Libertas, I Pardini tirano un bilancio della stagione
La società ripartirà sul modello “Don Bosco”: squadra giovanissima (1999/2000) e inserimento di giovani stranieri da far crescere. L’amarezza contro una parte della tifoseria che “diceva ai giocatori: perdete così poi lo cacciano”.
Una lunga chiacchierata e un amaro bilancio di una stagione nella quale è andato tutto storto. Gabriele e Giovanni Pardini fanno il punto e si tolgono la soddisfazione di dire ad alta voce tante cose rimaste tra le mura della palestra del centro Coni di Tirrenia. L’incontro è a pochi metri da dove era stata tenuta la prima conferenza stampa, che aveva ben altri toni e speranze.
Sarebbe facile puntare il dito su Gabriele e Giovanni, forse talvolta troppo orgogliosi nel tenere le loro posizioni, ma sempre disponibili e mai spocchiosi.
Per capire cosa è accaduto in questi mesi dobbiamo ritornare indietro di un anno circa. La Libertas di C Gold, squadra non costruita per una promozione e con giocatori da mezza classifica trova una congiunzione unica e si trova una insperata card di accesso alla B. Sono i giorni della grande emozione, del palaMacchia di nuovo pieno: la società accetta di fare un passo per il quale non era preparata. Come spiegano i Pardini, mancavano due elementi fondamentali: l’esperienza nel gestire una situazione del genere e la copertura finanziaria adeguata. Questi due elementi di rischio vengono accettati: “In qualche modo si farà e poi molti finanziatori ci hanno promesso un aiuto”.
Le promesse del marketing e di un forte sostegno da molti sponsor vengono meno quasi da subito e i Pardini si trovano a dover organizzare un campionato nazionale con una dotazione economica limitatissima. Preferiscono non dire quanto hanno speso, ma dicono due cifre: “Lo stipendio minimo di un giocatore di serie B è intorno ai 3000 euro, cifra cui aggiungere la somma di parametro, l’appartamento e altri benefit. Uno di esperienza che ci sarebbe stato molto utile chiedeva addirittura 6000 euro il mese”.
In un contesto di risorse insufficienti inizia la ricerca di giocatori a buon mercato e vengono organizzate le prime amichevoli. Sono partite esplorative, nelle quali il roster della Libertas – tra giocatori preesistenti e mancati inserimenti – rimedia parziali di venti-trenta punti di svantaggio. Alcuni giocatori temono per la loro carriera e si sfilano. Altre trattative vanno per le lunghe, altri giocatori sono disponibili ma ci sono intoppi burocratici.
La Libertas si trova quindi fin dalla prima giornata a giocare in un campionato per il quale non è all’altezza: la difesa viene regolamente infranta e il punto di forza dello stile di allenamento di Pardini iunior diventa il punto debole. L’allenatore parla poco, non entra mai negli spogliatoi a fine partita e fa il punto solamente nell’allenamento del martedì.
Il resto è una storia, raccontata settimana dopo settimana, dove i risultati non arrivano, i giocatori si demotivano e la tifoseria si allontana dalla società, talvolta contestandola. Tutte dinamiche comuni alle squadre che non vincono per molto tempo, del resto.
Tra gli episodi che racconta Gabriele Pardini (inutilmente frenato dal padre), c’è quello della tifoseria: “Abbiamo ereditato la Libertas nel 2009. Ce ne era poca o nessuna. Vincendo un po’ di partite al PalaCecconi se ne è iniziata a creare una, ma non si è allargata. Quelle stesse persone, quando sono iniziate le sconfitte di Pistolesi, non si sono più viste. A Fucecchio erano tre persone. Si è tifosi della maglia, della società, non delle vittorie“. Gabriele prosegue e insiste perché sia reso noto un episodio: “Molti cosiddetti tifosi hanno goduto delle sconfitte dopo che Dell’Agnello ha lasciato la società e c’è pure di peggio. In time-out mi si avvicina un giocatore (Pardini ne fa il nome) che mi dice: “Coach, possiamo giocare dalla parte opposta dei tifosi? Mi hanno chiesto di giocare male e sbagliare, così poi ti mandano via“. E non è stato l’unico episodio: capitava anche quando andavano a bere qualcosa fuori. Questi non si possono definire tifosi e se non vengono alle partite tanto meglio“.
Questo è il passato, o almeno un presente destinato a durare ancora due settimane. Il ripescaggio non sarà richiesto e finito il campionato quasi tutti i giocatori senior lasceranno la squadra, incluso i giovani Vukoja e Varotta. Pardini ha avuto parole di elogio per Chiacig, con il quale non esclude una ulteriore collaborazione.
Dalla prossima stagione si cambierà radicalmente con un doppio passo indietro. “Crediamo che per il futuro il modello migliore da perseguire sia quello del Don Bosco: valorizza e investe sui giovani. La squadra 2018/19 avrà Armillei come capitano e poi Pantosti, Brunelli, Mangoni, Ferretti e Bernardini; vi orbiteranno anche i 2001 e pensiamo di inserire alcuni giocatori stranieri (slavi) da far crescere in società”.
La Libertas si iscriverà ai campionati Under 13, Under 14, Under 15, Under 18, Under 20, Eccellenza e ovviamente C Gold.
Tra i progetti c’è quello di aprire una foresteria dove ospitare i ragazzi dal 99 al 2004. Faremo una C Gold con giovani pieni di entusiasmo, non con giocatori che lo fanno solo per lo stipendio”.