Il sindacato Fabi Livorno interviene su “banche chiuse e ingressi limitati”
Livorno 5 aprile 2020 – Il segretario coordinatore della Federazione Autonoma Bancari Italiana – A.a.b. di Livorno Marina Baule inteviene in merito all’articolo “Filiali chiuse e ingressi limitati: code e disagi fuori dalle banche”:
“ho letto il vostro articolo del 31 marzo dal titolo : Filiali chiuse e ingressi limitati: code e disagi fuori dalle banche e vorrei porre alla sua attenzione alcune considerazioni in merito.
Sono il Segretario Coordinatore della struttura provinciale di Livorno della F.A.B.I. (Federazione Autonoma Bancari Italiana) che in Italia è il sindacato più rappresentativo del settore bancario.
La situazione che nostro malgrado stiamo vivendo è a dir poco surreale
Siamo in quarantena forzata e ci viene chiesto di rinunciare ad alcuni dei nostri diritti per il bene della collettività, al fine di arginare questa epidemia.
Tanto che l’hashtag #iorestoacasa è diventato un mantra universale.
Ma ci sono alcune categorie che non possono fermarsi e noi bancari siamo fra queste.
Per tutti coloro che devono lavorare, affinché il mondo non si fermi del tutto, l’hashtag è #iononpossorestareacasa.
Noi bancari, insieme a molti altri settori, siamo fra quelli che devono continuare a lavorare, la nostra categoria è definita dalla legge come servizio pubblico essenziale, il nostro lavoro serve a far andare avanti il tessuto economico della nostra società, tanto che la richiesta di chiusura totale per 15 gg degli sportelli avanzata dalle organizzazioni sindacali, non ha avuto esito positivo.
Lo sforzo del sindacato è teso a trovare soluzioni che possano garantire i servizi bancari indispensabili alla clientela, nel rispetto delle indicazioni date quotidianamente dalla Protezione Civile e dall’I.S.S., nonché delle norme di sicurezza e di legge al fine di salvaguardare e tutelare al massimo la salute dei clienti e dei lavoratori, per il bene di tutti.
La chiusura di alcuni piccoli sportelli si è resa necessaria per permettere di poter lavorare nelle filiali e negli uffici aperti con turnazioni, per garantire il massimo rispetto delle distanze di sicurezza fa i colleghi stessi.
L’accesso agli sportelli con appuntamento, per le operazioni bancarie che non possono essere effettuate on line, tramite bancomat e telefonicamente, è stato rintrodotto al fine di evitare assembramenti sia dentro che fuori dalle filiali.
Le aziende bancarie, dietro alle pressioni e alle richieste delle organizzazioni sindacali, hanno emanato tali disposizioni per far sì che vengano rispettante le norme di prevenzione del contagio fra i propri dipendenti, con chiusure di filiali e turnazioni del personale in modo da ridurre la densità di presenze negli uffici stessi e per cercare di contenere e ridurre al massimo i contatti con il pubblico.
Nonostante ciò ancora oggi siamo costretti a denunciare che per molti lavoratori bancari sono ancora carenti le più elementari dotazioni di sicurezza e purtroppo, in giro per l’Italia ci sono vittime anche fra i nostri colleghi.
Mercoledì 1 aprile era il giorno di pagamento delle pensioni e, perlomeno sul nostro territorio che è anche il punto di osservazione del suo quotidiano online, se le operazioni agli sportelli bancari si sono svolte in maniera abbastanza regolare e tranquilla, è anche grazie alle regole previste nelle banche.
Allora mi domando che senso abbiano le argomentazioni del suo articolo:
i “contorti meccanismi”, come il vostro articolo li definisce, sono legati a mettere in sicurezza impiegati e clienti, non certo “a limitare in modo discrezionale o ritardare” l’accesso ai servizi bancari.
Sicuramente di questi tempi è meglio recarsi in banca con appuntamento e senza dover fare la file, come invece purtroppo si deve fare al supermercato o in farmacia, tenendo conto che la maggior parte delle operazioni possono agevolmente svolgersi con il bancomat o con i conti on line.
Le voglio inoltre far notare che i dipendenti delle banche, ovvero i bancari, non decidono da soli tali comportamenti ma devono seguire le indicazioni che danno loro le aziende.
In questo periodo i mezzi di informazione hanno un ruolo primario nella gestione di questa emergenza.
Trovo pertanto inopportuno in questo momento che gli stessi, nell’esercizio del loro legittimo ruolo, usino argomentazioni che, anziché smorzare i toni, potrebbero fomentare la rabbia sociale, innescando una guerra tra poveri in un momento che invece richiede ad ognuno di noi di avere atteggiamenti di responsabilità e di reciproca comprensione, così come auspicato e ribadito dal nostro Presidente della Repubblica e non solo.
Perché purtroppo ancora non sappiamo per quanto tempo dovremo attuare queste misure di contenimento e in ogni caso, anche quando saranno allentate dovremo ancor di più essere responsabili e costruttivi per ricostruire tutti insieme una società migliore e che si faccia carico in primis dei più deboli.
In questa situazione che viviamo per la prima volta in assoluto, i rapporti fra persone cambiano e sono altamente influenzati dall’invisibile nemico.
Capita così che certe dinamiche che normalmente riusciamo a controllare, vengano innescate dalla paura che ognuno di noi ha dentro di sé e dalla difficoltà di gestire il lavoro in queste situazioni di emergenza.
Perché è normale che dentro di noi proviamo paura per quello che ci potrebbe succedere o che potrebbe succedere ai nostri cari.
Il rischio è quello di farsi lasciarsi contagiare da un altro virus: quello della rabbia.
Dobbiamo assolutamente evitare che il Coronavirus ci imbruttisca e che, oltre a dividerci fisicamente, ci allontani dall’essere comunità, dall’essere umani”.