Gara bacini di carenaggio, il punto sulla situazione
Sulla procedura pesa una richiesta di esclusione, ma ci sono stati degli atti di sanatoria a fine dicembre che potrebbero incidervi
Livorno, 02 febbraio 2020 – A che punto è la gara dei bacini di carenaggio di Livorno? E’ una domanda che si stanno facendo in molti, in un silenzio dell’Autorità di Sistema che ormai è quasi assordante.
Proviamo a fare un aggiornamento della situazione, partendo dai fatti e dai documenti pubblici.
Il 14 novembre 2019 uno dei due concorrenti alla gara, Jobson Italia, ha presentato una richiesta di esclusione nei confronti dell’altro concorrente di gara, Azimut Benetti. Quest’ultima società, come ben noto, ha i capannoni adiacenti al comparto dei bacini e ne presidia l’area a titolo “di occupazione provvisoria” ininterrottamente da oltre 9 anni. Azimut Benetti dal 2003 al 2009 ha avuto anche in concessione ufficiale l’area, subentrando dalla vecchia gestione del Cantiere Orlando. L’esercizio provvisorio del bacino galleggiante “Mediterraneo” è invece condotto da Azimut Benetti da ottobre 2010 (quindi 9 anni), in virtù di una scrittura privata la cui durata sarebbe dovuta essere “orientativamente stabilita in 45/60 giorni decorrenti dalla data dell’11 ottobre 2010”. L’ammontare del corrispettivo forfettario mensile per la sua gestione è di 4231,10 euro più Iva al mese. Per accedere al comparto dei bacini si passa da un solo varco, ed è quello gestito da Azimut Benetti alla fine di via Edda Fagni.
Nel periodo 2003-2019 sono successe molte cose all’interno del compendio dei bacini di carenaggio, alcune delle quali hanno portato a controversie ufficiali tra l’Autorità Portuale (oggi Autorità di Sistema) e Azimut Benetti. A titolo esemplificativo citiamo il provvedimento n. 42/2012 col quale l’Autorità stabiliva “di compiere gli atti occorrenti per l’addebito alla soc. Azimut Benetti dei danni arrecati al Bacino Grande in muratura in riferimento alla mancata esecuzione degli oneri manutentori in capo alla Società nel periodo di assentimento in concessione della struttura” [2003-2009] e l‘ordinanza n.5/2019 nella quale si intimava “lo sgombero [..] delle aree demaniali marittime occupate presso la banchina 76 del comparto bacini, con remissione in pristino stato mediante la demolizione di quanto abusivamente realizzato“.
I rapporti tra l’Autorità di Sistema e Azimut Benetti non sono però così cattivi come si potrebbe immaginare dalla lettera di queste due circostanze, Anzi. L’amministrazione di Scali Rosciano ha infatti ammesso alla gara per la concessione dei bacini di carenaggio Azimut Benetti e a gara aperta (11 maggio 2016) ha anche firmato con questa società una scrittura transattiva sul credito risarcitorio per i danni al bacino in cambio di un appezzamento di terreno già predisposto al vincolo di esproprio. I termini per la partecipazione alla gara bacini erano infatti scaduti il 30 giugno 2015.
Nonostante l’ordinanza di sgombero e demolizione n. 5/2019 sia sopravvissuta alle sentenze di due ricorsi al Tar vinti da Azimut Benetti contro la medesima, il diniego di rinnovo dell’occupazione temporanea dell’Avamporto e il provvedimento n.91/2019, l’Autorità di Sistema ha emesso un provvedimento retroattivo – a gara ancora aperta – per sanare la posizione di Azimut Benetti, firmato il 20 dicembre 2019. Il provvedimento n.95/2019, a firma del Segretario Generale Massimo Provinciali, con visto del Dirigente Demanio, pubblicato sulla bacheca dell’ente il 27 dicembre, prevede infatti la “Autorizzazione in sanatoria per la occupazione con gli impianti ed i manufatti oggetto della Ordinanza di Sgombero n.5/2019″ e un “atto di concessione per la regolarizzazione dell’occupazione delle aree della banchina n. 76 per il periodo 1° gennaio 2019 – 31 gennaio 2020. Un atto che va in direzione nettamente contraria a quelli sanzionatori firmati dal presidente Stefano Corsini a febbraio 2019.
Questa digressione sui documenti pubblici ci serviva per fare un ragionamento su molti malumori che circolano nell’ambiente, tra addetti ai lavori e “attenti” osservatori.
La richiesta di esclusione di Jobson nei confronti di Azimut Benetti – che evidentemente non può non contenere le circostanze assolutamente pubbliche e notorie di cui sopra (danno ai bacini tra il 2003 e il 2009, sgombero e opere abusive nel 2019 e scrittura transattiva a gara aperta) è stata presentata il 14 novembre 2019, ma l’Autorità di sistema non l’ha presa subito in considerazione e ha deciso di tirare prima la somma dei punteggi della gara il 19 dicembre, dai quali è emerso che Azimut Benetti ha preso più punti della concorrente.
E questa richiesta di esclusione, depositata prima della seduta pubblica sui punteggi gara, che fine ha fatto? Non si sa. Ad oggi – trascorsi tre mesi – non è stata esaminata o almeno non è arrivata alcuna risposta, anche se a rigor di logica – essendo una richiesta di esclusione un elemento pregiudiziale sulla titolarità a partecipare – la si dovrebbe aver esaminata prima di far uscire i punteggi che hanno visto premiata Azimut Benetti.
C’è poi la questione dei provvedimenti natalizi emessi dall’Autorità di Sistema tra il 20 e il 27 dicembre. Si tratta del n. 94 (rilascio sanatoria occupazione e regolarizzazione avamporto) e il già citato n. 95 (rilascio sanatoria occupazione con impianti e regolarizzazione occupazione banchina 76″. Formalmente si tratta di atti che sono la conseguenza dell’accoglimento di sentenze Tar favorevoli ad Azimut [soprattutto per difetto di motivazione da parte dell’AdSP] e dovuti per recuperare il canone demaniale. Tutto regolare? La risposta a questo purtroppo non può essere rigorosa come la precedente esposizione di atti pubblici, ma sconfina nelle opinioni di chi segue con attenzione questa drammatica partita.
Se questi atti erano doverosi – si legge sui vari social e si dice nell’ambiente portuale – non si capisce il perché di tanta solerzia nell’approvarli la vigilia di Natale, trattandosi di una sanatoria attivabile anche ad anno nuovo. Tali atti sono stati datati il giorno dopo la comunicazione dei punteggi di gara, immediatamente dopo il rilascio della relazione istruttoria della direzione Demanio e firmati digitalmente il 24 dicembre. Non si capisce neppure – proseguono le voci – perché si sia voluto usare la forma della regolarizzazione e della sanatoria quando sarebbe bastato chiedere le somme a titolo di “indennità di avvenuta occupazione”, un po’ come fa Casalp quando si fa pagare il canone da chi occupa senza averne titolo le case popolari. L’Autorità di Sistema – ma qui si sconfina nella discrezionalità dell’Ente – non solo non ha fatto ricorso contro le sentenze sfavorevoli che le criticavano una non adeguata motivazione degli atti contro Azimut Benetti, ma neppure ne ha emessi di nuovi nei suoi confronti, motivandoli meglio; anzi ha fatto piena retromarcia con sanatorie, quasi a volersi scusare per il disturbo.
Tutte chiacchiere di porto? Forse sì, ma rimane il fatto che questi provvedimenti retroattivi vanno – incidentalmente, va detto – a indebolire la domanda di esclusione presentata da Jobson e – non agendo più contro – a favorire (incidentalmente e sicuramente per caso) la posizione di Azimut Benetti.
C’è poi il convitato di pietra di tutta questa complicata questione, su cui l’Autorità di Sistema non si è mai espressa. Parliamo della sparizione di tutto l’impianto elettrico del grande e meraviglioso bacino in muratura. Si tratta di milioni di euro di attrezzature (in gran parte rame), presenti nelle relazioni ufficiali del 2010 e del 2018 che però mancano all’appello. La notizia (praticamente di reato) è uscita sul Messaggero Marittimo, è stata ripresa da molte testate giornalistiche e stata oggetto di una interrogazione parlamentare ma non sembra aver suscitato alcuna reazione all’interno dell’Autorità di Sistema, ma neppure – a quanto si sa – nella Capitaneria di Porto o nell’Agenzia del Demanio, proprietaria della struttura. La questione non è secondaria: in primis perché la sparizione dei quadri elettrici è oggetto di rimpallo tra Azimut Benetti custode dell’area che accusa in un documento depositato al Tar il 4 settembre 2019 proprio l’Autorità di Sistema, sia perché il bacino in muratura è stato mutilato per non dire sabotato dato che non solo mancano i quadri elettrici, ma i cavi in rame rimasti sono stati tagliati al pari, mentre gran parte dei locali tecnici sotterranei risultano allagati dall’acqua. Il silenzio, come è possibile vedere, è completamente assordante.