Rosignano: sversarono 5000 tonnellate di liquami, la Procura conclude le indagini
Rosignano: sversarono 5000 tonnellate di liquami, la Procura conclude le indagini la Procura della Repubblica presso il Tribunale Firenze, Direzione Distrettuale Antimafia comunica la conclusione delle indagini
“Quest’ufficio, con il contributo della Procura della Repubblica di Livorno, ha concluso le indagini nei confronti di sei dirigenti di una società che gestisce una discarica sita in Rosignano Marittimo, e di un’appartenente all’amministrazione comunale, predisponendo il relativo avviso di conclusione delle indagini preliminari, con il quale vengono ipotizzate diverse e distinte condotte abusive nella gestione di ingenti quantità di rifiuti speciali liquidi costituiti da percolato di discarica, perpetrate a partire dal 2017. Sono stati, in particolare, contestati in concorso i reati di cui agli articoli 452 quaterdecies (“Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”) con l’aggravante ambientale di cui all’art. 452 novies seconda parte, 426 (“Inondazione, frana o valanga”) c.p., 256 comma 3, del Testo Unico 152/2006 (“Gestione di rifiuti senza autorizzazione”), mentre la persona giuridica soggetto imprenditoriale è chiamata a rispondere di illeciti amministrativi previsti in materia di responsabilità degli enti. Le investigazioni sono state svolte con l’ausilio della Compagnia Guardia di Finanza di Cecina e dalla dipendente Tenenza di Castiglioncello e hanno tratto origine nel 2020 dall’accertamento sull’utilizzo di alcune autobotti per la movimentazione illecita di fango di percolato all’interno della discarica gestita dalla suddetta società, che risultava venire riversato nel corpo della discarica una volta raccolto dai sistemi di captazione. L’attività di analisi della documentazione complessivamente acquisita dal 2020 e le informazioni reperite dalle ispezioni ambientali e dalle escussioni in atti di persone informate sui fatti interne ed esterne alla società hanno consentito di ricostruire il ruolo di vari soggetti facenti parte dell’area dirigenziale dell’impresa nell’integrazione di distinte ipotesi di reato connesse a condotte abusive di gestione di ingenti quantità di rifiuti speciali liquidi, costituiti prevalentemente da percolato di discarica. Le condotte attribuite agli indagati riguardano: — la perdurante violazione delle prescrizioni dell’atto autorizzativo per stoccaggio occulto dovuto al mancato drenaggio e regolare smaltimento del percolato, causativo di frana per instabilità del versante di coltivazione dei rifiuti, con conseguente sversamento di percolato quantificabile in almeno 150.000 tonnellate; — il reiterato smaltimento abusivo di ingente quantità di percolato (oltre 1.000 tonnellate) e di rifiuti liquidi contaminati (oltre 3.000 tonnellate) in zone con immissione diretta corso d’acqua Rio Ripaiolo; — lo smaltimento abusivo di ingente quantità di rifiuti pericolosi (oltre 2.000 tonnellate) derivanti dalla pulizia di serbatoi per stoccaggio del percolato e rifiuti non pericolosi (oltre 5.000 tonnellate) nella consistenza di fanghi di sedimentazione dei citati serbatori; — l’accettazione e smaltimento in discarica di rifiuti non conformi all’atto autorizzativo, stimati annualmente per oltre 11.000 tonnellate. Le condotte criminose di cui sopra, sono state addebitate, come s’è detto, a un componente dell’amministrazione comunale di Rosignano Marittimo, il quale, al tempo socio unico della società con poteri di nomina degli amministratori e di determinazione delle politiche finanziarie, imponeva il massimo risparmio alla società di gestione in favore del bilancio del Comune, pretendendo un canone di concessione annuo dalla società in favore dell’Ente per oltre il 30% dei ricavi lordi, per importi annui anche superiori ai 10 milioni di euro. Proprio a causa di questo imponente drenaggio di risorse, veniva limitata la disponibilità liquida della società al netto dei costi ordinari di esercizio necessaria anche a far fronte ai problemi strutturali del sistema di prelievo e pompaggio del percolato e alla realizzazione di un nuovo impianto di trattamento dello stesso. Le condotte abusive risultavano tutte funzionali a conseguire un ingiusto profitto, ricostruito dai militari della Guardia di Finanza in oltre 6 milioni di euro, per far risparmiare alla società di gestione della discarica i costi di corretto smaltimento presso impianti terzi. Le dolose condotte omissive, inerenti al mancato drenaggio e regolare smaltimento del percolato, hanno determinato l’instabilità del versante di coltivazione dei rifiuti, che si trovava a galleggiare su un enorme quantitativo di percolato (una colonna sottostante stimata in circa dodici metri dal piano campagna). A causa di ciò, all’inizio del 2020 si verificava un movimento degli argini di contenimento dei rifiuti nel lato est della discarica, conosciuto e monitorato prima che vi fosse parzialmente e grossolanamente posto rimedio con la realizzazione di una “palancolata” abusiva, lunga circa 70 metri, spinta alla profondità di 12 metri per contenere il movimento della massa dei rifiuti, senza ottenere i risultati sperati. Dagli accertamenti tecnici svolti, nel corso del 2020 e del 2021, risultavano infatti essersi verificati ulteriori movimenti deformativi dell’argine e scostamenti dell’ammasso dei rifiuti, a causa della spinta del versante sovrastante non solo per la presenza del percolato in quantitativi straordinariamente oltre misura ma anche per la prosecuzione della coltivazione della discarica con appesantimento dell’ammasso dei rifiuti. Viene contestato nelle imputazioni che gli indagati, consapevoli della natura altamente inquinante del percolato di discarica ne effettuavano in parte lo smaltimento abusivo, mediante immissione diretta in corsi d’acqua superficiali, accettando pienamente il rischio che tali rifiuti venissero dispersi nell’ambiente, e così abusivamente cagionando una compromissione o un deterioramento significativo e misurabile delle matrici ambientali circostanti l’area di coltivazione della discarica, ed in particolare il Botro Ripaiolo, i cui sedimenti risultavano contaminati, e le acque di falda sotterranee, che presentavano una concentrazione di contaminanti sopra i limiti consentiti dalla legge. La responsabilità degli indagati e del soggetto imprenditoriale dovrà essere oggetto di accertamento nel prosieguo del procedimento”.