterebbe i docenti e il personale ATA alla perdita dello stipendio per cinque giorni, per poi arrivare alla sospensione dal servizio.
I lavoratori non vaccinati saranno costretti a effettuare a proprie spese un tampone ogni 48 ore per accedere a scuola. Non sono previste misure di gratuità né punti tampone a scuola, ma sarebbe stata una misura troppo ragionevole per un governo che non ritiene necessario fornire uno screening preventivo anche per alunni e studenti.
Chiediamo l’immediata revoca del provvedimento che rappresenta una vera e propria “tessera del lavoratore” con cui si stabilisce chi ha diritto di lavorare e chi no, invitando il governo a garantire la vera ripartenza in sicurezza, possibile solo non ammassando 30 alunni in classi inadeguate e provando finalmente a pensare un piano assunzionale serio che garant p l sicure.
GREEN PASS. LA SICUREZZA A SCUOLA NON PASSA DA SANZIONI E SOSPENSIONI
Dopo un lungo periodo caratterizzato ddemagogiamistificazioni e interventi inesistenti, il governo sembra aver trovato una soluzione brillante per garantire la ripartenza della scuola in sicurezza e la continuità dell’attività didattica in presenza: imporre ai lavoratori della scuola una sorta di “lasciapassare” per poter accedere ai propri luoghi di lavoro.
USB Scuola esprime tutta la propria contrarietà al nuovo decreto sul Green Pass!
Innanzitutto, occorre ricordare come il personale scolastico risulti ad oggi la categoria con la maggiore percentuale di vaccinati. Secondo le stime ministeriali, l’86% (ma il dato, come dichiarato dallo stesso ministro Bianchi in conferenza stampa, potrebbe raggiungere il 90%) dei lavoratori della scuola si è già sottoposto alla somministrazione del vaccino. Dal primo di settembre ripartirà l’attività didattica e si presenteranno quegli stessi problemi che hanno costretto studenti e docenti alla didattica a distanza, perché nulla è stato fatto in questi mesi da questo governo per ripartire veramente in sicurezza: non un centesimo è stato investito per eliminare le classi pollaio, per assumere docenti e personale ATA, per riammodernare edifici fatiscenti e avviare la costruzione di nuove scuole. Le classi continueranno a contenere un numero elevato di studentesse e studenti che, probabilmente non vaccinati, potranno continuare a essere ammassati nelle aule dopo aver percorso chilometri in mezzi pubblici strapieni: per il traporto pubblico locale, infatti, non è richiesto alcun Green Pass!
Riteniamo che la decisione del governo sia l’ennesima forma di denigrazione nei confronti di lavoratori che hanno sin da subito dimostrato un forte senso civico ed etico e una chiara volontà di tornare a esercitare la propria professione in presenza, anche dopo la querelle Astrazeneca che ha di fatto determinato una situazione di scompiglio e incertezza.
Vogliamo dire con chiarezza che siamo contrari al Green Pass (che non è uno strumento sanitario) il cui non possesso porterebbe i docenti e il personale ATA alla perdita dello stipendio per cinque giorni, per poi arrivare alla sospensione dal servizio.
I lavoratori non vaccinati saranno costretti a effettuare a proprie spese un tampone ogni 48 ore per accedere a scuola. Non sono previste misure di gratuità né punti tampone a scuola, ma sarebbe stata una misura troppo ragionevole per un governo che non ritiene necessario fornire uno screening preventivo anche per alunni e studenti.
Chiediamo l’immediata revoca del provvedimento che rappresenta una vera e propria “tessera del lavoratore” con cui si stabilisce chi ha diritto di lavorare e chi no, invitando il governo a garantire la vera ripartenza in sicurezza, possibile solo non ammassando 30 alunni in classi inadeguate e provando finalmente a pensare un piano assunzionale serio che garantisca più lavoratori a tempo indeterminato in condizioni di lavoro sicure
GREEN PASS SUI LUOGHI DI LAVORO. LA POSIZIONE DI USB
Quanto a Confindustria stiano a cuore la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro ci è da sempre molto chiaro. Basta elencare la drammatica statistica degli infortuni e dei morti sul lavoro per capirlo, l’aggressività con la quale ha contrastato il lockdown allo scoppio della pandemia – imponendo al governo l’apertura della maggior parte dei siti produttivi -, la lotta senza quartiere contro l’Inail responsabile di riconoscere il Covid quale causa di infortunio sul lavoro e, infine, la firma del protocollo di aprile attraverso il quale ha ottenuto, con l’avallo dei sindacati complici, che il Covid venisse derubricato da rischio specifico a generico e quindi non rientrasse nei DVR. Abbiamo visto tutti come è andata: 175 mila infortuni di cui 640 mortali.
Ora che si discute di Green pass, per dare impulso alla campagna vaccinale e limitare la circolazione del virus, non senza evidenti criticità di applicazione, Confindustria in maniera del tutto strumentale vorrebbe applicarlo a tutti i luoghi di lavoro nell’intento di prendere 3 piccioni con una fava. Azzerare i costi delle misure di sicurezza, nonostante il vaccino sia solo una gamba della strategia di contrasto al virus; violare le stringenti norme sulla privacy, da sempre considerate di impedimento al feudalesimo imprenditoriale; demansionare, sospendere senza stipendio e licenziare coloro i quali non volessero vaccinarsi.
La vaccinazione è uno strumento di tutela della salute pubblica il cui obbligo non può essere di certo deciso dalla legge di Confindustria!
Non è bastata la macelleria sociale messa in atto il giorno dopo lo sblocco dei licenziamenti con migliaia di persone buttate in strada con un sms, serviva qualcosa di più: una motivazione “etica” al licenziamento, la sicurezza del lavoro (non dei lavoratori!), che coincide manco a dirlo con la sicurezza dei profitti e l’insofferenza verso lacci e lacciuoli (quasi inesistenti, ormai) per liberarsi di lavoratori anziani e costosi da sostituire con giovani senza tutele.
Siamo stati fin troppo facili profeti quando ad aprile ci siamo rifiutati di sottoscrivere – unici nel panorama sindacale – un protocollo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro il cui principio ispiratore è stato sempre ed esclusivamente la garanzia dei profitti delle imprese ad ogni costo, in quella logica da capitalismo straccione secondo la quale sono le imprese che creano posti di lavoro. Oggi, di fronte alla cronaca quotidiana e alle lotte di quanti non vogliono rassegnarsi ai licenziamenti, è evidente a tutti l’ipocrisia e il fallimento di questo modello di produzione e di società.
Unione Sindacale di Base