Sinistra Italiana: “Porto 2000, un portafoglio vuoto”
Livorno 15 giugno 2020 – Sinistra Italiana Federazione di Livorno commenta così la situazione dei lavoratori della porto 2000:
“Uno striscione è appeso sul cornicione della Stazione Marittima a segnare l’ennesima ferita a questa città”.
“I guasti della privatizzazione di Porto 2000 emergono chiaramente e tristemente oggi forti più che mai.
Per questo le proteste dei lavoratori non si fermano e non si fermeranno fino a quando non ci saranno risposte dalle Istituzioni chiamate in causa per il loro silenzio.
Si tratta di un silenzio solo apparente perchè nelle sue sedi più alte, non sta solo a guardare, quindi è doppiamente colpevole.
Il maggior azionista di Porto 2000, quell’Onorato di nome ma non di fatto, sanzionato forse solo a parole per i fallimenti e le inadempienze delle sue società in questa Provincia così come altrove, ma perdonato nei fatti come avvenuto con l’assegnazione recentissima della concessione del lotto 1 nelle nuove aree nel porto di Piombino a Manta Logistics (Moby Ars New Terminal Auto Logistics, partecipata del Gruppo Onorato Armatori), ha avuto mano libera nell’accumulare debiti e ridurre in miseria una società in buona salute ed in espansione.
A pagare con le mancate stabilizzazioni e la precarizzazione di massa sono i lavoratori livornesi di Porto 2000 che hanno visto sfumare il loro futuro travolto dalle incertezze, trascinato alla mercé di un braccio di ferro fra armatori per la spartizione del potere nel Porto di Livorno.
Non è solo colpa del Covid19, la crisi di Porto 2000 è iniziata molti mesi fa con il cortocircuito di competenze mai risolto da AdSP Alto Tirreno per il conflitto con Grimaldi sui servizi passeggeri e le concessioni rilasciate, quindi a fine pandemia non ci sarà il sospirato ritorno alla normalità.
La contrazione enorme del traffico passeggeri è solo un’ulteriore mannaia che si abbatte sulla città e sulla crisi occupazionale che ha bisogno non solo di più amortizzatori, ma di certezze, di progettualità per camminare con le proprie gambe senza sopravvivere di briciole e sperare di contribuire a salvare non solo posti di lavoro, ma credibilità in un settore che vede spostare pericolosamente così il suo baricentro di appetibilità altrove.
La scusa dell’immobilità da pandemia non è più accettabile.
Serve una reazione forte e non un solo sussulto di dignità”.